Omelia del Patriarca nella S. Messa presso l’Ospedale San Raffaele Arcangelo dei “Fatebenefratelli” (Venezia, 27 settembre 2019)
27-09-2019

S. Messa presso l’Ospedale San Raffaele Arcangelo dei “Fatebenefratelli”

(Venezia, 27 settembre 2019)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari fratelli e sorelle, ringrazio per le parole che mi sono state rivolte e per il ricordo rivolto al diacono Gianfranco ma vogliamo ricordare oggi anche tutti quelli che hanno lavorato e lavorano in questa struttura che è così importante perché qui ci si prende cura, si accompagna, si sostiene. E questa cura e questo accompagnamento sono rivolti direttamente agli ospiti ma credo sia sempre più importante, anche alle luce degli eventi di questi giorni, rivolgersi con particolare attenzione ai familiari che molte volte sono provati, altre volte sono fragili a loro volta, altre ancora sono confusi.

Vorrei soffermarmi brevemente, poiché siamo nel momento liturgico, sulla prima delle tre letture, quella tratta dal libro di Tobia. Ci sono vari “personaggi” in questa avventura, in questa vicenda che, forse, ha un nucleo di realtà ma che poi è stata infiorita, arricchita ed enfatizzata da un punto di vista poetico. Tutto questo non toglie, comunque, l’idea che questo libro – il libro di Tobia – vuole trasmetterci: Dio ha cura degli uomini.

Tra i protagonisti c’è il vecchio Tobi (raffigurato nel quadro sopra la sedia del celebrante) il figlio Tobia e la moglie di Tobi che mette a prova ulteriormente la fede del marito il quale, compiendo un atto di carità che avrebbe potuto non compiere, finirà per portare sul suo corpo una menomazione grave (la cecità). Altro personaggio femminile è Sara che sposerà Tobia e che è provata in ciò che sta più a cuore nella vita di una donna: la realizzazione affettiva, essere sposa ed essere madre, non una tematica secondaria, quindi, ma qualcosa che riguarda profondamente la vita della donna

E poi abbiamo la presenza di spiriti. Ad un grande teologo del secolo scorso (Jean Daniélou) fu rivolta questa domanda: “Lei crede agli angeli?”. La sua risposta fu: rispose: “Certo!“. E, alla replica – “Ma ormai nessuno crede più agli angeli…” -, quel teologo divenuto cardinale – senza scomporsi – aggiunse: “Per questo oggi sono pochi anche quelli che credono in Dio”. Se ammettiamo il principio che la ragione strumentale, la ragione che verifica, la ragione scientifica, è tutto… allora dimentichiamo altri usi della ragione: l’etica, per esempio, l’arte, la filosofia ecc.

Sì, esistono anche quegli spiriti beati, che noi chiamiamo “angeli” – e la rivelazione ci assicura che esistono – e che sono espressione dell’amore di Dio. Voi sapete che l’amore di Dio c’è o non c’è; di fronte all’amore noi non possiamo essere neutri, neutrali: o si ama o non si ama. E allora ecco che di fronte a questa presenza angelica c’è anche una presenza demoniaca, quella che tormentava Sara e la sua vicenda matrimoniale.

La prima lettura non è altro che il rivelarsi alla fine di tutto (siamo nel penultimo capitolo del libro di Tobia); l’arcangelo Raffaele finalmente si rivela. Ha agito in queste vicende che hanno avuto come protagonisti questi personaggi, li ha aiutati, li ha accompagnati, li ha messi alla prova. E alla fine si rivela.

Oggi, però, vorrei spendere una parola sull’attualità da questo luogo perché credo che sia particolarmente idoneo e adatto, perché è un luogo – come dicevo – di accompagnamento e di sofferenza, dove la vita non è più efficiente e produttiva da parte di persone che sono state magari più efficienti e produttive di noi negli anni che hanno preceduto questo momento della loro esistenza.

In questi momenti noi abbiamo visto, di nuovo, la fragilità della politica italiana. È dell’altroieri il pronunciamento della Consulta che ha ritenuto non più punibile – a determinate condizioni – chi agevola il proposito del suicidio. La Corte Costituzionale ha così riconosciuto la possibilità di ricorrere a quella che, alla fine, è una morte a comando poiché di questo si tratta, al di là del fatto di rispettare un determinato protocollo. La nostra società ha ridotto l’etica a questo: rispettare determinate regole. Basta che io rispetti determinate regole e l’etica – secondo questa visione, molto funzionale – è salva.

C’è stato il no forte dei medici, che si sono espressi in modo molto chiaro e che ora chiedono che sia un altro a decidere chi deve morire, che sia un pubblico ufficiale a dirlo, poiché i medici sono, invece, chiamati a far di tutto per guarire le malattie ed accompagnare le persone in ogni momento. L’accanimento terapeutico è un’altra cosa, su cui bisognerebbe valutare e riflettere profondamente. La medicina, nella circostanza di cui noi stiamo parlando, invece, asseconda la volontà di morte del malato e fornisce assistenza.

Il Santo Padre ha detto di recente: “Si deve respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamente la morte con l’eutanasia” (Papa Francesco, Discorso durante l’incontro con la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, 20 settembre 2019).

La vita non è un fatto confessionale, non è un problema della Chiesa o dei Vescovi; è un problema dell’uomo, della nostra società e civiltà. La preoccupazione, ora, è per l’inevitabile spinta culturale implicita che può derivarne e può essere raccolta dalla nostra società, particolarmente dai malati e dai parenti dei malati. Si va così verso una visione utilitaristica della vita. Ma poi io pongo mano ad una questione che è fondamentale perché credo che – al di là dell’orientamento ideale di fede che uno può avere – possa far riflettere su un punto che riguarda l’umano.

La persona è ancora al centro? Oppure al centro di tutto si pone una volontà e una decisione fragile di una persona provata e lasciata sola? La strada che si seguirà ora sarà quella di enfatizzare e mettere in primo piano le sofferenze reali di persone che, certo, non possiamo dimenticare ma… quanto ha investito il sistema sanitario nazionale sulle cure palliative e quanto ha investito per creare centri e reparti attrezzati per un degno accompagnamento e per questo tipo di patologie? E facciamo attenzione quando parliamo di malattie inguaribili, perché si apre un ventaglio enorme di possibilità… Diventerà sempre più difficile dire di sì alla vita fragile. Stupisce poi che la Corte Costituzionale non abbia nemmeno menzionato l’obiezione di coscienza: perché qui non si dà spazio e libera cittadinanza a questo diritto fondamentale dell’uomo?

Non so davvero quale pagina abbiamo scritto, in questi giorni, nella storia che riguarda le persone più fragili. Oggi gli altri, domani forse io… Quante volte un accompagnamento congruo ci ha aiutato e ci ha dato forza e quante volte, invece, l’abbandono ci ha gettato nella disperazione!