S. Messa nella solennità del patrono San Marco Evangelista
(Venezia / Basilica Patriarcale di San Marco, 25 aprile 2023)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Ringrazio innanzitutto il Signor Sindaco, il dottor Luigi Brugnaro, il Signor Prefetto, il dott. Michele di Bari, le autorità civili e militari, per la loro presenza che dice quanto sia stretto il legame che unisce la città all’evangelista Marco.
Un saluto al Vescovo ausiliare Athenagoras di Terme, Vicario metropolitano per il Triveneto della Diocesi greca d’Italia, e alla signora Gudrun Terborg, referente per l’Ecumene della Chiesa Luterana di Venezia.
A tutti l’augurio di una buona festa di San Marco con l’invocazione “Pax tibi Marce evangelista meus”; è il motto che campeggia sul leone alato e che, oggi, più che mai, richiama il bisogno di pace come ci ricorda spesso Papa Francesco. La richiesta è semplice: una pace giusta per l’Ucraina e ovunque nel mondo, laddove si combattono tante guerre dimenticate.
Per la Chiesa e la città di Venezia è un privilegio avere come patrono l’evangelista e martire Marco di cui in questa Basilica Cattedrale, nota in tutto il mondo, sono custodite le spoglie. Celebrare la festa, proprio in questo luogo, è un motivo di grande gioia.
L’evangelista Marco ci riporta alle sorgenti del Vangelo, alla persona di Gesù, alla Chiesa nascente, alla Chiesa degli Apostoli, entrando così in relazione con quanti hanno conosciuto personalmente il Signore.
Come sappiamo, Marco è figura importante della Chiesa primitiva, fu a stretto contatto con gli apostoli Pietro e Paolo. Di Pietro fu anche il segretario e sappiamo, quindi, è stato molto vicino all’apostolo che Gesù aveva scelto come fondamento di unità della Chiesa.
Il Vangelo identifica Marco col ragazzo avvolto in un lenzuolo che fugge al momento dell’arresto di Gesù nell’Orto degli Ulivi (cfr. Mc 14,50-52). Gli Atti degli Apostoli lo menzionano con il nome di Giovanni Marco e narrano come l’apostolo Pietro, dopo la liberazione dal carcere, si recò proprio nella casa della sua famiglia che faceva parte della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme (cfr. At 12,12).
Sì, è un grande dono – di cui dobbiamo esser più consapevoli – avere per patrono l’evangelista Marco e custodire le spoglie di una persona eminente della Chiesa apostolica. Sì, è un privilegio ed una responsabilità per la Chiesa e la città di Venezia.
Abbiamo appena ascoltato la chiusura del Vangelo di Marco (cfr. Mc 16,15-20), le ultime parole di Gesù ai discepoli: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,15-16).
È una fede che diventa “sì pieno” alla vita cristiana, vivendone la realtà sacramentale. Il cristianesimo non è soltanto “imitare” il Signore Gesù, ma essere “inseriti” in Lui.
Nel battesimo – lo spiega bene la lettera ai Romani – “siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). Dobbiamo riscoprire il nostro battesimo, troppo spesso non considerato e valorizzato a sufficienza.
San Paolo, nelle sue lettere, per ben 164 volte usa l’espressione “in Cristo”, oppure “in Cristo Gesù”. Non basta, insomma, dire “sono credente” o tantomeno “sono credente ma non pratico”; siamo chiamati, infatti, ad esprimere la fede e a confessarla, giungendo a riconoscere, nella vita, Gesù come il Figlio unigenito del Padre, la forma umana di Dio.
Gesù – nella sua umanità – è la prima realtà sacramentale, ossia il segno che rende possibile l’incontro di fede che il Vangelo ha appena richiamato: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,16).
L’evangelista Giovanni narra come dal cuore di Gesù in croce sgorgano “sangue e acqua” (cfr. Gv 19.24), simbolo dei sacramenti. La Chiesa nasce con il battesimo (l’acqua) e con l’eucaristia (il sangue); il cuore aperto di Cristo in croce è il dono totale che Cristo fa di sé ad ogni uomo.
