Omelia del Patriarca per la solennità di S. Pio X (Salzano, 28 agosto 2005)
28-08-2005

SOLENNITÀ DI SAN PIO X, PAPA

Salzano, 28 agosto 2005

OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA

1. «Voi stessi, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata vana» (1Ts 2, 1). Le parole dell’Apostolo descrivono con la semplicità di un’evidenza il significato degli otto anni – dal 1867 al 1875 – vissuti qui da Giuseppe Sarto come giovane parroco. Non è stata certamente vana la venuta a Salzano di colui che un giorno sarebbe stato chiamato a guidare la barca di Pietro. Lo mostra a tutti qui la Vostra nutrita e devota presenza, accuratamente preparata dal Parroco Mons. Giuseppe Vardanega e oggi attuata, nel coro dei fedeli della Chiesa di Treviso guidati dal vescovo Sua Eccellenza Mons. Andrea Bruno Mazzocato ‘ che saluto con fraterno abbraccio di comunione ‘ così come saluto la folta rappresentanza di autorità istituzionali, civili e militari.
Vi sono grato dell’invito a celebrare questa solenne azione eucaristica con Voi per commemorare, ancora una volta, la straordinaria figura di pastore del venerato Papa San Pio X. A più di cento anni dalla sua elezione a successore di Pietro, le nostre terre venete continuano ad esprimere quel profondo e intenso affetto che il popolo cristiano riserva sempre ai santi.
Ma per far memoria autentica di un santo bisogna anzitutto contemplare sul suo volto e nella sua vita i tratti del suo e del nostro Signore. La vita di San Pio X, infatti, fa trasparire la presenza e la cura di Gesù Cristo per il Suo popolo che è la Chiesa. Egli è il Buon Pastore, di cui ci ha parlato il Profeta Ezechiele.

