Omelia del Patriarca nella S. Messa solenne per la Festa del patrono S. Michele Arcangelo (Mestre / Duomo S. Lorenzo, 29 settembre 2023)
29-09-2023

S. Messa solenne per la Festa del patrono S. Michele Arcangelo

(Mestre / Duomo S. Lorenzo, 29 settembre 2023)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Stimate autorità, cari confratelli nel sacerdozio, comunità cappuccina di Mestre, diaconi, persone consacrate, fedeli laici, siamo convenuti questa sera in Duomo per la celebrazione eucaristica nella festa di san Michele, patrono della città di Mestre, e dei Santi Arcangeli.

Un particolare e riconoscente saluto va al Questore, alle donne e agli uomini della Polizia di Stato che venerano, in san Michele, il loro patrono.

Aiutati e sollecitati dalle letture bibliche appena proclamate, vorrei soffermarmi a riflettere su un aspetto particolare: la sapienza e il discernimento. Senza queste virtù l’uomo fa poca strada e anzi fa molti danni. Sono virtù decisive per la vita di tutti, sia per i fatti quotidiani (personali o familiari) sia per quelli che riguardano la vita della società nell’ottica del bene comune e che chiamano in causa anche chi ha specifici compiti e doveri in tale ambito. Aiutano i bambini, gli adolescenti e i giovani ad essere persone sagge; si può essere saggi anche quando si è molto giovani e si può essere stolti anche alla fine della vita, nonostante l’esperienza degli anni.

La prima lettura (Dn 7,9-10.13-14) è tratta dal libro del profeta Daniele e ci propone una visione (notturna) in cui si scruta il presente e il futuro per coglierne il senso e la prospettiva. La seconda lettura (Ap 12, 7-12), tratta dal libro dell’Apocalisse, ci parla di una “guerra” scoppiata in cielo; determina il cambiamento di scenario prodotto dalla vittoria di Cristo sull’ “accusatore” (l’avversario, il nemico, il divisore, il mentitore) e, quindi, dal compimento del disegno di salvezza. Il brano del Vangelo (Gv 1,47-51), infine, si apre con Gesù che si rivolge a Natanaele definendolo “un Israelita in cui non c’è falsità” e rivolgendogli così uno dei complimenti più belli.

Il male, prima di essere una scelta e un atto, è l’aderire alla non verità e che dire, allora, di un’epoca che ha teorizzato con strumenti filosofici un pensiero debole, un pensiero fragile? Poi lo hanno chiamato anche pensiero “umile”, ma è un pensiero che non ne vuole sapere della verità, un pensiero comodo… Se c’è un pensiero debole, inoltre, c’è anche un amore debole e se c’è un amore debole c’è una memoria e una volontà debole… E così, alla fine, tutto non sta più insieme.

Poiché non possiamo negare qualcosa in modo assoluto, succede che prendiamo una parte di verità e la facciamo diventare il tutto: ad esempio, l’uomo è intelligenza… e se manca l’amore? Certe intelligenze, nella storia dell’umanità, che cosa hanno prodotto? Ma poi un amore che non è sostenuto dal vero è una bugia, una menzogna!

La nostra società deve tornare a fare i conti con la verità e la verità è più grande di chi parla e di chi ascolta; è qualcosa che obbliga due persone che stanno dialogando ad andare oltre le loro parole.

Quanto è importante nella vita di una persona, di una famiglia e di una comunità fare i conti con la verità ed avere la saggezza e la capacità di discernere, di fermarsi e fare il punto della situazione (dove sto andando e come ci sto andando?), non tanto secondo il criterio del guadagno, del successo o delle scadenze in agenda, ma in chiave “sapienziale”.

I nostri atti sempre ci costruiscono e cambiano (in bene o in male) e per questo – tanto più se la vita si presenta con questioni sempre più incalzanti, ritmi più frenetici e carichi di tensione e preoccupazioni – è ancor più necessario sapersi fermare il tempo necessario e sforzarsi ad interpretare ogni situazione, come ci indica l’Apocalisse, alla luce delle cose che rimangono ed hanno veramente valore.

Le nostre scelte sono sempre importanti, sia se sono fatte per il bene oppure se hanno di mira un vantaggio personale e accettano che il male possa entrare a far parte della nostra vita. Per questo è importante lavorare e investire sulla propria personale responsabilità – quella che, ad esempio, porta Gesù a dire: in quest’uomo non c’è falsità – accettando la lotta interiore.

Ogni giorno dobbiamo, infatti, combattere contro il nostro uomo vecchio, contro l’affermazione di noi stessi e l’autoreferenzialità, contro la tentazione di imboccare strade semplici e facili che, però, non sono quasi mai le strade del vero, del buono, del bello. Questa lotta inizia e si compie in noi, nella nostra persona, in ciascuna persona, ed ha certamente implicazioni innanzitutto nel contesto della famiglia, primo ed essenziale nucleo della società, alle prese, a sua volta, con un compito educativo sempre più delicato e faticoso.

Di san Benedetto – consiglio a tutti la lettura della sua Regola (sintetizzata in tre parole: ora, labora et stude) – il suo primo biografo Papa Gregorio Magno (un benedettino) scrisse che si sentì pronto per diventare abate e guidare gli altri monaci quando superò tre realtà che lo avviluppano: l’autoreferenzialità, la sensualità e l’incapacità di perdonare. Se non riusciamo a superare queste tre forze negative non siamo pronti a guidare gli altri. Com’è bello incontrare persone che hanno fatto i conti con la verità di se stesse! Sono sempre persone umili perché hanno dovuto combattere, hanno conseguito vittorie e sconfitte.

La problematica educativa non è tanto (o solo) legata al fatto che ci possono essere contesti difficili, ma è condizionata spesso dalla mancanza di veri maestri e testimoni. E il testimone ci dice la verità della sua testimonianza non quando si racconta o si “narra”, ma quando paga di persona: è questa la prova del nove che chi ci sta davanti ci prende sul serio e si prende sul serio.

Genitori, educatori, adulti, insegnanti – ognuno nel proprio ambito – sono chiamati a plasmare le coscienze non dicendo o ordinando che cosa fare ma educando alla libertà. Aiutiamo i nostri giovani a crescere!

Vita interiore, discernimento e sapienza sono fondamentali: ecco allora l’esigenza forte di saper fare chiarezza dentro di sé, di fermarsi, di scrutare l’orizzonte e guardare avanti con lungimiranza. Bisogna saper immaginare e vedere il futuro per dare un senso al nostro presente.

L’Arcangelo San Michele – che ci viene presentato dalle Scritture come il “combattente” per eccellenza – ci indica (già col suo stesso nome) che cosa e Chi è più importante, Chi è il vero Signore, ossia Colui che rimane e per cui vale la pena vivere e lottare.

La sua intercessione ci aiuti a comprendere l’importanza di ricercare la sapienza, il discernimento, la vita interiore e di saper scrutare quello che è avvenuto, quello che sta avvenendo o che potrebbe avvenire. A cominciare da noi stessi, dal nostro io interiore: chi sono, cosa sto facendo, perché e come lo sto facendo?

San Michele accompagni e sostenga l’impegno e le fatiche di ciascuno di noi, di tutte le persone e famiglie che vivono in questa città, delle varie comunità che la compongono – e che desidero incontrare, una ad una, continuando in questi mesi la Visita pastorale -, di chi ha a cuore il bene e il futuro di Mestre e dei suoi abitanti.

La Beata Vergine Maria, Regina degli Angeli e degli Arcangeli, ci accompagni nelle vie del nostro uomo interiore e per le strade della città di Mestre.