Ecco perché san Marco ci invita a valorizzare la vita cristiana come vita di fede (credere) e sacramentale (battesimo ed eucaristia). La liturgia è, ad un tempo, invito a credere e a celebrare perché la fede sia sempre più realtà che s’inserisce profondamente nella vita di ogni giorno.
Il cristiano è salvato nella Chiesa e, quindi, in una comunità e questo richiede una Chiesa missionaria, aperta al mondo; nel progetto di Dio, infatti, tutti sono pensati “in Cristo”.
Il Cristo totale nella storia è formato da quanti vivono la vita battesimale di testimonianza e che, oggi, in tempo di inverno demografico, nel matrimonio diventa l’annuncio e l’espressione di una scelta di vita fedele e feconda.
L’evangelista Marco ha segnato profondamente la Chiesa e la città di Venezia, tanto da diventarne il simbolo a partire proprio da questa basilica che identifica la città e la Chiesa di Venezia.
La fede, poi, come sappiamo, si esprime nel bello che in questo momento ci attornia e ci avvolge, come avviene anche per le tante chiese di Venezia che sono una catechesi a partire dal bello, uno degli attributi di Dio.
Lungo i secoli la Repubblica Serenissima e la città di Venezia hanno espresso la fede in opere splendide come, appunto, la Basilica di San Marco, dove tutto è espressione di fede: c’è il bello dell’arte, dell’architettura, dei mosaici, dei pavimenti, delle statue, delle vetrate e degli ornamenti, della Pala d’oro, senza dimenticare il bello della musica e del canto, che si sono trasmessi nei secoli grazie anche a valenti compositori – come Gabrieli, Galuppi, Monteverdi – al servizio della Cappella Marciana.
La fede cristiana, inoltre, genera cultura nel campo dell’educazione. E qui viene alla mente la bella tradizione rappresentata dalle scuole paritarie, da quelle dell’infanzia a quelle della formazione professionale e del recupero scolastico per gli studenti più fragili. Le scuole paritarie cattoliche sono una risorsa preziosa per la vita della nostra gente e dei nostri territori; esse costituiscono un aiuto alle famiglie e, in non pochi casi, significano prevenzione e accompagnamento per chi è in difficoltà personale o familiare, integrando, se del caso, il servizio pubblico.
Nell’intera realtà veneta le scuole paritarie dell’infanzia, in particolare, sono giunte ad avere numerosissimi allievi. Ecco perché preoccupa quando sentiamo di crescenti difficoltà e riceviamo – anche di recente – notizie di chiusure di scuole paritarie, nate da parrocchie o istituti religiosi. Venendo meno tali realtà, è l’intera società che perde tanto soprattutto per i suoi segmenti più fragili. E si rischia di perdere un grande patrimonio di passione educativa, professionalità, impegno a favore del nostro territorio, a favore di comunità intere, di famiglie, di bambini e giovani.
La fede cristiana, infine, ha generato nelle terre di san Marco molteplici forme di sostegno per e tra i lavoratori; pensiamo alle mutue, alle casse rurali, alla gestione del risparmio, alle banche “popolari” legatissime al territorio e alle persone che lo abitano. Ed ancora pensiamo all’insieme di imprese cooperative che nei differenti ambiti socio-economici hanno offerto e offrono opportunità a persone e famiglie, soprattutto svantaggiate, operando un continuo e dinamico intreccio tra persona e società, creando solidarietà e sussidiarietà e dando corpo a quelli che sono i principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa.
“Pax tibi Marce evangelista meus”: sia il nostro impegno, la nostra preghiera, in particolare oggi in cui la pace sembra merce così rara. L’intercessione dell’evangelista Marco sostenga la fede del nostro popolo e come comunità cristiane ci renda più inseriti “in Cristo”, attraverso i doni di grazia che Dio continua ad elargire alla sua Chiesa.
Buona festa di San Marco a tutti!