Omelia durante la S. Messa nella solennità dell’Immacolata Concezione di Maria alla presenza dell’Azione Cattolica diocesana
(Venezia – Basilica S. Marco, 8 dicembre 2020)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Carissimi fratelli e sorelle,
ringrazio Dio per il fatto di poterci incontrare qui in Basilica per celebrare assieme la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.
Porgo il mio saluto a tutti voi mentre dico la mia vicinanza al presidente Alessandro per il grave lutto che l’ha colpito in questi giorni per la morte della mamma Anna Maria.
Oggi voi rappresentanti dell’Azione Cattolica diocesana rinnovate dinanzi al Vescovo il vostro impegno personale e associativo di servizio alla Chiesa.
Nel cammino dell’Avvento si staglia di fronte a noi la luminosa figura di Maria, l’Immacolata, proclamata “beata” dalla cugina Elisabetta perché “ha creduto all’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,45), come narra il Vangelo di Luca che è stato appena proclamato (cfr. Lc 1,26-38).
In Maria, la “piena di grazia”, preservata da Dio da ogni peccato (d’origine e “personale”), abbiamo il frammento d’umanità che appartiene totalmente a Dio; il suo “sì”, infatti, la pone in posizione unica rispetto a tutte le altre creature.
In Lei brilla, senza alcuna ombra, quella luce e quella pienezza di vita che – per vocazione comune – è offerta a tutti noi, come ci ha ricordato l’inno paolino della lettera agli Efesini, perché “Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, …ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo” (Ef 1,3-6).
È Gesù il solo e unico Mediatore, mentre “la funzione materna di Maria verso gli uomini – come insegna il Vaticano II, nella “Lumen gentium” – in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia. Ogni salutare influsso della beata Vergine… si fonda sulla mediazione di questi, da essa assolutamente dipende e attinge tutta la sua efficacia” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium n. 60). In ogni caso – ribadisce poco dopo la “Lumen gentium” – “nel mistero della Chiesa (…) la beata vergine Maria occupa il primo posto, presentandosi in modo eminente e singolare quale vergine e quale madre…” (n. 63).
La persona totalmente nuova e totalmente realizzata – secondo il piano di Dio – è una donna. Tutto, infatti, dipende dal sì di questa giovane donna. La scelta di Dio è decisamente rivolta al femminile. L’umanità nuova – di cui Gesù è il fondamento – trova la sua realizzazione creaturale più alta in Maria di Nazareth e il suo profilo femminile diventa la manifestazione “compiuta” dell’umanità che risponde in pienezza al progetto di Dio.
Maria, agli occhi del mondo, è solo una ragazzina di un paese sconosciuto, eppure diventa la Madre di Dio e oggi noi l’acclamiamo come l’“Immacolata”.
Sì, Maria di Nazareth è l’umanità riuscita agli occhi di Dio e per questo la Chiesa guarda a Lei non solo con profondo affetto ma col desiderio di conoscere e imparare da Lei la via giusta da percorrere: “La Chiesa, contemplando la santità misteriosa della Vergine, imitandone la carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della parola di Dio accolta con fedeltà diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio.” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium n. 60).
La Chiesa – come abbiamo più volte riflettuto – vive insieme il “principio” mariano e petrino, che fra loro si includono e si richiamano; quello mariano viene prima ed è più ampio di quello petrino che, però, è posto a garanzia di quello mariano. Maria viene perciò prima del ministero dei pastori, senza nulla togliere alla loro importanza essenziale (e strutturale).
Maria rappresenta così la Chiesa nella sua totalità, pastori e fedeli; in Lei tutti, nella Chiesa, trovano l’esemplare pienamente compiuto. Ciascuno di noi porta sé questa dimensione mariana e tale vocazione va riscoperta. Maria in sé, nella sua persona, rappresenta tutta la Chiesa e, quindi, la vocazione “mariana” è per ogni discepolo e riguarda tutti i discepoli del Signore.
Anche per voi, amiche e amici dell’Azione Cattolica veneziana, Maria è Colei che vi indica la via e vi accompagna nel cammino che – secondo gli orientamenti nazionali dell’Azione Cattolica – è sintetizzato nel motto “Servire e dare la propria vita” e si sviluppa in tre finalità prioritarie: servire le coscienze, servire i legami (il tessuto comunitario, associativo e familiare), servire la Chiesa e il territorio.
Per fare tutto questo, ogni membro dell’Azione Cattolica deve chiedere al Signore uno sguardo sapiente che incominci finalmente a vedere e vagliare le cose secondo la logica di Maria, la fanciulla di Nazareth che ha la forza di dire sì a Dio nel rischio della fede.
Maria ci ha preceduto nel sì, un sì rischioso che libera veramente la vita. Il suo sì, oltretutto, ci provoca e invita a svolgere un serio esame di coscienza di fronte al rischio di lasciarsi andare a un cristianesimo mondanizzato in cui si finisce per mettere da parte quelle promesse battesimali che, invece, ci riportano al sì rischioso ma affascinante di Maria.
Non dimentichiamo che Dio è amore e misericordia ed è anche la sapienza del mondo, la ragione che ci aiuta a cogliere la realtà profonda della storia per poterla riconsegnare, in una logica nuova, a Dio; è la logica dei santi che, sotto la guida di Maria, hanno seguito con tutta la loro vita questa logica “alternativa” di Dio che anche il prossimo Natale, così anomalo, ci riconsegnerà in tutta la sua evidenza.
I cristiani – come scrive un antico e famoso testo, la Lettera a Diogneto che ci riporta al II secolo e, quindi, agli inizi della vita della Chiesa – “vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera (…) Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo“ (A Diogneto, V-5.8.9).
