Omelia del Patriarca nella solenne veglia pasquale (Venezia, Basilica Cattedrale di San Marco - 26 marzo 2016)
26-03-2016

Solenne veglia pasquale

(Venezia, Basilica Cattedrale di San Marco – 26 marzo 2016)

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

 

Carissimi fedeli,

saluto in modo particolare chi, fra qualche istante, riceverà i sacramenti dell’iniziazione  cristiana, ma mi rivolgo a tutti perché stiamo vivendo un momento importante; anzi, è il momento più importante dell’intero anno.

La liturgia che stiamo celebrando infatti riassume, ripresenta e sintetizza la totalità dell’evento salvifico cristiano. E allora ricordiamo che cosa vuol dire liturgia; “liturgia” è termine che indica l’azione di Dio in favore del suo popolo.

Noi abbiamo rivissuto in poche ore la totalità dell’evento salvifico. Pensiamo ai segni liturgici particolarmente ricchi in questa notte: l’oscurità in cui si trovava la basilica all’inizio della celebrazione, la benedizione del fuoco e, fra poco, ci sarà quella dell’acqua, gli elementi primordiali. E soprattutto attraverso la parola di Dio siamo stati guidati, presi per mano, per dare una lettura sapienziale vera e profonda della storia dell’umanità che, nella sua essenza, è storia della salvezza.

Tutto parte da Cristo: siamo stati creati in Lui, siamo stati creati per Lui, siamo stati creati da Lui. E l’annuncio evangelico della Pasqua – che abbiamo appena ascoltato, rivolto alle donne giunte al sepolcro – ci ha fatto attingere non ad “un” momento della storia ma al compimento e al fine della storia, che è Gesù risorto da morte.

La liturgia è l’azione di Dio, attraverso Cristo, in favore del suo popolo, di noi suo popolo. La liturgia, perciò, non va inventata; va vissuta, va gustata, va lasciata parlare attraverso la ricchezza delle sue parole, dei suoi segni, dei suoi simboli, dei suoi gesti.

La liturgia è quella grande azione di Dio che il Concilio Vaticano II definisce il culmine, il vertice, della vita della Chiesa. Una Chiesa che facesse un’infinità di cose buone ma si dimenticasse di celebrare l’eucaristia – la liturgia – sarebbe una Chiesa che ha dimenticato il suo Sposo.

E sant’Agostino – che definisce la liturgia della notte di Pasqua la “madre di tutte le veglie” nel suo commento al salmo 85 dice: “Cristo prega in noi (Cristo è uno di noi, si è fatto uomo, ha assunto tutto quello che è caratteristica dell’uomo eccetto il peccato), Cristo prega con noi, Cristo è pregato da noi”.

Cari catecumeni, state per ricevere i sacramenti che vi inseriscono in Cristo; state per diventare “altri Cristi”. Il cristiano, infatti, non è semplicemente colui che segue i buoni esempi di Cristo; è colui che è inserito in Cristo, è colui che è portato da Cristo ed è colui che porta Cristo.

La liturgia è questa grande ricchezza, è una realtà, è qualcosa di vivo come vivo è il Signore risorto. Abbiamo appena ascoltato gli angeli che domandano alle donne: “Perché cercate tra i morti il Vivente?”.

Il Grande Sacerdote è il Cristo, è Lui che oggi sta celebrando. Chi in questo momento celebra è Lui: noi siamo – in modi diversi ma reali, col sacerdozio battesimale e ministeriale -, sue voci e sue presenze ma Lui è l’Unico ed Eterno Sacerdote. E nella sua misericordia – che in quest’anno giubilare è riversata sulla Chiesa abbondantemente – ha voluto donarci il suo sacerdozio. Ci ha resi sacerdoti nel battesimo, in modo diverso nel sacramento dell’ordine, ma tutti a pieno titolo e in modo reale con Lui e in Lui diamo voce alla creazione, quella creazione di cui abbiamo poco fa ascoltato il racconto, redatto con lo spirito semplice di chi sa ancora stupirsi.

Abbiamo ascoltato come la promessa di Dio si compie nella fede di Abramo; Dio parla e l’uomo ascolta, l’uomo è chiamato a rispondere al dono di Dio e il dono di Dio si manifesta nella storia. Abbiamo ascoltato la liberazione dalla fornace di fuoco che è l’Egitto e il popolo che viene salvato dagli idoli, quegli idoli che rinascono continuamente in ogni generazione, in ogni cultura, in ogni uomo, in ogni donna. Abbiamo ascoltato le promesse dei profeti, il “cuore di carne” e come la parola di Dio non corre invano ma che, una volta annunciata, ritorna a Lui portando frutto. E abbiamo sentito proclamare il mistero della vita in Cristo annunciato da san Paolo.

Abbiamo vissuto, stiamo vivendo, la totalità della salvezza nel dono grande dell’azione liturgica che è centro, vertice e compimento della vita ecclesiale.

A tutti, in particolare a voi catecumeni, auguro una Pasqua che segni l’inizio di un rapporto personale e comunitario più ricco di fede, capace di pregare e quindi di incontrare nella preghiera quella carità che è atto di adorazione. Chi adora Dio sa anche e sempre servire i fratelli.

Buona Pasqua a tutti!