Omelia del Patriarca nella S. Messa per la festa della Natività della Beata Vergine Maria (Lendinara - Santuario di “Nostra Signora del Pilastrello”, 8 settembre 2015)
08-09-2015

Messa nella festa della Natività della Beata Vergine Maria

(Lendinara – Santuario di “Nostra Signora del Pilastrello”, 8 settembre 2015)

Omelia del Patriarca di Venezia mons. Francesco Moraglia

 

 

 

 

 

Carissimi,

un santuario è un luogo privilegiato nella Chiesa particolare, perché il santuario è l’esecuzione di una delle ultime volontà di Gesù in croce quando Gesù indica a Giovanni – al discepolo Giovanni – e a noi, che siamo suoi discepoli: «Ecco tua madre!» (Gv 19,27).

La “mariologia” – Maria santissima – è l’obbedienza cristologica; la devozione mariana è radicata profondamente nella fede, fa parte della storia della salvezza.

Noi oggi celebriamo la natività di Maria e che cosa si intende sottolineare nel giorno del compleanno di una persona?. La risposta è semplice: ricordiamo, sottolineiamo, ci rivolgiamo alla persona. Al suo esserci, al suo esistere. Il giorno della natività, del compleanno, è il giorno in cui si pone al centro quella persona; le si esprime il nostro rispetto, il nostro amore, la nostra gratitudine.

E qual è la sottolineatura liturgica che la Chiesa oggi fa di Maria, la madre di Gesù? L’antifona d’ingresso dice che da Lei è sorto il sole.

Io vi inviterei a recuperare l’esperienza che ormai a noi appartiene poco, perché siamo un po’ tutti cittadini e vittime dei ritmi che l’uomo si è dato e abbiamo perso il contatto con il creato; leggiamo bene l’enciclica Laudato si’. Noi abbiamo perso il contatto con i ritmi naturali. Ad esempio l’illuminazione, l’energia elettrica, quante cose buone ci dà! Ma anche come ci rende uomini ad una dimensione, dove molte volte il motore portante è il guadagno, la ricchezza.

C’è l’umanità ricca che – pensate un po’! – ha problemi di obesità (negli Stati Uniti è una malattia sociale ed ha un costo sociale) e poi c’è un’altra parte di umanità, quell’umanità denutrita che non arriva a reperire le calorie necessarie al corpo umano per poter arrivare al giorno dopo. Il ritmo dettato dall’economia e dal guadagno ha sconvolto anche i ritmi naturali…

Ma perché ho fatto questa digressione? Perché ho appena detto che la liturgia oggi ci invita a guardare a Gesù come al sole che sorge e a Maria come a colei che ci ha dato questo sole. La liturgia della Chiesa, la parola di Dio, già l’Antico Testamento ci parla di Maria come dell’aurora.

Recuperiamo allora – facendo uno sforzo una mattina ed alzandoci presto – la percezione e la visione dell’aurora: non è ancora giorno ma non è più notte. L’aurora è quel momento in cui la notte sta cedendo il passo al sole; Maria è l’aurora che annuncia il sole che sorge.

Nella vita spirituale, nella rivelazione cristiana ci sono questi elementi naturali che facevano dire a Francesco d’Assisi: “Laudato si’, mi Signore… per frate sole… per sora luna e le stelle… per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta… per frate focu…” (cfr. Francesco d’Assisi, Cantico delle Creature). E, quando ci si riconosce creature, la morte non fa più paura.

Maria è questo inizio, l’incipit, questo entrare nel mistero di Cristo. E allora c’è un sostantivo, una parola-chiave nell’interpretare la figura di Maria: umiltà. “Ha guardato all’umiltà della sua serva” (Lc 1,48). Nella prima lettura abbiamo letto: “E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda…” (Mi 5,1). Maria è di Nazareth e dal Vangelo sappiamo che Bartolomeo (Natanaele), contattato da Filippo, dice «Da Nazaret può venire qualcosa di buono?» (Gv 1,46). S. Paolo, rimeditando a fondo l’esempio cristiano, dice che Dio si serve delle cose umili, delle cose stolte agli occhi del mondo per vincere i potenti del mondo e per confondere i sapienti del mondo.