Ancora la Lettera a Diogneto continua e precisa: “…come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. L’anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. L’anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo (…) L’anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. (…) Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare” (A Diogneto, VI-1.2.37.10).
Cari amici all’Azione Cattolica veneziana, conosco l’attenzione che riservate per la dimensione educativa e formativa delle persone (bambini, ragazzi, giovani, adulti) che aderiscono all’associazione, soprattutto nell’obiettivo di valorizzare la coscienza della persona come luogo di libertà e di azione e far crescere in ciascuno la capacità di discernimento. Affrontate quindi, con verità e coraggio, le sfide e le insidie che la dimensione culturale, sociale e politica della vita offre ogni giorno al cristiano come spazio profetico di testimonianza.
Saper “stare” nel dibattito culturale e dare alle coscienze gli strumenti per poter dialogare sui temi cari alla vita delle persone e dei territori richiede innanzitutto di saper “dire” e “portare” il Vangelo di Gesù Cristo in ogni realtà – questa rimane la più grande carità che ogni membro della Chiesa può offrire al mondo – intercettando le culture, gli ambiti e gli stili di vita che più plasmano la nostra società. Uno sguardo sull’uomo che non abbia di mira la salvezza integrale e ultima – lo ricordavo il giorno della festa della Madonna della Salute – non è ancora uno sguardo animato dalla carità di Cristo.
E, se tutto ciò richiede un approccio umano sempre cordiale, comprensivo e inclusivo – che, cioè, non escluda o marginalizzi -, nondimeno è essenziale saper anche distinguere ed evidenziare il “salto” e la “differenza” che, spesso, c’è tra la logica del Vangelo e il pensiero cosiddetto mondanizzato su cui Papa Francesco spesso ritorna. Il pensiero mondanizzato si traduce spesso in un pensiero unico dominante, soprattutto nel modo in cui si concepisce la dignità della persona umana e la vita, il bene comune e la destinazione dei beni, la libertà, la giustizia e la stessa fraternità umana.
Bisogna, insomma, saper “stare” nel mondo con audacia, con franchezza, con parresia, non esitando nemmeno se le condizioni lo richiedessero – e i prossimi tempi sembrano essere particolarmente inclini a questo – a prendere in considerazione la pratica dell’obiezione di coscienza (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, nn. 68-74) di fronte alla discrepanza / dissociazione tra legge civile e legge morale; un’obiezione da intendere e vivere come atto motivato, rilevante e responsabile.
Come osservava san Giovanni Paolo II già nel 1995 “urge, per l’avvenire della società e lo sviluppo di una sana democrazia, riscoprire l’esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell’essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori, pertanto, che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere” (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium vitae, n. 71).
Risulta perciò molto significativa – e la indico a voi dell’Azione Cattolica come riferimento – la figura del santo John Henry Newman, testimone imponente della fede cristiana, uomo appassionato della Verità e amante della Chiesa, capace di spendersi per esse totalmente – anche a prezzo di prove, solitudini e incomprensioni -, promuovendo la missione e l’opera evangelizzatrice dei laici e riuscendo pure a guadagnarsi in talune occasioni – per la sua bontà d’animo e la limpidezza del suo agire e ragionare – la stima e l’ammirazione di chi lo contrastava aspramente.
Scriveva Newman: “La mia natura sente la voce della coscienza come una persona. Quando le obbedisco, mi sento soddisfatto; quando le disobbedisco, provo una afflizione…” (John Henry Newman, Callista, Londra 1910, pp. 314-315). E, ancora, in un altro testo: “L’obbedienza alla coscienza conduce all’obbedienza al Vangelo, che, invece di essere qualcosa di differente, non è altro che il completamento e la perfezione di quella religione che insegna la coscienza naturale” (John Henry Newman, Parochial and Plain Sermons, Londra 1908, vol. VIII, pagine 202).
La Beata Vergine Maria ci illumini e ci guidi nella decisiva opera culturale, educativa e antropologica – a cui siamo chiamati e a cui ci ha richiamati di recente Papa Francesco con la sua enciclica “Fratelli tutti” – di “pensare e generare un mondo aperto” e rinnovato, orientato al bene comune.
A voi, amiche e amici dell’Azione Cattolica veneziana, è richiesto oggi più che mai – come avete ribadito anche nel documento triennale – di dare ragione, “con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza” (1Pt 3,15-16), della propria fede e della speranza che è in noi e così attraversare i diversi luoghi della vita quotidiana che ci sono donati (affetti, lavoro, vita sociale) “come ambiti decisivi in cui realizzare una presenza e uno specifico impegno cristiano”.
Vi indico infine, come sentiero da percorrere, quanto Papa Francesco scrive al n. 112 della terza parte dell’enciclica Fratelli tutti, che s’intitola “Pensare e generare un mondo aperto”.
Sono parole che, oltretutto, bene sintetizzano le vostre scelte associative nazionali e diocesane: “…il desiderio e la ricerca del bene degli altri e di tutta l’umanità implicano anche di adoperarsi per una maturazione delle persone e delle società nei diversi valori morali che conducono ad uno sviluppo umano integrale. Nel Nuovo Testamento si menziona un frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22) definito con il termine greco agathosyne. Indica l’attaccamento al bene, la ricerca del bene. Più ancora, è procurare ciò che vale di più, il meglio per gli altri: la loro maturazione, la loro crescita in una vita sana, l’esercizio dei valori e non solo il benessere materiale. C’è un’espressione latina simile: bene-volentia, cioè l’atteggiamento di volere il bene dell’altro. È un forte desiderio del bene, un’inclinazione verso tutto ciò che è buono ed eccellente, che ci spinge a colmare la vita degli altri di cose belle, sublimi, edificanti” (Papa Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti, n. 112).
Buona festa dell’Immacolata a tutti!