Omelia del Patriarca per la Festa di S. Michele e il Bicentenario del Duomo (Mestre, 29 settembre 2005)
29-09-2005

FESTA DI SAN MICHELE ARCANGELO
BICENTENARIO DEL DUOMO DI SAN LORENZO

DUOMO DI SAN LORENZO
Mestre, 29 settembre 2005

OMELIA DI S.E.R. ANGELO CARD. SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA

1. Guidati lungo i secoli dalla mano protettrice dell’Arcangelo Michele i nostri padri hanno a poco a poco costruito, accompagnando con maggior o minor creatività i ritmi della storia, la città di Mestre. L’hanno letteralmente edificata e consegnata alla nostra responsabilità. Ci hanno fatto così eredi della loro vita e del loro lavoro. L’eredità, infatti, è una sorta di progressiva fecondazione della vita che riceviamo dai nostri padri. Ci è data perché noi la facciamo fruttare ulteriormente. Diventiamo eredi perché un altro ‘ in ultimo termine l’Altro ‘ ci rende cooperatori (partners), coartefici del suo disegno, ci chiama a coinvolgerci con lui.
È significativo che la liturgia di oggi ci parli della cooperazione tra gli Angeli e gli uomini al disegno di salvezza del Padre (Orazione di Colletta). Colui che non aveva assolutamente bisogno di creare il mondo e gli uomini, e di chiamarli a partecipare della Sua vita, addirittura vuole che questo Suo disegno di amore sovrabbondante si compia attraverso la cooperazione congiunta di angeli e di uomini.
E la volontà di Dio è così colma di bene che Egli non disdegna il rischio di affidarsi alla libertà. Una libertà che si intreccia poi a quella del Maligno ‘ fatto che noi spesso con superficiale presunzione rimuoviamo ‘ e diventa così tragicamente capace anche di rifiuto e di peccato. Per questo con grande realismo la Seconda Lettura parla di lotta: «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago».
Ma noi sappiamo che questo combattimento – il potere la gloria ed il regno di cui parla la Prima Lettura – non poggia su violenza e terrore, ma sull’amore crocifisso. Per nostro vantaggio Gesù Cristo ha consegnato tutto se stesso. Lo ha fatto per ‘conquistare’ la nostra libertà nel rispetto e nella convinzione. Il paradossale combattimento della croce, la vera agonia, rivela che l’onnipotenza di Dio si manifesta nella Sua impotenza. Da essa scaturiscono misericordia e perdono. Queste parole non indicano una magica abolizione delle nostre colpe, ma sono un dolcissimo richiamo all’appassionante avventura etica ed ascetica di vita buona cui il cristiano, la comunità, ogni uomo e tutta la società sentono di essere chiamati.

2. L’invito di Dio a cooperare con gli Angeli al Suo disegno è caratterizzata da un tratto del tutto particolare, ben evidenziato sia dalla già citata Preghiera di Colletta, sia dalle Letture che abbiamo ascoltato. La Trinità, che è mistero di eterna, gratuita comunione, chiama a cooperare con Sé uomini e donne in quanto membri di un popolo. Il vero partner della Trinità, infatti, è il popolo di Dio. Non i singoli considerati individualmente, ma ognuno sì personalmente voluto ma in quanto simultaneamente parte di un popolo.
È singolare, infatti, che le parole di Gesù a Natanaele ‘ parole che lo interpellano personalmente, fino al punto di costituire quasi un racconto di vocazione – lo identifichino per la sua appartenenza al popolo eletto: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità».
Questa scelta della Trinità ‘ chiamare gli uomini a cooperare al Suo disegno di salvezza in quanto figli di un popolo ‘ può illuminare il presente che la comunità cristiana, e con essa tutta la società mestrina, è chiamata a vivere in prima persona.
In particolare due sono gli elementi che vorrei questa sera mettere in rilievo.

3. Il primo. A tal punto la libertà infinita di Dio ha scommesso sulla libertà finita di noi sue creature, da correre il rischio del nostro rifiuto e lasciarsi crocifiggere. E per questa via ha conquistato la vittoria. Ebbene questo stesso metodo deve essere il cuore della preoccupazione educativa a tutti i livelli, in special modo per la Chiesa che è, nella sua essenza, soggetto educativo. «Erunt semper docibiles Dei».
A cominciare dalle nostre famiglie. Là dove i genitori non coinvolgono i propri figli nella loro vita di fede, di comunione e più in generale in una vita buona chiamandoli a cooperare in prima persona; là dove anche con sacrificio non sono disposti a correre il rischio della libertà dei figli, sarà impossibile far crescere uomini e donne maturi ed equilibrati. Chi non ama la libertà dell’altro che è chiamato ad educare proponendogli uno stile autentico di vita, lo condanna in un certo senso ad una esistenza da imbelle o da egotistico narcisista. Domani si troverà davanti a uomini incapaci di prendere decisioni o a presuntuosi che pensano di poter prescindere dal confronto con l’altro. Ma per amare bisogna far partecipare l’altro della propria eredità. Bisogna quindi a nostra volta prendere parte all’eredità del Padre celeste, essere Suoi figli e chiedere ai nostri figli di condividere la nostra eredità e di farla fruttare.

