Omelia nella S. Messa al sacello di Monte Grappa (Cima Grappa, 3 agosto 2014)
03-08-2014
S. Messa al sacello di Monte Grappa
(Cima Grappa, 3 agosto 2014)
Omelia del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia
        
Cari fratelli e sorelle, gentili Autorità,
         numerose sono le motivazioni e le ricorrenze storiche che spiegano il nostro trovarci qui, oggi, a Cima Grappa per celebrare l’Eucaristia, ossia l’azione divina e umana che accompagna e sostiene la vita della Chiesa.
         Ci unisce soprattutto il grato ricordo della figura di Giuseppe Melchiorre Sarto / S. Pio X, che fu per un decennio – tra il 1893 e il 1903 – Patriarca di Venezia e per i successivi undici anni, all’inizio del secolo scorso, Sommo Pontefice della Chiesa universale.
         Tra il 3 e il 4 agosto 1901 l’allora Patriarca Sarto percorreva questi pendii, sul dorso di una mula bianca certamente in condizioni più disagevoli delle attuali; da queste parti riposò una notte, poco oltre metà del cammino, in una semplice “casera” di montanari prima di presiedere in Cima una solenne celebrazione, partecipata da una grande folla, per la benedizione dell’immagine della Vergine Maria.
         Inoltre, proprio quest’anno, ricorre sia il centenario della sua morte – avvenuta il 20 agosto 1914 – sia il centenario dell’avvio della terribile “Grande Guerra” che vide anche su questi fronti una diffusa catena di battaglie, violenze e morti di cui questi luoghi furono testimoni.
         Durante la preghiera dell’Angelus di domenica scorsa, 27 luglio, in Piazza San Pietro, papa Francesco ha ricordato il grande conflitto che fu per San Pio X la sofferenza che l’accompagnò negli ultimi mesi di vita; ecco le parole di papa Francesco:
… domani ricorre il centesimo anniversario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, che causò milioni di vittime e immense distruzioni. Tale conflitto, che Papa Benedetto XV definì una “inutile strage”, sfociò, dopo quattro lunghi anni, in una pace risultata più fragile. Domani sarà una giornata di lutto nel ricordo di questo dramma. Mentre ricordiamo questo tragico evento, auspico che non si ripetano gli sbagli del passato, ma si tengano presenti le lezioni della storia, facendo sempre prevalere le ragioni della pace mediante un dialogo paziente e coraggioso. In particolare, oggi il mio pensiero va a tre aree di crisi: quella mediorientale, quella irakena e quella ucraina. Vi chiedo di continuare a unirvi alla mia preghiera perché il Signore conceda alle popolazioni e alle Autorità di quelle zone la saggezza e la forza necessarie per portare avanti con determinazione il cammino della pace… ” (Angelus 27 luglio 2014).
Papa Pio X, come è noto, da tempo presagiva tristemente l’arrivo di un evento così nefasto, distruttivo e luttuoso. “Vedo una grande guerra…”, “Purtroppo sarà un guerrone!”, “Le cose vanno male… Viene il Guerrone!”, “Tutto questo è un nulla a confronto del Guerrone che verrà”, erano le sue frasi ultimamente sempre più insistenti e che, di conseguenza, meravigliano e angosciavano i suoi interlocutori, a cominciare dal suo Segretario di Stato e come successe, per citare un esempio, il 30 maggio 1913 quando, ricevendo in udienza di congedo il Ministro del Brasile presso la Santa Sede, il Papa gli rivolse alcune parole decisamente profetiche: “Lei fortunato, Signor Ministro, che può ritornare in Brasile, perché così non vedrà gli orrori della guerra che sta per scatenarsi” (cfr. P. Girolamo Dal-Gal (o.m.c.), Pio X il papa santo, Ed. Libreria Editrice Fiorentina, 1940).
         Capacità di autentica profezia, coraggio e libertà, anche e soprattutto di fronte ai giudizi degli uomini, furono certamente tra le caratteristiche umane e sacerdotali più spiccate in Papa Sarto il quale – in un mondo che si distaccava sempre più dalla fede – seppe annunciare con fierezza il Vangelo, non cercando il plauso degli uomini e il facile consenso. Il suo desiderio era semplice: essere fedele al Signore Gesù e al suo Vangelo.
Il periodo storico in cui Giuseppe Sarto fu Patriarca di Venezia e svolse poi il suo pontificato fu segnato da profondi conflitti sociali, da rapporti problematici tra la Chiesa ed i governi nazionali e da sfide di natura politica, ma anche culturale e religiosa. Ebbene “S. Pio X affrontò queste sfide con decisione e al tempo stesso con grande sensibilità e cura pastorale. Sentì che il suo primo compito era quello di custodire la fede del suo popolo, di rinvigorire l’adesione a Cristo Risorto, di rinnovare la vita della Chiesa per il bene di tutta la società” (cfr. Conferenza Episcopale Triveneto, La prima comunione all’età dell’uso della ragione. Nota dei Vescovi a cento anni dal decreto «Quam Singulari» voluto da S. Pio X (1910) – Zelarino, 1 giugno 2010).
