S. Messa in occasione della conclusione della “peregrinatio” della reliquia di Sant’Antonio tra Venezia e Padova
(Venezia / Basilica della Madonna della Salute, 20 giugno 2021)
Omelia del Patriarca di Venezia Francesco Moraglia
Cari fratelli e sorelle,
con quest’Eucaristia accogliamo il ritorno della reliquia di Antonio nella basilica della Salute che la custodisce da oltre tre secoli e mezzo.
Si conclude, così, la peregrinatio di Antonio fra i territori geografici e umani di Venezia e Padova; la peregrinatio ha fatto tappa in luoghi significativi ed oggi è transitata per le vie d’acqua, prima quelle fluviali del Brenta e poi quelle della laguna fino al Canal Grande, dove una rappresentanza della città l’ha ricevuta e “scortata” fino qui in basilica.
Ci accomuna un sentimento di gratitudine a Dio per l’evento di grazia che abbiamo vissuto, rispettando le norme per contrastare la pandemia, nel segno della santità che Antonio incarna ancora oggi in modo vivo.
Ringraziamo i frati della Basilica del Santo, il rettore padre Oliviero Svanera, le istituzioni che lo hanno reso possibile, l’Arma dei Carabinieri, il Comando Provinciale di Padova e di Venezia e il Nucleo Natanti di Venezia.
Sono stati giorni di grazia in cui sant’Antonio ha visitato luoghi tragicamente segnati dalla sofferenza. Abbiamo ricordato tante persone decedute a causa del Covid e, tra queste, chi ha offerto la vita nell’esercizio dei suoi compiti professionali ed istituzionali come la dottoressa Samar Sinjab, medico di Mira, che ci ha richiamato l’impegno e la dedizione che tanti, troppi, operatori della sanità hanno profuso in questo periodo di emergenza.
Continuiamo anche a pregare per Marco Zennaro trattenuto, ancora, in Sudan e confidiamo che i passi in avanti dei giorni scorsi siano seguiti da altri che consentano di restituirlo all’affetto della sua famiglia.
Veniamo, ora, alla liturgia della Parola; Paolo, nella seconda lettura, ci ricorda che “…se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (2Cor 5,17). Davanti alla figura di Antonio possiamo comprendere tutta la forza di queste parole.
È grazie a Cristo che si diventa nuove creature. Antonio ne fu la chiara dimostrazione: un Santo è un uomo nuovo, la creatura nuova trasformata dall’incontro con Cristo. Antonio fu, per il suo tempo, autentico Vangelo “vivente” e fu proclamato “Dottore evangelico” perché il Vangelo fu il suo continuo e – possiamo dire – unico riferimento, non solo nella predicazione ma anche nella sua vita quotidiana.
Antonio, nato a Lisbona e battezzato come Fernando, entrò inizialmente in un convento agostiniano dove verificò la sua vocazione sacerdotale; passò, poi, nella nascente famiglia francescana, essendo Francesco ancora vivo, e lo fece grazie alla testimonianza eroica di cinque francescani (tre sacerdoti e due fratelli laici) inviati in missione in Marocco e da lui incontrati probabilmente a Coimbra. Tutti e cinque subirono il martirio.
Il loro sacrificio fino all’offerta della vita, il loro spirito missionario, il loro esempio “francescano” colpirono a tal punto il giovane Fernando da condurlo nella nascente fraternità francescana; Fernando cambierà anche il nome in Antonio per avviare il suo nuovo percorso di vita.
Antonio riflette l’immagine dell’uomo nuovo reso tale dall’incontro con Cristo. E diverrà una delle più grandi figure del francescanesimo che, anche grazie a lui, si avviava oltre che per la strada della carità, della semplicità e dell’umiltà, anche per quella dell’intelligenza della fede, la teologia.
Francesco – che era la carità personificata – approvò tale nuova spinta che veniva anche da Antonio, tanto da chiamarlo “mio vescovo”. E così il nostro Santo proseguì con forza il suo impegno di predicazione (ma non solo) divenendo tra gli iniziatori della tradizione teologica francescana.
L’uomo nuovo – lo vediamo bene in Antonio – è tale perché viene trasformato e plasmato da Cristo anche nell’intelligenza e nella cultura. Vive di carità a 360°, in ogni contesto dell’umana esistenza.
