Omelia nella Messa con il mondo dell’Università per l’inizio dell’anno accademico (Chiesa dei Tolentini / Venezia, 29 ottobre 2014)
29-10-2014
Messa con il mondo dell’Università per l’inizio dell’anno accademico
(Chiesa dei Tolentini / Venezia, 29 ottobre 2014)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

Carissimi docenti, studenti, personale tecnico ed amministrativo,
iniziare un anno accademico vuol dire – soprattutto per il docente e lo studente che crede nel Dio di Gesù Cristo che è il Dio Logos, ossia il Dio che è il senso e che da senso a tutte le cose -aprirsi con umiltà alla totalità del reale, aprirsi alla totalità del reale senza pregiudizi e senza chiusure ideologiche.
Quest’estate, all’inizio di agosto, ho letto un’intervista che – alla vigilia dei suoi ottant’anni –  aveva concesso al giornale Avvenire il paleontologo Yves Coppens. In tale intervista, Coppens esorta i ricercatori e, quindi, gli uomini di studio, all’umiltà. Egli dice senza mezzi termini: non pensate di spiegare tutto, la trascendenza è utile alla ragione. E nel prosieguo dell’intervista aggiungeva che tutto, tutto va in una direzione evidente che mette in discussione la credibilità del “caso”.
La complessità della natura, la complessità della materia, la complessità della mente umana hanno un senso – diceva – da miliardi di anni; stupisce la piccolezza dell’uomo ma, al contempo, stupisce quanto l’uomo rappresenti la materia nel suo stato più complicato, più complesso. La scienza, che si dispiega attraverso la tecnica di sofisticati laboratori, a dire il vero ha la sua origine in quella realtà che è formata da sentimenti e domande che ognuno porta dentro di sé.
Il “caso” è sufficiente solo a dare una qualche spiegazione. Coppens ritiene che non si da vera ricerca senza umiltà ed afferma: “Mi ha sempre molto sorpreso leggere, ad esempio da parte di Voltaire che “all’incirca abbia compreso ogni cosa”. Un vero ricercatore invece scopre esattamente il contrario. Einstein diceva che non c’è conoscenza senza immaginazione, il che – aggiungeva Coppens – mi pare molto vero dato che occorre sempre molta immaginazione per costruire delle ipotesi di lavoro, da confermare o inficiare. Non bisogna mai dimenticare, allora, una verità di fondo: esiste una sola ricerca, che coincide con la conoscenza e, dunque, con la libertà”.
Lo scienziato, che cerca di spiegare il come di un fenomeno, deve essere anche capace di porsi la domanda sul senso, senza confondere i due ambiti. “La direzione e il significato – continua Coppens – non sono fra loro estranei. Quando si ascoltano gli astrofisici, poi i geologi, i paleo-biologi e i paleo-antropologi, emerge che si passa da una materia semplice a una più complessa, organizzata e diversificata, per poi saltare alla vita e poi ancora all’uomo, con la sua libertà”. Qualcuno diceva: chi ha orecchie per intendere, intenda…
Vi è, dunque, una direzione e “l’idea del caso mostra tutto il suo limite e perde credito per strada”. Bisogna quindi tenere ben distinte tra di loro la ricerca scientifica e la fede, ma non separarle; si nutrono reciprocamente, perché la dimensione spirituale è dimensione propriamente umana. L’uomo è sulla terra da quando un essere di questa terra, attraverso un compimento, ha iniziato a porsi la questione dell’origine, della fine, del destino, della morte, del fine.
Pascal – che ha riunito in modo singolare in sé le domande del filosofo e dello scienziato e del credente – esprime al meglio la situazione esistenziale dell’uomo che, all’inizio della modernità, si coglie come piccolo garante di sabbia sperduto in uno spazio e in un tempo che perdono quel significato mistico che avevano, nel pensiero antico e medioevale, ancora con Bruno e Cusano.
Per Pascal tutto questo è motivo di sgomento, il rischio di smarrire una bussola che orienta; è la perdita del significato metafisico dello spazio e del tempo. E tuttavia Pascal ha trovato una risposta al suo stesso spavento, di fronte a questo sconcerto che da le vertigini. La risposta la trova nella sua dottrina dei “tre ordini”, che si distinguono per loro stessa essenza.
All’inizio di questo anno – un anno di studio, di ricerca e di umiltà intellettuale oltre che spirituale – soffermiamoci sul pensiero in cui Pascal annota: “Tutti i corpi, il firmamento, le stelle, la terra e i suoi reami non valgono il minimo tra gli spiriti, perché questo conosce tutto ciò e se stesso; e i corpi, nulla. Tutti i corpi insieme e tutti gli spiriti insieme e tutte le loro produzioni non valgono il minimo moto di carità. Questo è di un ordine infinitamente più elevato. Da tutti i corpi presi insieme non si potrebbe far scaturire un piccolo pensiero: è impossibile, e di un altro ordine. Da tutti i corpi e da tutti gli spiriti non si potrebbe trarre un sol moto di vera carità: ciò è impossibile, di un altro ordine, soprannaturale” (B. Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Einaudi 1967, pag. 342).
Questo pensiero del grande filosofo e matematico credente ci aiuti – all’inizio di questo anno di studio e di grazia – ci e conduca ad un’umiltà ragionata e motivata, dove l’umiltà è strada maestra alla ricerca paziente e liberante della verità. Liberante, ossia non ideologica.
Questo è il mio augurio, è l’augurio che faccio a ciascuno di voi; l’augurio anche di meritati successi, quando sono il risultato di una fatica – la fatica intellettuale -, ma soprattutto l’augurio dell’incontro con la Verità. Ovunque la verità è celata, là c’è la nostra libertà chiamata a cogliere quella verità come riflesso della Verità intera.