Omelia nella messa solenne per la festa della Madonna della Salute (Venezia, 21 novembre 2007)
21-11-2007

Festa della «Madonna della Salute»

 

 

Basilica della Madonna della Salute

 

2 Sam 7, 1-5.8-11.16; Rom 8, 28-30; Gv 2,1-11

 

 

Venezia, 21 novembre 2007

 

Omelia del Cardinale Angelo Scola, Patriarca

1. «Non hanno più vino» (Vangelo). Maria, di fronte all’imprevista circostanza che rischia di rovinare la festa, si rivolge al figlio e intercede per quei giovani sposi. Le parole della Madre sono implicitamente una supplica, come risulta evidente dalla risposta di Gesù. In questa scena Maria è figura della Chiesa che si prende cura ed intercede. Il nostro pellegrinare in questa splendida basilica è la richiesta alla Madre Maria e alla madre Chiesa che si prenda cura di noi.

 

«Non hanno più vino» (Vangelo). Questa è la confessione che apre la strada al miracolo: riconoscere il limite ‘ i grandi geni dell’umanità, in diversi modi e nelle diverse culture, lo hanno fatto ‘ della propria libertà e la propria impotenza a risolverlo.

 

Anche noi oggi ‘ rivivendo, con grande concorso di popolo, il gesto votivo che i nostri padri quattro secoli fa hanno compiuto di fronte alla drammatica prova della peste che minacciava di distruggere la città – ci affidiamo alla potente intercessione di Maria perché, consapevoli dei nostri limiti, ciò nonostante sappiamo che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Seconda lettura).

2. «Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Vangelo). Nel Vangelo di Giovanni l’episodio di Cana ha lo stesso significato che ha nei sinottici il racconto del battesimo nel fiume Giordano. Descrive la manifestazione della gloria di Gesù all’inizio del suo ministero pubblico. La gloria di Gesù è la manifestazione del suo essere quel singolare uomo che è il Figlio Unigenito di Dio. Come ci ha ricordato il Concilio Vaticano II (GS, 22) Gesù, perché obbedisce compiutamente al Padre, è la figura piena dell’uomo. È l’uomo compiuto. Veniamo in pellegrinaggio dalla Vergine perché ci conduce a Gesù.

Il Vangelo ci dice che il frutto della manifestazione della Sua gloria è la nostra fede. Se siamo uniti a Gesù la nostra libertà, anche se limitata, può trovare la strada tanto impegnativa, quanto esaltante del compimento. La vediamo questa fede, ora ed in questi giorni, nel gesto semplice di sciogliere il voto. È la domanda umile di un popolo che, memore dei propri padri e della propria storia, continua a credere. Sappiamo però che questa fede deve crescere perché diventiamo veramente «conformi all’immagine del Figlio Suo» (Seconda Lettura). Per questo chiediamo che con l’intercessione di Maria il Signore aumenti la nostra fede e la renda più matura. Questo è lo scopo della Visita Pastorale con le sue quattro finalità: rigenerare il popolo di Dio, educare al pensiero di Cristo, educare al dono di sé, vivere le dimensioni del mondo.

Dobbiamo vivere la nostra fede ascoltando l’esortazione di Maria ai servi di Cana: «Fate quello che vi dirà» (Vangelo). Quindi sciogliendo oggi il voto portiamo a Cristo l’acqua della nostra limitata libertà umana, perché sia trasformata nel vino della gioia che solo Dio può dare.

3. «Il Signore ti farà grande, poiché ti farà una casa» (Prima Lettura).

 

La promessa di Dio, in un certo senso, prende in contropiede il progetto di Davide, che voleva costruire un tempio per il suo Signore. Il re sentiva il rimorso di essersi costruito un palazzo, mentre il Signore non aveva ancora un edificio a lui dedicato e voleva rimediare.

 

Il Signore gli dice: ‘Non tu costruirai una casa a me, ma io costruirò una casa a te. Io non ho bisogno di una casa. Ne hai bisogno tu. Io ti ho scelto quando eri un semplice pastore e ti ho fatto salire fino al trono, per amore del mio popolo. Per lo stesso gratuito amore io renderò stabile la tua casa, cioè la tua discendenza’: la casa iniziata da Dio Egli stesso la costruirà fino alla fine. Questo vale anche per la Chiesa e, con le debite distinzioni, per la società civile.

 

La nostra personale domanda diventi qui domanda di tutto il popolo cristiano perché, come mi documentano le Eucaristie corali che celebro ogni domenica visitando le parrocchie, tutte le comunità cristiane del nostro patriarcato possano rifiorire. E, attraverso la responsabilità dei fedeli, soprattutto dei fedeli laici, questo senso vivo del Dio di Gesù Cristo – come la tradizione e la presenza delle autorità civili ci ricordano – vita buona per la nostra città.

 

La nostra amata Venezia sta forse lentamente trovando la sua nuova fisionomia. Non mancano segni di un diverso concorrere dei territori di acqua e di terraferma nella ricerca del volto futuro di Venezia. I problemi, ed anche le contraddizioni, non sono pochi, ma contro la logica, alla fine sempre disfattista, del lamento e della critica sterile, si fanno più visibili i lineamenti della città del futuro. Si possono riassumere nella voglia di superare i particolarismi in vista della ricerca di articolata unità.

 

Nella nostra Venezia, che non deve più vivere di contrapposizioni tra città di acqua e città di terraferma, l’antico si sta sposando al nuovo un po’ a tutti i livelli a cominciare da quello urbanistico (basta vedere la città tutta intera da un piano elevato di via Torino) per giungere a quello antropologico, delle relazioni interpersonali e tra comunità intermedie. La scoperta che sto facendo nella Visita Pastorale alla realtà mestrina è quella di una Venezia più unita, capace di accoglienza e di condivisione soprattutto degli ultimi perché carica di passione sociale culturale e politica. Pensarsi ‘insieme’ e progettare insieme sta diventando lo stile di molti. È giusto pertanto, in occasione di questa festa che noi veneziani sentiamo come la più significativa dire la nostra gratitudine all’impegno delle autorità che guidano la nostra vita civile. Auspichiamo che anche le autorità statali riconoscano fattivamente che Venezia è un bene dell’umanità ed è araldo della bellezza dell’Italia per tutto il mondo.

 

 

4. Siamo qui davanti alla Madonna della Salute consapevoli e grati di essere il suo popolo. «Unde origo inde salus»: da Colei da cui ha avuto origine il Signore Gesù, Salvatore della nostra vita, invochiamo la salute integrale, ma ancor più la salvezza eterna per le nostre persone. Consapevoli, come ci insegna Fulgenzio da Ruspe (467-532), che «la prima metamorfosi avviene quaggiù [mediante l’illuminazione e la conversione, cioè] col passaggio [dalla morte alla vita] dal peccato alla giustizia, dalla infedeltà alla fede, dalle cattive azioni ad una santa condotta. [Coloro che risuscitano con questa risurrezione non subiscono la seconda morte. Di questi nell’Apocalisse è detto: ‘Beati e santi coloro che prendon parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte’ (Ap 20, 6)]».

A Te o Vergine beata sciogliamo anche quest’anno il nostro voto. Tu proteggi le nostre persone, le nostre famiglie, la nostra amata Venezia, le terre venete e tutti i nostri fratelli uomini. Amen.