Omelia del Patriarca nella S. Messa per l’inizio dell’anno accademico 2022/23 delle Università (Venezia / Chiesa parrocchiale dei Tolentini, 1 dicembre 2022)
01-12-2022

S. Messa per l’inizio dell’anno accademico 2022/23 delle Università

(Venezia / Chiesa parrocchiale dei Tolentini, 1 dicembre 2022)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

è una gioia poter celebrare insieme l’Eucaristia d’inizio anno accademico nei primi giorni d’Avvento, un tempo breve e contraddistinto dall’atteggiamento dell’attesa e dalla gioia e illuminato dalla figura di una donna che rappresenta l’attesa credente dell’intera umanità.

La liturgia della Chiesa (azione per il popolo) e, conseguentemente, il tempo liturgico chiedono una sintonia interiore che parli alla nostra vita.

Il tempo d’Avvento, insieme a quello del Natale che lo compie, è il tempo più breve nell’anno liturgico in cui siamo chiamati, con la Chiesa, a rivivere i misteri di Cristo.

L’Avvento è un tempo contrassegnato dalla gioia e dell’attesa in cui campeggia un volto di donna che, dinanzi a Dio, tiene il posto dell’intera umanità.

Maria, infatti, è quell’umanità al femminile interpellata e coinvolta non solo “spiritualmente” ma in tutta la sua realtà. Per usare l’espressione paolina: spirito, anima e corpo (cfr 1 Ts 5,23).

“Con il passo giusto” dobbiamo entrare quindi nel tempo dell’Avvento, lasciandoci coinvolgere non “solo” in modo spirituale e, quindi, di fatto “non” lasciandoci coinvolgere, ma nella totalità della nostra realtà personale. Dobbiamo preparare la via del Signore nella nostra vita personale che è fatta di spirito, anima e corpo. Lo spiritualismo è un’eresia cristiana mentre la retta fede cristiana coinvolge tutta la persona, entra nella carne, nel sangue e nella storia delle persone.

Tante tiepidezze o prese di distanza che ci riguardano o che vediamo intorno a noi sono riconducibili ad una tale mancanza di realismo, quel realismo che contrassegna e plasma strutturalmente il cristianesimo e dovrebbe distinguere la vita di tutti i discepoli e le discepole del Signore.

Pensiamo ai misteri fondanti il cristianesimo: il Natale – ”Il Verbo si è fatto carne” –, la Pasqua – “Davvero è risorto ed è apparso a Pietro”, l’Eucaristia – “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue” –, la Misericordia del perdono – “Ti sono rimessi i peccati” –.

Ecco il realismo dell’incarnazione, il realismo della risurrezione, il realismo dell’eucaristia, il realismo della remissione dei peccati, ossia il realismo cristiano, il realismo della vita nuova del discepolo e i santi ci dicono che questa vita nuova è possibile!

Lo scandalo permanente del cristianesimo per la modernità, dinanzi ad ogni cultura ed epoca, è che nel concreto singolare sia contenuto l’universale, il tutto; è il ragionamento di san Paolo circa la risurrezione dei morti (cfr. 1Cor 15, 12-ss.).

Ogni sequela di Gesù – ogni vita cristiana – si modula, realizza o fallisce, ossia s’infrange, a partire dal realismo della fede. Ecco perché dobbiamo entrare in questo tempo d’Avvento “con il passo giusto”, che vuol dire guardare al Signore Gesù mantenendo viva la proposta realista “forte” che sta alla base – o che dovrebbe stare alla base – di ogni “sì” cristiano.

Tale proposta “forte” domanda un rapporto personale e quotidiano col Signore, un rapporto da coltivare con la preghiera e l’ascolto credente della sua Parola.

Un docente universitario della prestigiosa (e allora anticlericale) Università Federico II di Napoli, il professore Giuseppe Moscati, era solito dire: domani ha un’agenda con più impegni di oggi, domani dovrò trovare più tempo di oggi per pregare. Sì, il tempo della preghiera va difeso e programmato quotidianamente.

La vita cristiana è una proposta rivolta alla libertà della persona; nella Chiesa, infatti, tutto porta frutto solo a partire da una comunità che liberamente crede, spera e ama nonché dalla dedizione appassionata di chi vive con generosità e porta a compimento, con sincerità, il proprio “sì” battesimale.

Dobbiamo camminare “insieme”, camminare “con il passo giusto”, con passo sereno e gioioso verso la luce di Betlemme, la luce del Signore Gesù. E “con il passo giusto” significa tener insieme e far fiorire la nostra realtà antropologica nella sua compiutezza: “spirito, anima e corpo” (1Ts 5,23).

Ogni persona, quindi, è questa “realtà complessa” e lo è in modo imprescindibile; l’uomo è, infatti, un “tutto” costituito di “spirito, anima e corpo”. Spesso, in nome di un falso spiritualismo, si disattende la corporeità che non può essere tralasciata se vogliamo rimanere nell’antropologia cristiana.

Le visioni del postumano e del transumano che considerazione hanno del corpo e che tipo di rapporto instaurano col corporeo? C’è un rapporto inscindibile tra umano, biologico, teologico; è un rapporto che va valorizzato.

La Vergine Maria sta di fronte a Dio con tutta la sua persona, è la donna dell’Annunciazione, una libertà pienamente umana che si apre a Dio nel “sì” sponsale e materno; è Colei che sta di fronte a Dio in tutta la sua realtà a partire dalla sua umanità al femminile e rappresenta non una parte dell’umanità ma tutta l’umanità nella sua realtà personale (umano, biologico, teologico).

Il “sì” libero e credente di Maria chiama in causa la sua carne, rendendola sposa e madre; in tal modo la sua femminilità e la sua verginità feconda sono il fulcro stesso, il centro, la pienezza, il compiersi della storia della salvezza. Maria è l’antropologia cristiana compiuta; in Lei c’è già il Cristo (lo porta in grembo) e conseguentemente la Chiesa nascente.

Maria di Nazareth, donna, sposa, madre, vergine, è il compimento del piano di Dio: “Quando venne la pienezza dei tempi Dio mandò suo figlio nato da donna, nato sotto la legge” (Gal 4,4). Nel suo essere femminile Maria è la garanzia della consistenza della creazione dinanzi a Dio creatore; Dio la interpella volendo la sua libertà. E quello di Maria sarà un “sì” pieno che riguarderà il suo spirito, la sua anima, il suo corpo; così Maria porterà, in sé, ogni dimensione antropologica e, quindi, “con il passo giusto” attende ma va anche verso il Signore.

Dalle letture di questi primi giorni d’Avvento – in ogni situazione, anche quelle più difficili, confuse e di maggiore fragilità – dobbiamo saper crescere nella virtù cristiana ed umana della speranza, da testimoniare e trasmettere.

“Chiunque ascolta queste mie parole – dice Gesù – e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia” (Mt 7,24-25).

La vera forza e la vera fiducia risiedono nella misericordia di Dio che si manifesta nella notte santa di Betlemme. Camminiamo, come la Beata Vergine Maria, “con il passo giusto” verso la luce di quella notte.