Omelia del Patriarca nella solennità di Ognissanti - S. Messa al Cimitero di Mestre (1 novembre 2016)
01-11-2016

Solennità di Ognissanti – S. Messa al Cimitero di Mestre (1 novembre 2016)

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

Carissimi fratelli e sorelle,

stiamo celebrando la Messa di Tutti i Santi, la liturgia del primo giorno di novembre, ma questa celebrazione avviene in un orario in cui molte volte siamo abituati liturgicamente alla cosiddetta messa prefestiva. E avviene, poi, in un luogo in cui non possiamo non tener presente la giornata di domani; una giornata cara a tutti, al di là del fatto che uno sia credente o meno, e che ci rimanda all’anniversario e al ricordo di persone care che non ci sono più; è qualcosa che va oltre la fede, ma noi credenti dobbiamo avvertire ancor di più il senso, il significato, di queste giornate dedicate alla visita al cimitero.

La preghiera di suffragio è un modo per continuare a fare del bene in modo reale, vero e concreto alle persone cui siamo legati. Il cristiano può dimostrare il suo affetto e la sua vicinanza attraverso la preghiera.

Nella vita cristiana ci sono molte cose che superano il tempo e lo spazio; una di queste è la preghiera. La domanda fondamentale, allora, è questa: noi crediamo nella preghiera? Che spazio, che peso ha la preghiera nella nostra vita quotidiana? Aprire e chiudere la giornata parlando con Dio non è cosa da poco. Vorrei dire a molti che stanno male, che soffrono o che sentono l’angoscia dentro: incomincia a parlare con il tuo Dio e a prendere sul serio la preghiera!

Molte volte noi recitiamo delle formule e la formula è importante perché – quando è stato chiesto a Gesù da parte dei suoi discepoli: “Insegnaci a pregare” – Gesù non ha risposto: dite un po’ quello che volete… Ha detto invece: “Quando pregate, dite…” (Lc 11, 1-2).  E ha, quindi, recitato una formula.

Tutto sta, allora, nel modo in cui noi recitiamo la preghiera. Padre nostro, sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo Regno… ricordati che io e la mia famiglia abbiamo bisogno di mangiare tutti i giorni, aiutami a fare la cosa più difficile: perdonare chi mi ha fatto del male… E, per dirti che la mia preghiera è sincera, ti dico che anch’io mi impegno a perdonare. Capite bene che questa formula – se recitata con fede ma anche con l’intelligenza, la volontà e il desiderio – lentamente cambia la nostra vita.

La prima lettura di oggi ci ricorda una cosa importante: noi non dobbiamo giudicare nessuno prima del tempo. Quante persone intorno a noi sono sopravvalutate e considerate più di quello che sono, occupano magari dei posti che non meritano e di loro la gente parla bene, per vari motivi… E poi quante persone, intorno a noi, valgono più di noi ma non sono riconosciute e, magari, di loro la gente non parla bene perché non cercano luoghi e momenti di notorietà…

Il giudizio è di Dio. E la prima lettura di oggi ci ricorda che questo giudizio è dell’Agnello, cioè del Crocifisso. Noi saremo giudicati non secondo quanto dice di bene o di male, sbagliando, la gente di noi, ma secondo il criterio del Crocifisso: vincere soccombendo, l’umiltà, la pazienza, il perdono, la non loquacità, lo stare nelle file con gli altri.

Il giudizio di Dio preoccupa chi ha qualcosa da nascondere e allora si arrampica su esegesi o teologie improbabili. Il giudizio di Dio tranquillizza invece la persona onesta perché il giudizio di Dio è il primo atto di vera democrazia e vera libertà nella storia dell’umanità.

Il giudizio di Dio sarà molto misericordioso ma molto giusto, molto caritatevole ma molto vero ed allora vedremo che i primi – i primi del mondo, quelli di cui parlavo prima – saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi. Sì, il giudizio di Dio tranquillizza e deve tranquillizzare tutte le persone oneste, tutte le persone sincere e che amano la verità, incominciando da loro stesse.

C’è poi una frase nel Vangelo secondo Matteo che dice che dobbiamo rendere conto a Dio di ogni parola inutile. Non di una parola falsa, ma di ogni parola inutile che è uscita dalla nostra bocca.

Guardiamo, allora, alla giornata dei Santi nel momento in cui diventa cronologicamente la giornata dei Defunti; queste due giornate sono tenute insieme proprio dal valore della preghiera e dell’attesa del giudizio di Dio.

La preghiera di suffragio ha alcune caratteristiche ma ne ha una di fondo che, se non c’è, azzera tutte le altre e le rende inutili: volersi convertire, distaccarci da ogni forma di male. Ognuno, allora, pensi a se stesso e alle relazioni umane, familiari, di lavoro, di amicizia perché è lì che dobbiamo convertirci; è lì dove non esistono più i grandi o i piccoli uomini, i ricchi o i poveri perché la conversione è di tutti. E la santità è questo gesto semplice che si chiama conversione. La santità non inizia con delle devozioni – talvolta discutibili – ma inginocchiandosi al confessionale; una delle caratteristiche fondamentali del suffragio è, infatti, proprio accostarci ala sacramento della Riconciliazione.

Vi invito, sin d’ora, a partecipare domenica 13 novembre, in San Marco, alla chiusura dell’Anno giubilare della Misericordia. In quell’occasione faremo un gesto importante: l’affidamento nostro, delle nostre famiglie, delle nostre comunità, della nostra Chiesa e del nostro territorio alla Misericordia di Dio. Vivremo anche il gesto di consegnare le offerte – raccolte durante i pellegrinaggi dei vicariati, e spero che ci siate venuti tutti… – per realizzare due interventi nelle nostre carceri, per aiutare le donne e gli uomini detenuti a vivere bene il momento difficile e duro della necessaria espiazione perché il male va, in qualche modo, superato dal bene.

Aiuteremo, allora, questi nostri fratelli ad avere una pena – come raccomanda l’articolo 27 della Costituzione della Repubblica italiana – che sia veramente rieducativa. Con tali offerte sarà possibile effettuare due interventi di ristrutturazione in altrettanti ambienti delle due carceri; è un modo per vivere e compiere – in modo corrispondente alla nostra epoca – l’opera di misericordia che è visitare i carcerati.