Omelia del Patriarca nella S. Messa per la Commemorazione dei fedeli defunti (Venezia / Basilica S. Marco, 2 novembre 2021)
02-11-2021

S. Messa nella Commemorazione dei fedeli defunti

(Venezia / Basilica S. Marco, 2 novembre 2021)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Tutto converge, tutto è finalizzato alla vita eterna, all’aldilà.

Un teologo che risponde al nome di Romano Guardini aveva fatto una piccola pubblicazione sull’escatologia intitolata: “Le cose ultime”. E ad un certo punto in questa breve, ma densa, pubblicazione, fa questa affermazione: per il cristiano è vero, è reale, è possibile tutto quello che nella Rivelazione è vero, reale, possibile.

Credo la vita eterna, aspetto la resurrezione della carne, la vita del mondo che verrà, la vita eterna: oggi siamo chiamati a pensare alla bellezza di questo articolo di fede e soprattutto siamo chiamati a diventare dei Vangeli viventi e, quindi, ad intronizzare dentro di noi il Vangelo.

Tutto riguarda il Regno di Dio e il Regno di Dio viene dipinto e affermato in mille modi. Pensiamo alla grande narrazione appena ascoltata del capitolo 25 del Vangelo di Matteo dove si parla del giudizio, dove si parla del bene e del male, dove si parla di una divisione operata – udite bene – dal Buon Pastore.

Questo brano del Vangelo (Mt 25,31-46) inizia proprio dicendo: “Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria…”. Ed è lo stesso Buon Pastore del capitolo decimo del Vangelo di Giovanni, Colui che conosce le sue pecore e non vuole che nessuna si disperda.

Noi dobbiamo ritornare a quelle verità che sono luce, traccia e indicazione per la nostra vita quotidiana. Non c’è cosa più inesatta che dire che coloro che credono nell’aldilà sono giocoforza, per questo fatto, disinteressati al momento presente, all’aldiquà; in realtà, la fede cristiana ci dice che l’aldilà inizia già ora e, poiché inizia già ora, questo significa che l’aldilà si costruisce nell’aldiquà.

Varrebbe davvero la pena usare di quel talento che si chiama intelligenza e ci fa riflettere su come, molte volte, come credenti, siamo succubi di alcune affermazioni che hanno fatto scuola ma che, in realtà, non rispondono alla verità.

Una fede religiosa, una fede come quella cristiana, responsabilizza nell’oggi e lo sottolineo perché noi impariamo a scuola di certi filosofi noti (non credo grandi ma noti) che la religione è l’oppio dei popoli. In realtà che cosa c’è di più capace di risvegliare il mio oggi, il mio modo di vivere oggi, se non il pensare che l’eternità dipende proprio dal mio oggi?

Ecco la saggezza del catechismo, la saggezza della teologia cattolica che ci diceva: chi pensa, chi riflette, chi medita sui Novissimi, sulle ultime cose, non peccherà in eterno. Morte, giudizio, inferno, paradiso: com’è poco politicamente corretto questo vocabolario che, pure, appartiene alla fede del cristiano!

Una breve parola in conclusione sulla indulgenza plenaria. Ci sono degli adempimenti che non è difficile assolvere – li conosciamo – ma c’è una condizione previa agli adempimenti da compiere che – se manca – svilisce, estenua e rende inutili gli adempimenti.

E, allora, professiamo la nostra fede con la recita del Credo, del Padre Nostro, la preghiera di Gesù, pregando per il Santo Padre e secondo le intenzioni del Santo Padre, pregando in suffragio delle anime ma poi… bisogna innescare il motore dell’indulgenza. E il motore dell’indulgenza è molto semplice ed anche molto alto; si chiama conversione, amare il Signore più di noi stessi, staccarci dal male, non dal male genericamente inteso ma dal male anche lieve.

Questo è il motore della grazia che rende l’indulgenza non un bancomat o qualcosa di simile, ma una ricchezza sia per chi compie l’indulgenza, sia per chi la riceve, sia per la Chiesa che dona questa possibilità alla Chiesa purgante e alla Chiesa militante.

Dio ci aiuti a compiere l’indulgenza secondo la verità e la bellezza della fede cattolica.