2. L’odierna liturgia illumina in modo particolarmente limpido la figura di Gesù come Buon Pastore.
L’intenso dialogo tra il Risorto e Pietro, riportato dal Santo Vangelo, documenta come il compito del pastore nella Chiesa (il potere) sia indisgiungibile dall’amore. Certo il conferimento della singolare missione di autorità (potere) – «pasci le mie pecorelle» (Gv 21, 15) – darà volto compiuto alla personalità del ruvido pescatore della Galilea trasformandolo nella pietra su cui Cristo stesso edificherà la Sua Chiesa. La consegna delle chiavi, simbolo della potestas di Pietro, è però preceduta dalla provocazione all’amore rivolta da Gesù alla sua libertà: «Simone di Giovanni, mi ami?» (Gv 21, 15). È in questo dialogo, che si svolge nel cerchio dell’amore, che il Buon Pastore prende a Suo servizio i pastori. Questo nesso tra potere ed amore è assai istruttivo per farci comprendere in cosa consistano veramente ed il potere e l’amore.
L’amore che Gesù domanda a Pietro è veramente assai concreto. È un prendere parte attiva all’eredità di Gesù stesso: il Regno. Infatti l’insistente domanda riproposta all’apostolo per ben tre volte mostra chiaramente che l’amore non è un’intenzione, né semplicemente una dedizione, né un’esaltazione astratta. Non è neppure l’enfasi ossessiva posta sul rapporto che nasce tra chi si ama. In queste riduzioni dell’amore noi rischiamo tutti di cadere ogni giorno. L’amore invece è un fatto preciso. È Dio che prende l’iniziativa e viene incontro alla libertà dell’uomo, chiamandolo all’abbandono della fede. Questo incontro, questo amore, ha un nome ed un cognome: Gesù Cristo. L’Amore stesso, che in senso proprio e pieno coincide con la vita intima della Trinità, rende possibile a noi uomini di amarci facendoci partecipare di Gesù Cristo e del Suo stile di vita. Per questo siamo qui ora in questa Chiesa bella, rinnovata, e celebriamo l’Eucaristia in memoria di S. Pio X.
La Parola di Dio che abbiamo ascoltato spiega bene questa natura dell’amore. A prendere l’iniziativa è il pastore di cui il brano del profeta Ezechiele descrive, in ogni sua sfumatura, l’amorosa sollecitudine: «Io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura. Le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine (‘) io le farò riposare. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata; avrò cura della grassa e della forte» (Ez 34, 11-12. 16). All’amorevole cura del pastore risponde l’abbandono fiducioso del gregge così descritto dal Salmo: «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me (‘) Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita» (Sal 22, 4.6).
Questo scambio di amore come incontro tra la libertà di Dio e la libertà dell’uomo conduce all’autentico dono di sé. Della Trinità anzitutto, di Cristo Gesù esinanito sulla croce per noi ed infine, con tutti i limiti, del cristiano. Come ho ricordato ai giovani a Colonia amare altro non è che dare la propria vita per l’altro concretamente, giorno dopo giorno, circostanza dopo circostanza, ma darla in nome di Cristo.
È ancora l’Apostolo a descrivere questa profonda realtà che vive nel cuore di un pastore che ama: «siamo stati in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature, così affezionati a voi che avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari» (1Ts 2, 7-8).
Immedesimato con Colui che «ha amato tanto i suoi amici da dare la propria vita per loro», San Pio X visse in prima persona questo amore per il popolo di Dio a lui affidato, facendo di tutta la sua vita un’offerta gradita al Padre. Ecco in cosa è consistito il Suo potere di Supremo Pastore della Chiesa.
Il compianto Papa Giovanni Paolo II nell’ultima lettera indirizzata ai sacerdoti in occasione del Giovedì Santo di quest’anno ha descritto quest’intima dinamica del cuore sacerdotale con le seguenti parole: «se tutta la Chiesa vive dell’Eucaristia, l’esistenza sacerdotale deve avere a speciale titolo una ‘forma eucaristica’. Le parole dell’istituzione dell’Eucaristia devono perciò essere per noi non soltanto una formula consacratoria, ma una ‘formula di vita’».
Così fu per Papa Sarto dall’inizio del suo ministero pastorale e qui a Salzano. Così deve essere per noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità cristiane, nell’opera di costruzione di una società civile autenticamente plurale ma proprio per questo ancorata ai beni spirituali e temporali solidi e decisivi.

3. «Tu doni alla tua Chiesa la gioia di celebrare la festa di San Pio X, con i suoi esempi la rafforzi, con i suoi insegnamenti l’ammaestri, con la sua intercessione la proteggi». Così il Prefazio, che tra poco ascolteremo, sintetizza la fecondità della sua missione, che oggi in cielo ha trovato il proprio compimento e non cessa di rigenerare la Chiesa nelle nostre terre venete e in tutta l’orbe della terra.
Il suo catechismo, nella stesura originaria, nasce ‘sul campo’ proprio negli anni di Salzano ed è quanto di più lontano da un astratto ed anonimo formulario di dottrina cristiana..! Esso si presenta piuttosto come l’appassionato dialogo di un padre e maestro con i suoi interlocutori. In Giuseppe Sarto, infatti, l’adamantina precisione dottrinale (in omaggio alla professione integrale della fede apostolica) si coniuga sempre con la capacità di destare la ragione dei suoi interlocutori e di provocarne la libertà alla sequela di Cristo. Anche nella sua forma definitiva il Catechismo di Pio X, pur con le necessarie modifiche imposte dall’opera di rigorizzazione dei contenuti in vista della sua destinazione universale, conserverà l’iniziale impostazione dialogica. E non come mero espediente didattico-pedagogico, ma per la fedeltà al suo carattere originario di trascrizione di una ben precisa esperienza pastorale. L’esperienza catechistica inaugurata da Papa Sarto ha segnato una lunga stagione della Chiesa. Oggi deve diventare per noi uno stimolo potente a prendere tra le mani e ad approfondire con regolarità in famiglia, in parrocchia, nelle associazioni, nei gruppi e nei movimenti il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica che Benedetto XVI ha recentemente promulgato.

