Omelia di Pasqua (Venezia, 8 aprile 2007)
08-04-2007

BASILICA PATRIARCALE DI SAN MARCO

DOMENICA DI PASQUA
At 10,34.37-43; Sal 117; Col 3,1-4; Lc 24, 1-12

Venezia, 8 aprile 2007

OMELIA DEL PATRIARCA DI VENEZIA, CARD. ANGELO SCOLA

1. Il percorso della certezza
Quella che le donne, il primo giorno dopo il sabato, si trovano davanti è una realtà del tutto inaspettata, addirittura rovesciata rispetto alle loro previsioni. Erano andate alla tomba per venerare un morto e vengono investite – ma forse sarebbe più esatto dire ‘apostrofate’ – da quell’interrogativo rivolto loro dagli angeli con l’autorevolezza di un comando: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? È risorto, non è qui. Ricordatevi come vi parlò quand’era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno» (Vangelo). Le parole, prima incomprensibili (per gli uomini infatti, anche per gli intelligenti d’amore, è impossibile immaginare, pre-vedere un simile evento..!), diventano comprensibili davanti alla tomba vuota e al riaccendersi della memoria. Anzi le parole diventano di una tale, irresistibile evidenza da non potersele tenere per sé. Le donne «tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri» (Vangelo). Tutti gli apostoli ascoltano dunque la testimonianza delle donne, ma solo Pietro la prende sul serio. La sua libertà accetta il rischio della verifica. «Pietro corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto» (Vangelo). La lealtà di fronte a ciò che accade – si potrebbe anche chiamare semplicità -, lo stare aperti alla realtà, senza pregiudizi, è la posizione più ragionevole, ultimamente più umana. È la più rigorosamente ‘scientifica’.

(il resto dell’omelia è in allegato)