Per Antonio tutto ciò si realizzò portandolo ad essere un grande predicatore – combatté fra l’altro le eresie dell’epoca – e un religioso vicino al popolo e dal popolo molto amato. Papa Pio XI amava dire: “Il mondo è pieno dei miracoli che si ottengono per intercessione di S. Antonio”.
La tradizionale distribuzione del “pane di sant’Antonio” nacque da un miracolo – raccontato nella cosiddetta leggenda “Rigaldina” e avvenuto ai tempi della costruzione della Basilica del Santo – che riguardò un bambino, il piccolo Tommasino, ormai più morto che vivo causa affogamento; c’è anche qui un legame “costitutivo” del Santo con i più poveri.
In Antonio la carità francescana e l’attenzione alla vita delle persone e della città risulta evidente anche dalle omelie (specialmente i Sermoni quaresimali) in cui evidenzia l’invito continuo alla conversione, l’aggancio alle autentiche virtù morali cristiane connesse a quelle teologali (fede, speranza e carità) che riguardano Dio Trinità e che portano ad una vita pubblica e a una comunità civile più giusta verso i meno tutelati.
E tutto ciò portò Antonio a “soffermarsi” sui vizi personali e pubblici dei cittadini e della città: l’orgoglio, l’avarizia, la lussuria e specialmente l’usura di cui fu fiero avversario. Come è noto, fu proprio il Santo ad indicare un nuovo modo di considerare la giustizia ripensando i meccanismi del credito e il rapporto fra creditori, debitori e istituzioni.
Nel 1231, a Padova, riuscì a far modificare la legge sui debiti e – come raccontano le cronache – il Podestà stabilì che per il debitore insolvente senza dolo, una volta ceduti i propri beni, non ci fosse più prigione o esilio.
Antonio – l’uomo nuovo, la creatura nuova in Cristo – ha saputo rendere anche umanamente più giuste le questioni legislative e giuridiche, entrando nel contesto culturale e sociale e facendolo evolvere in meglio.
Sì, perché l’uomo nuovo, il battezzato, entra nella storia e vi immette nuove relazioni. Sono le persone nuove/rinnovate a rendere migliore la società e le relazioni, a rendere nuova e rinnovata la società con l’insieme dei rapporti e dei legami che in essa si instaurano.
La peregrinatio di Antonio per i territori e le vie d’acqua tra Venezia e Padova, attraverso l’incontro con le differenti vicende umane, ha testimoniato il desiderio che la novità e santità di Antonio diventino nostre oggi e si diffondano in questi territori rilasciando semi e frutti di grazia, di bene, di vita nuova e di un futuro carico di speranza.
Il nostro pellegrinare, sulla scia di Antonio, ci ha indicato che il Vangelo è forza per le persone, per il popolo, per la società e può aiutare a risolvere situazioni complesse e delicate che ci attanagliano anche oggi.
I recenti dati, infatti, attestano in Italia un marcato aumento della povertà in questo tempo di pandemia: nel 2020, secondo l’Istat, sono in condizione di povertà assoluta poco più di due milioni di famiglie (il 7,7% del totale mentre era il 6,4% del 2019) e oltre 5,6 milioni di persone (il 9,4% sul totale rispetto al dato precedente del 7,7%).
C’è bisogno, quindi, di “persone nuove” e “relazioni nuove” che sappiano declinare il Vangelo e la carità cristiana nell’oggi, trovando le modalità giuste per venire incontro alle necessità e risalire la china e ripartire.
L’uomo nuovo – come Antonio ci ricorda con la sua santità e questa peregrinatio – è sì l’uomo della carità ma è anche l’uomo che mette insieme fede e cultura, teologia e intelligenza, azione concreta e, quindi, proposta di rinnovamento per la vita sociale, politica, giuridica, economica.
La preghiera di colletta che è indicata per questa domenica prende spunto dal Vangelo odierno (Mc 4,35-41) – Gesù e i discepoli in barca, in mezzo alla tempesta – e chiedeva di rendere “salda, o Signore, la fede del popolo cristiano, perché non ci esaltiamo nel successo, non ci abbattiamo nelle tempeste, ma in ogni evento riconosciamo che tu sei presente e ci accompagni nel cammino della storia”.
Sant’Antonio – immagine dell’ “uomo nuovo” in Cristo – e la Vergine Maria – “donna nuova”, sempre attenta alle nostre necessità, qui invocata con il titolo di “Madonna della Salute” – ci sostengano e ci guidino sempre nel nostro pellegrinaggio terreno.