Ormai intravediamo, da vicino, il grande dono dell’anno giubilare: entrare nella misericordia di Dio! Guardate che tutti abbiamo bisogno di passare la porta della misericordia. Certo, anche fisicamente; uno dei riti importanti dell’anno giubilare è, infatti, il pellegrinaggio alla chiesa madre – alle chiese che il vescovo ha destinato – e lì passare la porta santa. Ma come andremo, come ci stiamo preparando, perché quel gesto non sia solo un cammino fisico ma un pellegrinaggio dell’anima?

Maria ci è madre. Lei, che non ha bisogno di un Giubileo della misericordia perché è immacolata. E quando noi diciamo che la Chiesa è santa, anche nella sua componente umana, diciamo una cosa verissima perché l’Immacolata ci dice che c’è stato un momento in cui la Chiesa era tutta riunita nel grembo di Maria. Maria che va verso la cugina Elisabetta, con passo frettoloso, è la Chiesa che annuncia, la Chiesa evangelizzante. E la Chiesa è tutta riunita nella prima discepola che porta nel suo grembo il Verbo incarnato: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).

La Chiesa è santa perché il capo e lo sposo è Gesù Cristo; la Chiesa è santa perché c’è la Parola di Dio e la Sacra Scrittura, perché ci sono i Sacramenti. Poi c’è la componente umana, ci siamo noi uomini, i nostri sì che, però, sono anche un po’ no… Dei sì detti al Signore, ma non oggi… domani, fra un po’…

Vedete come il dogma cattolico del Purgatorio è profondamente radicato nella situazione dell’uomo! I nostri sì non sono mai dei sì pieni, i nostri no non sono sempre voluti o cattivi, sono anche segno di fragilità, di ignoranza, di paura. Ci siamo noi uomini, nella Chiesa, e ci sono i santi. C’è Francesco d’Assisi, Benedetto da Norcia, S. Pio X, S. Giovanni XXIII e tanti altri santi della nostra Chiesa particolare e, poi, ci siamo anche noi con i nostri peccati, le nostre fragilità, con le nostre volontà di bene che non riusciamo a realizzare in casa, in famiglia, al lavoro, in parrocchia, nella città.

Nella Chiesa esiste un frammento di umanità totalmente santa. L’umanità di Cristo è nella persona dell’unico Verbo – la santa divina umanità di Cristo – e poi c’è l’umanità di Maria.

C’è qui una grande lezione che la Chiesa prende da una donna. E la donna è una grande risorsa nella Chiesa, può dire e dare quello che gli uomini non riescono a dire ed a dare. Maria è la donna che esce dalle mani di Dio come Dio voleva la donna.

Ma torniamo alla scena sul Calvario da cui abbiamo iniziato (cfr. Gv 19,25-27) e con cui concludo: il discepolo, l’apostolo, deve prima di tutto imparare a diventare degno figlio di Maria. Ecco il principio mariano che viene prima di quello petrino: il principio petrino è un ministero, il principio mariano è il mistero della Chiesa.

Guardiamo a Maria, come ci dice il Vangelo. Le prime parole che le vengono rivolte (cfr. Lc 1,30) sono: “Non temere”. E il Vangelo terminato con l’espressione e l’annuncio consolante per la Chiesa e per i cristiani: in Maria di Nazareth Dio è con noi.

Nell’anno giubilare lasciamoci prendere per mano dall’Immacolata e guardiamo alla sua virtù – l’umiltà – come al vero pellegrinaggio a cui dobbiamo accedere tutti, pastori e fedeli, soprattutto in questo momento della Chiesa.