4. Il secondo rilievo. Secondo quanto suggerito dalla vita e dalle comunicazione della Trinità che l’Arcangelo Michele e tutti gli Angeli servono, questa cooperazione fiorisce soprattutto quando il suo soggetto è una realtà comunitaria, in definitiva il popolo. Lo vediamo in questo splendido vespero qui a Mestre, città crocevia (sociale, culturale, politico’). Venezia ed il Veneto per dirsi al mondo hanno bisogno di Mestre crocevia tra Est / Ovest, tra Nord / Sud. Per questo Mestre è la città del presente e del futuro.
Il Bicentenario del Duomo di Mestre ci sta offrendo l’occasione per riflettere su cosa sia un’azione ecclesiale tesa a coinvolgere tutti i cittadini ‘ anche coloro che si considerano lontani dalla Chiesa ‘ in un progetto di edificazione comune. Le celebrazioni in occasione del Bicentenario vogliono coinvolgere tutta la comunità cristiana che vive a Mestre e si articola nel ricco tessuto di parrocchie, gruppi, associazioni, movimenti e diverse realtà. Ne è prova la presenza di numerosi sacerdoti che questa sera insieme al Patriarca celebrano la Festa di San Michele. Colgo l’occasione per ringraziare tutte le autorità cittadine, a partire dal Sindaco, per la disponibilità che hanno mostrato ed il sostegno che non faranno mancare alle iniziative del Bicentenario.
Far partecipi tutti del fascino dell’incontro con Gesù Cristo secondo la dinamica della testimonianza, che abbiamo individuato come fulcro della Visita Pastorale, è lo scopo originario e permanente di ogni azione della comunità cristiana.
Celebrare i duecento anni della ricostruzione del Duomo significa avere il cuore colmo di gratitudine per chi ci ha trasmesso questa eredità. Voglio pubblicamente dire il mio grazie alla comunità di San Lorenzo per la pluridecennale e decisiva azione pastorale a favore di tutto il Patriarcato. Mi basta per questo citare due nomi: Mons. Valentino Vecchi e Mons. Angelo Centenaro.
Celebrare i duecento anni della ricostruzione del Duomo significa anche, come state facendo sotto la guida di Mons. Fausto Bonini, promuovere appropriate iniziative pastorali dal risvolto culturale, artistico, sociale e civile. Altro non sono se non espressione di quel desiderio di educare, di far partecipare il popolo della vitale eredità di Cristo.
Un’azione ecclesiale è tale se resta sempre tesa a coinvolgere tutti a 360° gradi. Propone, non impone, sempre tutto il messaggio di Cristo a tutti. I cinque laboratori di studio e ricerca che confluiranno nel Convegno ‘Mestre, da periferia a città’ del 10 novembre prossimo rappresentano un prezioso contributo a quest’opera di conoscenza amorevole della città che la storia guidata dalla Provvidenza ha consegnato alla nostra libertà. Mentre mi riservo di ritornare allora sul tema ‘Mestre: Chiesa e città’, auspico vivamente che il Convegno di novembre possa diventare per tutte le componenti della comunità cristiana e per quanti altri della società civile lo vorranno, il crocevia di una edificazione comune.

5. La nostra celebrazione si concluderà con queste parole: «Fortifica, o Dio, il nostro spirito con la potenza misteriosa del pane eucaristico e con l’aiuto dei Tuoi Angeli fa che avanziamo con rinnovato vigore nella via della salvezza».
Quale esempio più grande di amore, cioè di partecipazione fruttuosa all’eredità di Cristo, del mistero dell’Eucaristia? Gesù ha voluto diventare cibo per il nostro cammino. In quest’Anno dell’Eucaristia le nostre comunità cristiane sono chiamate a reimparare la logica sacramentale dell’esistenza a partire dalla celebrazione eucaristica ‘ soprattutto ma non solo domenicale ‘ e dell’adorazione. È la logica del dono e del perdono. La vittoria di Colui che si è umiliato fino alla morte di croce e per questo è stato esaltato.
La nostra vita potrà così acquistare sempre più una forma eucaristica (Giovanni Paolo II). Questo è il contributo che da subito, da questa sera, non possiamo far mancare ai nostri fratelli uomini. Amen