Omelia nella S. Messa all'altare della tomba di san Pietro in occasione della Visita ad limina (Roma, 18 aprile 2013)
18-04-2013
 

S. Messa all’altare della tomba di san Pietro

in occasione della Visita ad limina  (Roma, 18 aprile 2013)

Omelia del presidente della Conferenza Episcopale Triveneto

mons. Francesco Moraglia

 

 

Carissimi confratelli e fedeli,

la Chiesa è, nella sua essenza più intima, mistero di comunione. L’apostolo Pietro e i suoi successori – per volere stesso del Signore – ne sono i garanti ultimi: ecco perché siamo a celebrare presso questa tomba.

 

E, proprio attraverso l’intercessione dell’apostolo Pietro, chiediamo la grazia di vivere il dono della comunione con la Chiesa di Roma e fra le nostre Chiese. Porre al centro di tutto la communio ci apre alla cattolicità come universalità declinata nella particolarità; universalità e particolarità sono la vita della chiesa.

 

In ogni celebrazione eucaristica si menziona sempre il vescovo di Roma, colui che presiede alla carità universale, e poi il nome del vescovo della Chiesa particolare e, così, quella eucaristica – cuore della vita ecclesiale – è preghiera di comunione, la esprime, la genera e, insieme, dice la mutua immanenza fra la Chiesa universale e le Chiese particolari. La Chiesa cattolica non è la somma delle Chiese particolari, né una federazione di singole Chiese; essa è qualcosa di più e, soprattutto, qualcosa di diverso.

La Lettera Communionis Notio – del 28 maggio 1992 – insegna che la Chiesa cattolica precede le Chiese particolari, le ‘partorisce’ come figlie e si esprime in esse; è la loro madre e mai il loro frutto.

 

L’ecclesiologia del Vaticano II ci aiuta a comprendere e vivere la communio ecclesiale. E’ proprio da Pietro, il pescatore di Betsaida, che si origina la paternità episcopale-universale – prerogativa del vescovo di Roma – che si estende alle Chiese particolari, rese pienamente tali proprio dalla comunione con l’apostolo a cui il Signore ha dato le chiavi del Regno.   

 

Chiesa universale e Chiesa particolare, quale legame?

Già l’apostolo Paolo insegnava che la Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica, è presente nelle Chiese particolari; infatti, nelle due lettere ai Corinzi, leggiamo: ‘‘alla Chiesa di Dio che è a Corinto’‘ (1Cor 1,2 e 2Cor 1,1). Così, Paolo testimonia l’inizio di una tradizione attestata, in seguito, da Ignazio – martire nel 107 d.C. – e poi da Origene e, in seguito, dagli Atti del martirio di Policarpo.

La Chiesa universale, nel legame con le Chiese particolari, non è – come detto – il frutto della loro somma e, neppure, una sorta di federazione di Chiese particolari.

Piuttosto, è attraverso le Chiese particolari che si rende presente la Chiesa cattolica; è infatti nelle Chiese particolari, e a partire da esse, che s’incontra la Chiesa universale, la Chiesa nelle Chiese e dalle Chiese: Ecclesia in et ex Ecclesiis. Ma soltanto nella Chiesa universale, e da essa, si originano le Chiese particolari, le Chiese nella e dalla Chiesa: Ecclesiae in et ex Ecclesia.

La Chiesa cattolica/universale si esprime, così, nelle Chiese particolari; è, per loro, madre e non deriva da queste. Ogni celebrazione eucaristica esprime la comunione ecclesiale di cui il papa e il vescovo, nella successione apostolica, sono – ciascuno per la sua parte – i garanti. 

La parola communio esprime bene il senso complessivo dell’ecclesiologia del Concilio Vaticano II ed è, appunto, tema ricorrente nel magistero post-conciliare.

 

Eucaristia/Vescovo, ministero ordinato e sacerdozio comune

La visita ad limina sia così per le nostre Chiese occasione di crescita nella comunione, muovendo da quella che ne è la relazione fondante, ossia l’amore; quell’amore che il Cristo risorto ha ripetutamente – per tre volte – domandato all’apostolo Pietro e che sacramentalmente, attraverso il ministero ordinato, in modo reale si traduce nell’eucaristia e, in ultima istanza, nella comunione col vescovo di Roma.

Nel gesto sacramentale dell’ultima cena Gesù ha consegnato se stesso alla Chiesa una volta per sempre e ha trasmesso ai Dodici il potere di farlo in sua memoria.  Sul piano fondante del mistero  è l’eucaristia che origina la Chiesa e i Dodici conferiranno – tramite l’imposizione delle mani – ai loro successori questo potere ricevuto da Cristo.

Da allora il vescovo di Roma, i vescovi delle Chiese                                                                  particolari e i presbiteri che li rappresentano attualizzeranno                                                                                                      dovunque l’unica messa iniziale: ‘‘è dunque il Vescovo locale, successore degli Apostoli, che rende attuale – personalmente o tramite i sacerdoti del secondo ordine, che sono un’estensione del suo sacerdozio – la comunione di tutti tra loro e con l’unico Capo del proprio corpo‘ (‘Communionis Notio’. Lettere e commenti, Libreria Editrice Vaticana, pagg. 68-69).

Qui è espressa la realtà della comunione cattolica che fluisce dal papa al vescovo, al sacerdozio di secondo grado, all’ordine dei diaconi, al sacerdozio comune dei fedeli; questa è la Chiesa di Cristo, o comunione cattolica, di cui Pietro è il garante ultimo. Piena eucaristia si celebra ove si dà la Chiesa che, in quanto comunione, non può prescindere dalla successione apostolica. Questa tomba ci ricorda tutto questo.

La visita ad limina, ben prima degli aspetti giuridici e amministrativi, è così chiamata a rendere vera la vita di fede e d’amore delle nostre Chiese con la Chiesa di Roma che presiede alla carità universale; ogni altra prospettiva giuridica e amministrativa ne consegue.

Chiediamo, tramite l’intercessione dell’apostolo Pietro che da Gesù fu posto come fondamento della sua Chiesa, di essere – in quanto vescovi – servitori umili e coraggiosi di questa comunione ecclesiale. Impegniamoci a trasmettere questa mutua immanenza fra Chiesa universale e Chiesa particolare alle nostre comunità e, in modo tutto speciale, ai nostri presbiteri e nella formazione dei nostri seminaristi.

L’augurio, in quest’Anno della Fede, è di poter testimoniare personalmente e nelle nostre comunità una fede purificata nell’amore.