Omelia dell'Immacolata in occasione della Giornata dell'adesione dell'Azione Cattolica (Venezia, 8 dicembre 2005)
08-12-2005

BASILICA PATRIARCALE DI SAN MARCO EVANGELISTA

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
Venezia, 8 dicembre 2005

AZIONE CATTOLICA – GIORNATA DELL’ADESIONE

OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, PATRIARCA

Dove sei?
«Dove sei?» Così risuona la voce di Dio che, come narra il libro della Genesi, fa sentire ad Adamo e Eva, smarriti, i suoi passi nel paradiso terrestre allo spirare della brezza della sera.
«Dove sei?» È, in un certo senso, la domanda che oggi la Chiesa, in questa meravigliosa solennità dell’Immacolata Concezione, rivolge a ciascuno di voi: piccoli, giovani e adulti di questa splendida realtà di aggregazione ecclesiale, antica e pure sempre più decisiva nella vita di oggi.
Dove sei, amico? A che punto ti trovi del tuo cammino, se lo guardi con gli occhi profondi della mente e del cuore per domandarti se sei nella direzione giusta: quella del tuo compimento, quella della tua libertà.
Come ci ha narrato il potente brano del libro della Genesi, Adamo ed Eva – che rappresentano in un certo senso ogni uomo appartenente alla famiglia umana – sono nella paura e nella vergogna, quando Jahvé rivolge loro questa domanda. «Ho udito il tuo passo nel giardino, ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto».
Noi sappiamo quanto il giudeo, veramente pio, aborrisse ogni nudità mentre pregava. Ecco allora che la nudità diventa l’espressione dello smarrimento, della paura e della vergogna di Adamo e di Eva che si nascondono davanti al loro padre. E Dio che è Padre, in un certo senso li copre, li tira fuori da quel nascondimento; li chiama ad un rendiconto che non è maledizione – la quale è per il serpente – ma invito a prendere coscienza delle conseguenze del loro atto per poter affrontare la via della libertà.

È impressionante notare le conseguenze negative del peccato di origine! Sono la frantumazione, la frattura del rapporto; ognuno per sé, il contrario della solidarietà.
Adamo si difende incolpando Eva e, sottilmente, quasi incolpando Jahvé: «la donna che tu mi hai posta accanto ‘ sei stato tu a darmela! ‘ mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». La donna, incolpando il serpente, dice: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato». Frammentazioni, rottura: così è per noi, per l’uomo quando è preda del male morale, del peccato. La colpa de-solidarizza.
Quale via d’uscita?

Ecco allora splendere davanti ai nostri occhi la risposta che la Santa Madre Chiesa oggi, in questo giorno solenne, ci mette ancora una volta davanti: la figura di Maria, festeggiata a partire dal mistero del suo Immacolato Concepimento.

In Maria prende forma il disegno d’amore della Trinità
Anche Maria è turbata per le parole straordinarie dell’angelo, ma il suo turbamento non è paura, tanto meno vergogna. È serietà nell’affronto del «dove sei?»; è moralità; è ascesi di fronte al cammino della vita, di fronte all’annuncio dell’ ‘impossibile’ che l’angelo le porta. Quel turbamento si fa domanda di senso. E questa domanda di significato ‘ «si domandava che senso avesse tale saluto» – brilla oggi in modo del tutto speciale, quando la Chiesa ci invita a riflettere che Maria è stata ‘redenta in anticipo’ (a differenza di tutti noi) perché è stata, in forza della morte e della Resurrezione di Gesù, preservata dal peccato d’origine, così da poter essere proporzionata alla grande missione che le è stata affidata: portare nel suo grembo il Salvatore. Ma, allo stesso tempo, Maria ci indica la via per uscire dalla divisione e dal limite che conseguono alla nostra fragilità e perfino al nostro peccato, se lo riconosciamo come tale. Qual è questa risposta? Possiamo ricavarla dalla Seconda Lettura, dal brano della Lettera agli Efesini. Di fronte alle parole e all’avvenimento straordinario, umanamente impossibile, che le viene annunziato («Concepirai verginalmente, per opera dello Spirito Santo, il figlio di Dio»), noi sappiamo che in Maria prende forma, dentro alla storia, il grande disegno d’amore della Trinità che tutto tiene insieme. E questo disegno riguarda non solo Maria (la quale è preservata dal peccato fin dal suo concepimento per poter accompagnare in tutta la sua vita Gesù e ora ciascuno di noi), ma riguarda ogni uomo e tutta quanta la famiglia umana. È il disegno «della benedizione di Colui che ci ha scelti predestinandoci ad essere suoi figli adottivi e per questo ci ha fatto suoi eredi».
Di questo splendore di bene, di questa vita che è amore nel senso puro, limpido, perfetto, che vive nell’intimo stesso di Dio, ciascuno di noi, fin dal concepimento, è reso partecipe. Ognuno!

