Omelia del Patriarca per la solennità di Ognissanti durante S. Messa nel Cimitero di Mestre (1 novembre 2021)
01-11-2021

Solennità di Ognissanti

S. Messa nel Cimitero di Mestre (1 novembre 2021)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Saluto il Vicario foraneo don Natalino Bonazza e lo ringrazio delle parole che ci ha rivolto, saluto i confratelli che concelebrano questa Eucaristia dei Santi, di tutti i fedeli santi, ed assicuro a tutti la mia vicinanza nella circostanza di domani che forse tocca molti di noi da vicino perché certe piaghe, certe sofferenze, non si rimarginano o si rimarginano in parte; infatti, soprattutto quando si è condiviso con una persona un percorso di vita, il tempo è una medicina che sana solo in parte.

La liturgia della Chiesa ci fa tenere insieme due momenti: quello di oggi, la festa di tutti i fedeli santi, e la liturgia di domani, la commemorazione di tutti i fedeli defunti. Noi abbiamo bisogno di credere nella vita eterna perché molte affermazioni della nostra fede sono vere e tante sono anche gratificanti e belle!

Guardandomi e guardandovi, devo dire che molti di noi hanno già superato la metà del cammino terreno anche se qualcuno di voi mi potrebbe dire – siamo nell’anno di Dante – “nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura…”; era il 1300, primo Anno Santo. Dante aveva 35 anni e i dati ci dicono che la vita media in Italia, come aspettativa, è lievemente calata nell’ultimo anno ma si attesta comunque sugli 82 anni, 79 per gli uomini, 84 per le donne. Seguendo quindi questo dato, molti di noi hanno appunto già superato la metà del cammino di questa vita.

E allora dire “Credo nella vita eterna” è qualcosa di importante perché non stiamo andando verso la fine. La vita eterna, intanto, non è qualcosa che inizierà “dopo”; se fosse così non sarebbe eterna perché vorrebbe dire che prima non c’era… La vita eterna inizia nel momento in cui noi abbiamo un palpito di vita nel grembo materno, là dove c’è la vita, dove la vita va difesa e va tutelata perché chi è nel grembo materno ha una voce più debole di chi è in difficoltà ma vive tra gli uomini. La vita eterna è ora, è adesso.

Mi ha molto colpito quello che Andrea Camilleri – il quale, non si definiva ateo militante ma si definiva un non credente possibilista e perplesso -, il “papà” del commissario Montalbano per intenderci. Scrive ad un certo punto nei “Racconti quotidiani” (sono del 2001) qualcosa che ci fa riflettere, anche di fronte a certe feste non cristiane che si stanno impossessando anche della festa dei morti e dei santi, quelle feste che si rifanno a mondi non cristiani, pagani, celtici e che sono diventati dei business. La festa di Halloween vale 9 miliardi di dollari: non risolviamo tutto in dolcetto o scherzetto perché dietro c’è qualche altra cosa.

Ecco il breve scritto di Camilleri: “…fino al 1943 – gli americani arrivano in Italia, siamo durante la guerra – nella nottata che passava dal primo al 2 di novembre in ogni casa siciliana dove c’era un picciriddu si commemoravano i morti a lui familiari, non fantasmi con il lenzuolo bianco e con lo struscio di catene – si badi bene non quelli che fanno spavento – Halloween – ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, il mezzo sorriso di occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza… Noi bambini, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini – la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia – e nottetempo i cari morti li avrebbero riempiti di dolci, di regali che avremmo trovato il 2 mattina al nostro risveglio” (Andrea Camilleri, Racconti quotidiani, Pistoia 2001).

Guardate come la fede cristiana e la comunione dei Santi si legano alla vita che continua e alla morte che è un fatto drammatico ma, nello stesso tempo, ricolmo di serenità cristiana perché – ce lo ha ricordato il Vicario nel saluto iniziale – siamo illuminati dalla luce della Pasqua e continua Andrea Camilleri, questa persona che si definisce un non credente possibilista: “…Sudatissimi, faticavamo a pigliare sonno, volevamo vederli i nostri morti mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla ricerca perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso e perciò non rimettevano il cesto dove l’avevano trovato ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo in casa. Mai più riproverò il batticuore della ricerca quando, sotto un armadio o una porta, scoprivo il cestino stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobili di legno –  avevo 8 anni -, i dolci erano quelli rituali, detti dei morti, di marzapane; non mancava mai il pupo di zucchero che, in genere, raffigurava un bersagliere con una tromba o una coloratissima ballerina in un passo di danza. Ad un certo momento della mattina, pettinati, vestiti a festa con ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e ringraziare i morti. Per noi piccirilli era una festa. Sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola. Che vi portarono quest’anno i morti? Era la domanda che ricorreva ma non lo dicevamo a Tatuzzo Prestiana che aveva la nostra età ma in quei giorni aveva perso suo padre”. Insomma, conclude Camilleri, “il 2 novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti; non era un rito ma un’affettuosa consuetudine” (Andrea Camilleri, Racconti quotidiani, Pistoia 2001).

Dicevo che Halloween non è una festa cristiana; l’origine è celtica, negli Stati Uniti ha preso una forma ludica ma il suo significato è legato al mondo oscuro degli spiriti. Halloween è perciò una festa molto diversa da quella dei morti e da quella dei santi e, quindi, non riduciamo tutto al dolcetto o scherzetto perché Halloween è di più di questo; è, appunto, una festa che vale 9 miliardi di dollari negli Stati Uniti d’America.

La fede è veramente tale quando diventa religiosità, con il rischio che la religiosità popolare possa anche deviare ma la religiosità popolare è un gran valore. Pensiamo all’immagine di Camilleri con i morti che parlano ai bambini, i bambini che sono in dialogo con i morti e vanno a far visita ai morti dopo aver ricevuto i loro doni. Se non diventate come bambini – dice Gesù a tutti e soprattutto ai suoi apostoli – non entrerete nel regno dei cieli (cfr. Mt 18,3).

Cerchiamo allora di recuperare questa dimensione di fraternità e di amicizia. Siamo troppo alla ricerca dell’efficienza, troppo impegnati a realizzare, e il tempo non ci basta mai, dobbiamo passare da una realizzazione all’altra… No, la fede cristiana è fermarsi, contemplare e soprattutto gustare la bellezza degli articoli della fede. Credo nella vita eterna, credo nella comunione dei Santi. Vivo la vita eterna, vivo la comunione con i santi.