10-01-2015
Pellegrinaggio mariano dall’Istituto “Mantellate” di via Grazioli
alla chiesa parrocchiale di S. Maria del Carmelo / Favorita
(Mestre, 10 gennaio 2015)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
Abbiamo appena ascoltato il Vangelo secondo Luca (4, 14-22). Ebbene, solo Gesù può dire in modo pieno ”Lo Spirito del Signore è sopra di me” e solo Maria può avvicinarsi a Gesù – seppur rimanendo a distanza – ed assomigliare a Lui nel dire, in qualche modo, “Lo Spirito del Signore è sopra di me”.
Sappiamo che Dio copre Maria con la potenza del suo Spirito e che Dio, in lei, prende realmente dimora. Maria – con un’immagine biblica – diventa la tenda del convegno, il luogo della shekhinah, della presenza di Dio; Maria è la persona in cui Dio incontra il suo popolo.
In Maria si compie l’anelito della creazione, il compiersi nella sapienza di Dio, l’anelito di ogni epoca, di ogni generazione; Dio in mezzo a noi, l’Emmanuele, il Natale. E noi stiamo proprio terminando il tempo, breve ma intenso, del Natale in cui il teologico si fa tutt’uno con l’antropologico. Il Natale ci dice, infatti, che l’antropologia è inserita all’interno della teologia e che non c’è una teologia a prescindere dall’antropologia.
Abbiamo ascoltato nella prima lettura: “Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo” (1 Gv 4,20a). Il mio esame di coscienza sull’amore verso Dio non può mai prescindere da come accolgo e tratto il mio prossimo, da come vivo con lui. “Rimetti a noi i nostri debiti…”: ognuno di noi dice questo a Dio. E poi Gesù gli dice di aggiungere subito – così ci ha insegnato a pregare -: “…come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
San Giovanni, nella sua prima lettera, ci dice: “Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4,20b). L’amore del prossimo inizia nel modo di pensare e nel modo di parlare. Ci sono delle persone che quando parlano portano sempre se stesse edevono fare la lezione agli altri… L’amore per il prossimo inizia dal nostro cuore, dal nostro sguardo, dalle nostre parole.
Maria non mette mai se stessa al centro e Agostino ci ricorda che, prima di concepire con il corpo, Maria aveva concepito con l’anima. Che cosa significa? Significa che Maria aveva dato e offerto a Dio lo spazio della sua anima, del suo io intimo e della sua persona laddove iniziava la sua vita libera. E così Maria diventava vero tempio, luogo della shekhinah, della presenza di Dio, dove Dio si è incarnato. L’angelo dirà in quel momento a Maria: “Non temere, Maria” (Lc 1,30). E sono le parole di Dio perché l’angelo è presenza di Dio, è un modo di manifestarsi di Dio.
In realtà, Maria aveva motivo di temere. A Nazareth, infatti, Maria porta il peso dell’intera storia della salvezza, la figlia di Sion diventa la madre della redenzione, la figlia di Sion diventa la madre della Divina Grazia, la madre di Gesù, dell’Emmanuele; Maria stava diventando madre, la madre di tutta la storia, la madre del mondo intero, di tutta l’umanità… Un peso sovrumano ma l’angelo le dice di non temere perché, se è vero che tu in un certo senso porti Dio, in realtà è Dio che ti porta. Ogni discepolo si sente ripetere questa stessa non tranquillizzante ma rasserenante e rassicurante verità: non sei tu che porti ma è Dio che ti porta nel sì che hai detto a Lui.
Questi pellegrinaggi mariani hanno un’intenzione particolare: il nostro Seminario. E chi è in Seminario deve aprirsi a questo sì mariano già prima di essere sacerdote perché, se questo non avviene prima, non avverrà dopo. A noi spetta il dovere, la gioia e l’impegno di pregare perché i nostri sacerdoti siano capaci di questo sì mariano.
La linea petrina del ministero è distinta ma non separata, nell’ecclesiologia, dalla linea mariana. E allora chi interpreta la linea petrina è chiamato a vivere in profondità la linea mariana e, come discepoli del Signore, siamo chiamati ad imitare Lei che è la prima discepola.
Maria di sé dice semplicemente: “Sono la serva del Signore” (Lc 1,36). Maria è la serva del Signore e lo è non mettendosi al centro ma portandoci a Dio, guidandoci verso di Lui; qui la linea petrina chiede di essere purificata di nuovo dalla linea mariana, perché non vi sia una Chiesa autoreferenziale e un ministero ordinato che parla di se stesso.
