Omelia del Patriarca durante l'azione liturgica della Passione e Morte del Signore (Venezia - Basilica Cattedrale di San Marco, 30 marzo 2018)
30-03-2018

Azione liturgica della Passione e Morte del Signore

(Venezia – Basilica Cattedrale di San Marco, 30 marzo 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

“Volgeranno lo sguardo a colui che è stato trafitto” (Gv 19,37), “per le sue piaghe siamo stati guariti” (Is 53,5).

Il tempo non è solo svolgimento cronologico di istanti, minuti, ore, anni, secoli. Il tempo che proviene da Dio ha un altro significato che la rivelazione cristiana chiama kairos, grazia.

L’anno liturgico – che si dipana nel tempo cronologico dell’anno – non è tanto e non è prima di tutto cronologia ma è kairos, è grazia. E oggi noi contempliamo la grazia guardando quello che è il centro, il sostegno, l’inizio e il fine della storia del nostro tempo di uomini: la croce di Cristo.

È il luogo della grazia, è quella realtà che appartiene ad ogni tempo – inteso in senso cronologico – e che raggiunge ogni istante, ogni secolo, ogni momento della storia. Oggi noi non stiamo ricordando attraverso una commemorazione, ma stiamo vivendo il momento della grazia.

«E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32), dice Gesù nel Vangelo secondo Giovanni. E qui l’evangelista non distingue l’innalzamento della croce dall’innalzamento della risurrezione: la croce è la risurrezione perché nella croce avviene l’evento salvifico per eccellenza. E nella risurrezione noi ritroviamo il Crocifisso. Il Risorto, infatti, mostra le sue piaghe ai discepoli increduli.

Quella parola finale – «È compiuto!» (Gv 19,30) – è una parola trinitaria. La pienezza è solo di Dio e la pienezza del mistero di Dio si dà nella croce, dove il Figlio accoglie il progetto di salvezza del Padre che non vuole, di per sé, la morte del Figlio ma vuole che l’umanità si esprima secondo il progetto originario della salvezza. E qui abbiamo l’umanità del Verbo che dice “sì” al Padre in un mondo che ha voltato le spalle a Dio.

È sintomatico che a Pilato – che sembra qui avere in mano il bastone del comando – Gesù ricordi: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto» (Gv 19,11). Ed è sintomatico che da Pilato, poco prima, fosse venuta fuori quella domanda che azzera ogni la possibilità di bene: «Che cos’è la verità?» (Gv 18,37). E subito dopo Gesù non gli risponde più nulla.

Quando non sappiamo più che cosa farcene della verità, quella è l’ora delle tenebre. Sì, è l’ora delle tenebre, l’ora della menzogna, l’ora della verità non detta, l’ora delle verità negata l’ora in cui si gioca con l’ambiguità delle frasi… Ma che cos’è la verità?

«…viene il principe del mondo – è Gesù che parla – ; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco…» (Gv 14,30-31).

La croce è un evento trinitario: il Figlio si consegna al Padre, il Padre risuscita il Figlio e tutto questo avviene nel dono dello Spirito Santo. L’evangelista Giovanni lo dice in modo molto chiaro; sulla croce “Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito” (Gv 19,30).

La croce è il tesoro dell’umanità, è il riscatto del mondo, è la nostra forza. Solo una visione molto secolarizzata può pensare che la croce sia la vittoria del diavolo; è, invece, la sconfitta del diavolo.

Durante il tempo di Quaresima abbiamo ascoltato il brano delle tentazioni di Gesù. Il tentativo di Satana è sempre quello di tenere Gesù lontano dal messianismo della croce: “«Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane»… Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo…»… Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui»” (e gli promette notorietà, celebrità, fama). (Lc 4,3.5-7.9).

La croce è la sconfitta di Satana. Dobbiamo ritornare a leggere la croce con gli occhi della fede. Dobbiamo pensare che il tempo della croce è tempo di riscatto, tempo in cui il chicco di grano che muore produce frutto e genera la spiga; il tempo della croce è il momento della speranza. Di quella speranza di cui ha bisogno – per essere visibile – una comunità che non si vergogna di essere la comunità del Crocifisso che è il Risorto, Colui che ha vinto la morte.