Omelia del Patriarca nella solenne azione liturgica del Venerdì Santo (Venezia / Basilica Cattedrale di San Marco, 10 aprile 2020)

10-04-2020

Solenne azione liturgica del Venerdì Santo

(Venezia / Basilica Cattedrale di San Marco, 10 aprile 2020)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Cari fratelli e sorelle,

siamo arrivati al cuore del Triduo, perché la Risurrezione è “contenuta” nella croce.

Sono i giorni più tristi per Satana, il demonio, perché sono i giorni in cui si concretizza la sua sconfitta, come abbiamo ascoltato dalla prima e dalla seconda lettura, vale a dire il profeta Isaia e l’omelia biblica della lettera agli Ebrei che ha come oggetto proprio Cristo sacerdote.

Abbiamo ascoltato in questi due testi dove e come è stato sconfitto Satana: nell’umiltà. L’unica cosa che Satana non riesce ad essere e a fare è compiere un atto di umiltà. Dio sconfigge Satana mostrando a Satana come nell’umanità del Figlio è possibile l’umiltà. Noi siamo all’interno della Risurrezione nel momento in cui cogliamo il senso vero della croce. E il senso vero della croce è l’umiltà.

Se rileggerete con attenzione nelle vostre case i primi due testi, potrete cogliere questa strategia di Dio che è l’umiltà. Ma è un atteggiamento fondamentale di Dio l’umiltà, perché l’umiltà è propria di chi è onnipotente.

Con voi, però, voglio oggi soffermarmi sul Passio che si pone come un massiccio montuoso che è impossibile non cogliere, non vedere, non percepire. E il Passio è il giudizio sul mondo.

È dalla croce – come dice il prefazio della Passione – che Dio giudica il mondo, è dalla croce che viene il giudizio sul mondo. E, allora, dato che la croce ha delle premesse, il Passio è parte integrante della croce stessa.

I vari personaggi – che si affollano nella narrazione di Giovanni e si susseguono – ripropongono quelli che sono i tipi umani, gli atteggiamenti umani.

Nella storia, ad esempio, ci sono tanti traditori, in ogni epoca, in ogni tempo; non c’è solo Giuda che diventa, semmai, l’emblema di un atteggiamento umano.

Ma nel Passio vengono presentati anche i burocrati del potere. Anna non era il sommo sacerdote in carica ma apparteneva alla cerchia, alla famiglia dei sommi sacerdoti, e continuava a detenere un potere tanto grande al punto che Gesù, prima di essere portato da Caifa, il sommo sacerdote in carica in quell’anno, viene portato da Anna. Coloro che stanno sempre a galla, che comunque ci sono sempre….

Abbiamo poi la figura di Caifa, sommo sacerdote in carica, che è il cinico calcolatore: “È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo” (Gv 18,14). Non fa la profezia biblica dell’Unico che salva il tutto, del resto che diventa l’unico Salvatore, ma pensa che quel Gesù potrebbe creare dei problemi di ordine pubblico e si sapeva come agivano i Romani, quando arrivavano le loro legioni non rimaneva più niente in piedi…

Ci sono poi anche i buoni fragili, i buoni impreparati: Pietro e gli apostoli. Sono buoni, ma non riescono a pregare neanche un’ora con il Signore perché avevano freddo, perché avevano paura, perché erano stanchi.

Troviamo quindi la folla, che si lascia manipolare. La storia del mondo e le rivoluzioni, molte volte, hanno questa matrice: qualcuno che muove, manipola e plagia gli altri.

Poi abbiamo ancora i magistrati, i politici. Pilato era una sorta di Procuratore della Repubblica, Prefetto e Presidente del Tribunale. E Pilato mostra di essere molto attaccato al suo potere. Sa che Gesù è innocente – lo dice anche – ma quando gli dicono che Gesù si è “fatto” re e chi si fa re è nemico di Cesare e, se tu non lo condanni, sei nemico di Cesare e ne pagherai le conseguenze… allora ecco che Pilato si rivela un debole e un fragile, anche se sembra essere colui che ha in mano tutto. Non ha in mano neanche se stesso.

Infine, non dimentichiamoli, c’è anche la categoria dei buoni “a metà”, i buoni “a senso unico alternato”, i buoni “ad intermittenza”. Come. Giuseppe d’Arimatea, discepolo “di nascosto, per timore…” (Gv 19,38), lo abbiamo appena ascoltato. O come Nicodemo, che andava dal Signore, ma di notte, perché gli altri non lo sapessero…

Cari fratelli e sorelle, queste persone non sono solo quelle che incontriamo. Purtroppo, certe volte e  di volta in volta, anche noi siamo Pilato e Giuda, Caifa e Anna, Pietro e gli apostoli, Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo. Nel nostro cuore c’è una “fettina” che appartiene ad ognuna di queste tipologie umane.

Il Venerdì Santo è una giornata in cui possiamo riprendere in mano il nostro cuore, perché – come dice Gesù – è dal cuore che esce fuori il bene e il male dell’uomo.

C’è poi sullo sfondo – e la voglio indicare con forza – la questione dominante: è la questione della verità. Su tale questione Gesù interrompe il discorso con Pilato e non dialoga più.

Gesù aveva detto: “Tu lo dici: io sono Re… per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità”. E allora Pilato risponde: “Che cos’è la verità?” (Gv 18, 37-38). A che cosa serve la verità? Ci è utile? O la verità ci crea solo dei problemi? E qui Gesù interrompe il dialogo.

Lo riprenderà solo dopo quando Pilato dice: “Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?”. E allora Gesù afferma la verità di Dio, l’unico Signore della storia: “Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consengato a te ha un peccato più grande” (Gv 19, 10-11).

La questione della verità, che diventa sincerità o menzogna e sta all’inizio di ogni peccato, di ogni reato, di ogni crimine. Un reato, un crimine, nasce sempre dal negare qualcosa che sarebbe da affermare. E la verità, il peccato contro la verità, inizia quando io non dico la verità che dovrei dire; non inizia solo con la bugia, con la menzogna.

La questione grande della verità, che potrebbe mettere a posto l’animo degli uomini e la convivenza nelle città e nei paesi, che potrebbe essere la vera politica internazionale. Ogni guerra, infatti, nasce da una bugia.

Nella storia – ce lo dice il Passio – ci sono, infine, anche le “minoranze significative” che sono sconfitte dal punto di vista storico ma che, in realtà, sono il seme di novità, di salvezza e di vita.

Ai piedi della croce troviamo la madre di Gesù, alcune donne e Giovanni…Viva le donne! Qui c’è un uomo solo – Giovanni, il discepolo – e un certo numero di donne. Questa minoranza, che agli occhi della storia pare sconfitta, in realtà è il germe della novità. “Donna ecco tuo figlio!”; “Ecco tua madre!” (Gv 19, 26-27).

La Chiesa è santa per la santità di Cristo e poi è fatta anche di tanti peccatori ma, appunto, è santa della santità di Cristo. È proprio da queste minoranze – forse sconfitte storicamente – che si sviluppa la salvezza del mondo.

Il Venerdì Santo ci aiuti, dunque, a riflettere. Prendiamoci un po’ di tempo, qualunque età abbiamo, e riflettiamo sulla nostra vita alla luce di questa parola di Dio.

 

 

 

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