4. «Non è esagerato dire che Giuseppe Sarto ha fatto di propria iniziativa più cambiamenti nella disciplina della Chiesa cattolica di ogni altro dei suoi predecessori dall’epoca del Concilio di Trento». Così si poteva leggere, il giorno della sua morte, su The Times.
Il segreto dello straordinario e coraggioso fronte di riforme da lui aperto (basti pensare, oltre alla già citata azione catechetica, alla predicazione, alla riforma della musica sacra, alla revisione dell’ordinario del breviario, alla riorganizzazione dei Seminari, alla formazione del clero, alla codificazione del diritto canonico, alla riforma della Curia romana’) sta nella sua intensa e profondamente radicata fede nell’Eucaristia che, come abbiamo detto, lo ha condotto a vivere ogni situazione e circostanza della sua vita secondo una precisa forma eucaristica. Forma che egli vide compiuta nella vita della Beata Vergine Maria, come ricordava, in occasione della Madonna della Salute del 1902, l’allora Patriarca a tutti i veneziani: «ciò che Maria desidera ardentemente da noi, e dirò di più, ciò che desidera prima di tutto e sopra tutto, è di vedere in noi dei fedeli osservatori del Vangelo, dei veri discepoli di Gesù Cristo».
Papa Benedetto XVI nell’indimenticabile celebrazione eucaristica conclusiva della recente Giornata Mondiale della Gioventù sulla spianata di Marienfeld ci ha offerto una potente immagine: la trasformazione sostanziale che Cristo realizzò nell’Ultima Cena. «È questa, per usare un’immagine a noi oggi ben nota, la fissione nucleare portata nel più intimo dell’essere ‘ la vittoria dell’amore sull’odio, la vittoria dell’amore sulla morte. Soltanto questa intima esplosione del bene che vince il male può suscitare poi la catena di trasformazioni che poco a poco cambieranno il mondo».

5. Queste parole descrivono il compito a cui noi figli della Chiesa veneta, in forza del nostro battesimo, siamo chiamati. Far memoria di San Pio X diventa così prendere parte nell’amore al suo compito. L’amore genera in noi il potere regale del servizio. È una responsabilità dal nome preciso: testimonianza. «L’intima esplosione del bene che vince il male» deve accadere nel cuore di ciascuno di noi per poi comunicarsi, con gratitudine – per la gratuità stessa con cui l’abbiamo ricevuta – a tutti i nostri fratelli uomini.
In quest’anno dell’Eucaristia siamo chiamati a riscoprire che Gesù Cristo stesso presente in mezzo a noi nel Suo Corpo donato e nel Suo Sangue versato è la radice profonda della nostra fede. Un’adeguata preparazione alla Prima Confessione, alla Prima Comunione, alla Confermazione, una frequenza regolare alla Santa Messa per ricevere, convenientemente riconciliati attraverso il sacramento della penitenza, il panis viatorum, la prassi dell’adorazione eucaristica, della visita al Santissimo Sacramento’ su questa strada le nostre persone, le nostre famiglie, le nostre comunità cristiane possono continuamente approfondire la radice eucaristica della loro vita.
Solo così la trasformazione (conversione) che la Santa Comunione opera in noi potrà suscitare la catena di trasformazioni che poco a poco cambieranno il mondo. A nessuno sfugge la laboriosità delle nostre genti. Il nostro Veneto, sulla scia di San Pio X e di tanti altri santi che popolano la nostra ricca storia cristiana, può diventare un autentico motore di trasformazione del mondo. Guidati da un solo intendimento: «fare di Cristo ‘ come dice la Liturgia delle Ore ‘ il cuore del mondo». Amen