Omelia del Patriarca nella S. Messa per Ufficiali e Carabinieri del Comando Provinciale di Venezia in onore di Maria “Virgo Fidelis”, Patrona dell’Arma dei Carabinieri (Venezia / Chiesa parrocchiale S. Zaccaria, 22 novembre 2019)
22-11-2019

S. Messa per Ufficiali e Carabinieri del Comando Provinciale di Venezia in onore di Maria “Virgo Fidelis”, Patrona dell’Arma dei Carabinieri

 (Venezia / Chiesa parrocchiale S. Zaccaria, 22 novembre 2019)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Comandante, donne e uomini dell’Arma, autorità, fedeli,

viviamo con gioia questa celebrazione che ci riunisce dinanzi alla figura amorevole e materna di Maria che noi Veneziani invochiamo, soprattutto in questi giorni difficili per la città, col titolo a noi caro di “Madonna della Salute” – dove “salute” sta, innanzitutto, per “salvezza” – e che voi, donne e uomini dell’Arma, invocate col bel titolo di “Virgo fidelis” indicando, in tal modo, il senso della vita di Maria caratterizzato dalla fedeltà alla missione ricevuta da Dio, da Lei accolta e portata a compimento.

La Vergine, “beata perché ha creduto”, è rimasta fedele ed è la prima destinataria dell’elogio di Gesù che noi abbiamo sentito risuonare pochi attimi fa nel Vangelo secondo Marco: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mc 3,35).

Ben si addice, quindi, una tal patrona all’Arma. I carabinieri, da oltre un secolo, hanno per motto “Nei secoli fedele”. E Costantino Nigra, nella sua lode, dice: “Sol del dover, usi obbedir tacendo”.

Essere “fedeli” è, quindi, parola d’ordine, nella vita del Carabiniere.

Fedeli a chi? Fedeli a cosa? Fedeli, innanzitutto, all’esigenza morale – che attraversa la storia dell’uomo – di perseguire e praticare la giustizia, di garantire e promuovere la libertà e la dignità delle persone attraverso leggi giuste, ordinate al bene comune, innanzitutto da rispettare e far rispettare.

La fede cristiana, fin dagli inizi, con le sue istanze etiche ha manifestato l’“efficacia” e anche il suo valore sociale nel creare comunità ordinate, capaci di crescere e svilupparsi nel bene, nella libertà, nella giustizia senza lasciar indietro o scartare nessuno.

Già Sant’Agostino, nel IV secolo, contestava l’affermazione (o, se vogliamo, il pregiudizio) secondo cui gli insegnamenti di Cristo sarebbero dannosi allo Stato e, in una famosa risposta a Marcellino, scrive: “…coloro che affermano che la dottrina del Cristo è nemica dello Stato, ci diano un tale esercito, quale la dottrina di Cristo volle che fossero i soldati: ci diano tali provinciali, tali mariti, tali sposi, tali genitori, tali figli, tali padroni, tali servi, tali re, tali giudici, infine tali contribuenti e tali esattori del fisco, quali prescrive che siano la dottrina cristiana, e poi osino chiamarla nemica dello Stato e non esitino piuttosto a confessare che, se essa fosse osservata, sarebbe la potente salvezza dello Stato” (Agostino d’Ippona, Epistola 138,15).

La necessità di difendere la vera libertà e l’esigenza insopprimibile della giustizia e di leggi “giuste” erano ben presenti già a quel tempo, tanto che in molte pagine della “Città di Dio”, sant’Agostino tocca questi temi e vede tutta la complessità e anche la malvagità a cui l’uomo può costringere altri uomini inquinando e rendendo patologica la vita di una comunità e di una società.

“Se non è rispettata la giustizia – scriveva –, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati? È pur sempre [la banda di briganti] un gruppo di individui che è retto dal comando di un capo, è vincolato da un patto sociale [le regole della camorra, della mafia, dell’ndrangheta ecc.] e il bottino si divide secondo la legge della convenzione. Se la banda malvagia aumenta con l’aggiungersi di uomini perversi tanto che possiede territori, stabilisce residenze, occupa città, sottomette popoli, assume più apertamente il nome di Stato che gli è accordato ormai nella realtà dei fatti non dalla diminuzione dell’ambizione di possedere ma da una maggiore sicurezza nell’impunità” (Agostino d’Ippona, De civitate Dei, 4,4).

Ecco perché – e qui cito un pensiero di Benedetto XVI – “un mondo che si deve creare da sé la sua giustizia è un mondo senza speranza. Nessuno e niente risponde per la sofferenza dei secoli. Nessuno e niente garantisce che il cinismo del potere – sotto qualunque accattivante rivestimento ideologico si presenti – non continui a spadroneggiare nel mondo” (Benedetto XVI, Enciclica Spe salvi n. 42).

È bello e opportuno, quindi, tornare a rivolgersi alla “Virgo Fidelis” perché ci sia Consolatrice e Ausiliatrice, rifugio e sostegno nella ricerca e nella pratica della verità e della giustizia, per “essere forti nella fede, saldi nella speranza, perseveranti nell’amore”, come abbiamo pregato nella Colletta della Messa di oggi.

Ricorriamo a Lei con fiducia – ognuno di voi lo faccia – sapendo che la Santa Vergine ha un cuore di Madre, attenta e premurosa verso tutti i suoi figli dei quali, per Lei, nulla e niente è irrilevante.

Grazie a voi, donne e uomini dell’Arma, per quello che fate nell’ordinario adempimento dei vostri compiti, per la generosità e lo spirito di sacrificio che sempre vi accompagna ed anche per quello che nei momenti più difficili della vita della nostra città e del nostro Paese fate nell’opera di formazione, prevenzione, contrasto e indagine.

La Virgo Fidelis, vostra grande e amatissima Patrona, vi guidi sempre nei momenti difficili del vostro lavoro e benedica le vostre famiglie e i vostri progetti.

Un ricordo doveroso e particolare a coloro che, nel compiere il loro servizio, hanno perso la vita e ai loro familiari.