Siamo entrati nell’anno cinquantesimo dalla conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II: chiedo che nelle comunità si legga il Concilio. E ricordiamoci che l’ultimo capitolo del documento del Concilio sulla Chiesa tratta – prima dell’escatologia – di Maria che è la figura, l’immagine e il fedele compimento della Chiesa.
Maria ci vuole insegnare uno stile di vita in cui Dio viene mostrato come il centro della realtà e della nostra stessa vita personale. In che cosa consiste lo stile mariano? Consiste nel donarsi totalmente; Maria si è totalmente espropriata di sé, tutta interamente si è data e donata a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. La grande forza di Maria, anche quando una spada le trafigge l’anima, consiste nell’essere sempre consapevole che nessuna lacrima – né di chi soffre né di chi è vicino a chi soffre – è inutile o senza valore davanti a Dio.
Abbiamo iniziato questo pellegrinaggio da un luogo di sofferenza fisica e spirituale, sia per i malati sia per coloro che vogliono loro bene, un luogo dove l’uomo prova la paura. La paura è un sentimento umano e non bisogna averne vergogna; la paura dice che siamo creature, ci ricorda quello che siamo. Certo, la paura va vinta e dobbiamo trovare persone che ci aiutino, ci prendano per mano… Un giorno potremmo aver bisogno di essere presi per mano, oggi forse siamo nelle condizioni di poter prendere per mano chi ha paura.
Il nostro mondo spesso si presenta a noi come un mondo di paura, la paura della miseria, della povertà, la paura della solitudine, della vecchiaia, della sofferenza, della malattia, della morte, la paura della violenza di chi ci sta vicino, la paura del fanatismo… Sono notizie di questi giorni e speriamo di non risentirne altre per effetti emulativi, per un fanatismo che giunge all’irrazionalità somma dell’odio che uccide.
La nostra società ha cercato di contrastare queste paure come umanamente poteva fare e ha dispiegato sistemi assicurativi che ci assicurano su tutto; sappiamo, però, che alla fine nessuna assicurazione e nessuna polizza potrà garantirci. L’unica assicurazione valida in ogni momento, ma soprattutto nel momento ultimo, è quella che viene dal Signore che dice: non temere, io sono sempre con te.
Ricordiamo che le beatitudini non sono una bella pagina letteraria – o, meglio, sono anche una bella pagina letteraria – ma sono la realtà della realtà. E c’è una beatitudine che è legata proprio al tempo della sofferenza; possiamo cadere ma, alla fine, cadiamo nelle mani del Signore e le Sue mani sono mani buone, sono mani di Padre, anche quando ciò potrebbe non sembrarci immediatamente vero.
Maria è beata perché ha creduto – perché ha sempre creduto -, anche ai piedi della croce, anche quando la spada le trapassava l’anima. Maria è invocata dalla Chiesa, non dimentichiamolo, anche con il titolo di Addolorata.
Poco fa, all’inizio del pellegrinaggio, sono entrato a fare una breve visita, un breve pensiero e una preghiera comune con le suore e, nella loro bella cappella, c’è l’Addolorata. Allora ho detto: me ne ricorderò, perché parlerò anche dell’Addolorata…
Maria è invocata dalla Chiesa anche con il titolo di Addolorata; non è invocata solo come la Vergine Potente, come la Sede della Sapienza, come la Madre Intemerata ma anche come la Vergine Addolorata. Maria ci è maestra e sostegno in modo unico.
Il silenzio di Dio: il silenzio di Dio ci permette di portare a compimento il nostro atto di fede, di andare oltre noi stessi. Il silenzio di Dio genera nella nostra vita le domande alle quali non sappiamo rispondere, nemmeno se siamo laureati: ma perché questo? Ma perché a questa persona? Ma che senso ha tutto ciò?
Il silenzio di Dio – la croce – è quella scuola che ci svela il mistero di Dio nella storia, dove si costruiscono la redenzione e la resurrezione, là dove troviamo Maria in silenzio composto e orante, pienamente fiduciosa in Dio, ai piedi della croce, Maria che ci annuncia la gioia della resurrezione.
Dobbiamo imparare a leggere cristianamente la croce: la croce è apertura, è luce, è la luce di Dio perché – come dice un salmo – Dio è circondato da tenebre, tenebre luminose.