         Anche nel ragionare di guerra e pace il suo criterio – la sua “lettura” dei fatti degli uomini alla luce della sapienza di Dio – era nitido, perché la fede è la capacità di vedere secondo una dimensione più ampia che introduce nella realtà a partire da una verità più profonda; ciò consente di partecipare a quella sapienza che dà all’uomo il gusto delle cose di Dio.
Osservava, già nel 1903, san Pio X: “Chi è infatti (…) che non abbia l’animo costernato ed afflitto nel vedere la maggior parte dell’umanità, mentre i progressi della civiltà meritamente si esaltano, combattersi a vicenda cosi atrocemente da sembrar quasi una lotta di tutti contro tutti? Il desiderio della pace si cela certamente in petto ad ognuno e niuno è che non l’invochi con ardore. Ma voler pace, senza Dio, è assurdo; stanteché donde è lontano Iddio, esula pur la giustizia; e tolta di mezzo la giustizia, indarno si nutre speranza di pace” (Pio X Lettera enciclica E supremi apostolatus, 4 ottobre 1903).
Sono parole della prima enciclica di Pio X – E supremi apostolatus -, quella in cui Sarto delinea già il suo programma di pontificato ed annuncia il principio ispiratore della sua azione (racchiuso nel celebre motto “Instaurare omnia in Cristo”) che era di “ristorare ogni cosa in Cristo” affinché sia “tutto e in tutti Cristo”.
         “Voler pace, senza Dio, è assurdo” è l’insegnamento attualissimo che san Pio X dà anche oggi. Giustamente è stato rilevato che con Dio o senza Dio tutto cambia; la fede, che mai prescinde dalla libertà dell’uomo, chiede sempre di mettere in gioco la nostra intelligenza, la nostra volontà, la nostra memoria, i nostri sentimenti e, anche, la nostra storia personale.
         Per la nostra generazione – come per quelle che l’hanno preceduta e la seguiranno – si tratta di cogliere e di nuovo d’esprimere la bellezza della fede e la gioia del credere poiché non di rado ci dimentichiamo che la fede non dischiude solo la verità e la bontà del reale ma, anche, la bellezza e la gioia del vivere. Ritornare a Dio genera la pace, perché ritornare a Lui può aprire finalmente ad una convivenza cordiale e serena tra tutti, generando quella pace autentica nei nostri cuori, all’interno delle famiglie e della società, tra popoli e Stati, che tutti desideriamo nel profondo.
Da queste cime, sull’esempio di san Pio X, siamo oggi chiamati a non aver paura e a saper osare di più; siamo chiamati a guardare il volto di Gesù – nostro Signore e Redentore -, la cui misericordia è veramente tale perché capace di convertirci, ossia, distaccarci dal peccato e, quindi, rinnovarci nell’intimo, dal cuore, dove origina il nostro io e il nostro bisogno di salvezza.
Da questo splendido ed elevato luogo, che abbraccia idealmente tutte le splendide terre venete e del Nordest, allargando lo sguardo sulla vita del nostro Paese e del mondo intero, affidiamo all’infinita misericordia di Dio i caduti di ogni guerra e, in particolare, di quanti riposano tra queste montagne. E invochiamo con fiducia il dono della pace. Lo facciamo con la forza e la fiducia che ci ha trasmesso il salmo proclamato poco fa:
“Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa e tu dai loro il cibo a tempo opportuno. Tu apri la tua mano e sazi il desiderio di ogni vivente” (dal salmo 144).
Chiediamo questo dono, attraverso l’intercessione potente di Maria Regina della Pace, ricordando oltre all’area Ucraina e Irakena, in particolare, la Terra Santa affinché i due popoli che la abitano possano tornare a dialogare con parole di pace e di giustizia per ottenere finalmente quella pace così necessaria a loro e al mondo intero, e voluta da Dio.
Infine, richiamo le parole di Papa Francesco – che avremo modo di accogliere tra circa un mese a Redipuglia dove giungerà con l’intento di pregare per tutte le vittime dell’inutile strage della “Grande Guerra” e per i caduti di tutte le guerre – perché diventino anche la nostra invocazione:
“La preghiera ci aiuta a non lasciarci vincere dal male né rassegnarci a che la violenza e l’odio prendano il sopravvento sul dialogo e la riconciliazione… Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: «mai più la guerra!»; «con la guerra tutto è distrutto!». Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace… Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono” (Papa Francesco, Angelus di domenica 13 luglio 2014).