L’eredità su cui riflettere
Noi pensiamo troppo poco a queste cose e, anche quando ci vengono richiamate, ci portiamo dentro una sorta di ultima distrazione che ce le fa credere non concrete: abbiamo una strana idea di quello che è concreto; come se ‘concreto’ fosse solo il nostro arrabattarci a ‘fare’ qualcosa di buono nella vita.
Il concreto invece è l’immersione nell’amore di Dio che, realmente, crea ognuno di noi attraverso l’amore dei nostri genitori e ci mantiene nell’essere, ci redime dal peccato, ci indica in Gesù la via e in Maria colei che ci accompagna a Gesù: questo è il concreto; questa è l’eredità cui noi siamo chiamati a partecipare e di cui vive un’esperienza ecclesiale che vuole essere chiara e decisa, manifesta ed operosa.
È l’eredità su cui i membri dell’AC debbono riflettere. Perché in questa eredità si esprime il senso vero dell’amore: che non è un utopia, un sentimento, una ‘quasi malattia’ (come il mondo oggi sembra dire); non è il comportamento istintivo di generosa dedizione all’amato o all’amata’ L’amore è l’essere ammessi a prendere parte dell’eredità del vero, del bene e del bello, che Dio ci dona. Egli ci fa suoi eredi.
E, destinandoci alla felicità dice ‘Vieni e prendi parte alla mia eredità, praticala con me e, dentro a tutti gli ambienti dell’esistenza, documenta come tu sei parte dell’eredità della Trinità in Nostro Signore’ che Maria Immacolata, intatta dal peccato, ci indica.

Allora, carissimi amici, è più che mai opportuno ricordare che la Madonna oggi ci viene incontro come donna eucaristica. È più che mai opportuno ricordarci, al termine di questo anno dedicato all’Eucaristia, l’affermazione di Giovanni Paolo II: «Guardando a Maria conosciamo la forza trasformante che l’Eucaristia possiede».
È più che mai opportuno, per i membri di AC, ricordare quanto il grande Servo di Dio Giovanni Paolo II disse al Convegno di Loreto: «Come il Signore Gesù ha avuto bisogno del ‘fiat’ di Maria per farsi carne, così oggi il vangelo di Cristo ha bisogno del vostro sì per farsi storia nel mondo». Ecco perché siete qui. E il Patriarca vi è straordinariamente grato, perché sente il vostro abbraccio e il vostro amore per la nostra Chiesa Veneziana, in cui brilla la Chiesa Universale di Cristo; perché sente la vostra fedeltà a questo compito di rendere il Vangelo pertinente, presente nella storia di oggi; perché sente quanto siete fedeli nel costruire la vita bella e nel generare unità dentro le nostre comunità parrocchiali e dentro tutto il Patriarcato.

La vostra festa, la ‘nostra’ festa è oggi segnata da due eventi particolari.

* I 40 anni del Concilio
I 40 anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II, che l’AC Nazionale festeggerà proprio oggi con l’inaugurazione di una mostra straordinaria per mano del stesso Papa Benedetto e che poi celebrerà nei giorni a venire prima di Natale.
Il Concilio è come una grande luce: ne siamo ancora un poco abbagliati, abbiamo bisogno di lasciare che illumini in maniera chiara e distinta il compito, la missione che il Padre che è nei cieli ci ha affidato e che si concentra nel fiat di Maria Immacolata ma domanda anche il nostro fiat. Facciamoci quindi realizzatori umili e decisi del Concilio.

* La Visita Pastorale
Il secondo elemento importante, decisivo, è che questa attuazione del Concilio sta compiendosi nel nostro Patriarcato attraverso l’evento diocesano della Visita Pastorale che, ne sono certo, vi vede in primo piano fin da ora e che riguarda tutta la diocesi e nel quale dovete manifestare la forma bella dell’unità, proprio documentando con semplicità di cuore in tutti gli ambienti della vita che è bello essere cristiani; che realmente tutti gli affetti autenticamente vissuti, che la scuola e il lavoro vissuti con verità e serietà in Cristo, possono essere la strada equilibrata della felicità e del compimento dell’io.

Sperare per primi
Carissimi, «Noi – dice la Lettera agli Efesini – siamo quelli che abbiamo sperato per primi». I seguaci di Cristo da sempre, dall’origine sperano.
Noi non siamo Cassandre; noi non ci lamentiamo della situazione attuale di questo mondo; noi non portiamo dentro la comunità cristiana le ideologie che i giornali ogni giorno ci ripetono e che vedrebbero vescovi invadenti e laici taciturni. Come ha recentemente detto il vostro presidente a Palermo, sono letture di comodo, che ignorano quanto la vita cristiana è documentata in ogni ragazzo, in ogni giovane, in ogni donna, in ogni uomo che, seguendo fedelmente Cristo ogni giorno, esprimono la bellezza del cammino che Maria ci pone davanti.
Allora, retti da questa speranza – che è speranza per tutti i nostri fratelli uomini – continuiamo con coraggio il nostro cammino; aderiamo, rinnovando la professione battesimale, fino in fondo a questa chiamata che è chiamata di libertà e verità.
Maria, libera dal peccato, ci aiuti in questo prezioso procedere. Amen.