Omelia del Patriarca nella S. Messa per i funerali di mons. Silvano Brusamento (Venezia / Chiesa parrocchiale S. Trovaso, 6 agosto 2021)

06-08-2021

S. Messa per i funerali di mons. Silvano Brusamento

(Venezia / Chiesa parrocchiale S. Trovaso, 6 agosto 2021)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

nella notte fra il 2 e il 3 agosto don Silvano ci ha lasciati. Il fatto ci ha colti all’improvviso, ma non ci ha sorpreso; da tempo, infatti, ripetuti e frequenti segnali di debolezza e fragilità si susseguivano, tanto da fargli dire che viveva ogni giornata così come il Signore gliela mandava.

Al fratello, ai familiari, ai confratelli presbiteri, ai diaconi che hanno collaborato con lui e a coloro che erano legati a don Silvano da particolare affetto vanno la nostra vicinanza, le nostre condoglianze cristiane, la nostra preghiera.

Ormai, da tempo, la sua vita era segnata da grande e crescente fragilità, seppure sempre permeata da una grande serenità che nasceva dalla sua fede.

In occasione dell’ultima festa della Madonna del Carmine, lo scorso 16 luglio, si scusò dell’assenza; era una di quelle giornate difficili. Tornato a casa, gli telefonai e mi rassicurò dicendo che andava già meglio; anche se nel fisico era sempre più debole, la sua anima invece era forte perché realmente radicata in Dio.

Per 54 anni ha esercitato il ministero presbiterale nella sua e nostra amata Chiesa che è in Venezia, testimoniando il Vangelo con la parola e il servizio pastorale svolto in parrocchia e in tutti i numerosi incarichi diocesani, iniziando dall’assistenza dell’Azione cattolica diocesana. Il suo stile era signorile e cordiale; non amava la critica e coloro che la praticano.

Don Silvano era nutrito di vera speranza soprannaturale che aveva il volto di Gesù e sapeva che quanti guardano a Lui non restano mai delusi; è stata la nostra preghiera del salmo responsoriale. Gesù è infatti “la risurrezione e la vita”, “è il Cristo, il Figlio di Dio” e coloro che credono in Lui anche se muoiono vivranno; è lo stesso tema che ritorna nel Vangelo (cfr. Gv 11,25-27).

Don Silvano ha servito la Chiesa e l’ha fatto, come era nel suo stile, da uomo “buono”, come lo ricordano i confratelli, soprattutto quanti – giovani e anziani – lo hanno conosciuto più da vicino.

Tra essi vi è il Vescovo Beniamino che mi ha trasmesso la sua vicinanza. Mons. Pizziol – oltre ad esserne amico – ne fu predecessore, come parroco, qui a san Trovaso. Nella sua bella testimonianza – che fra poco ascolteremo – fra le altre cose lo definisce “un sacerdote capace di relazioni buone e sincere con le persone affidate al suo ministero pastorale. È stato vicino a tutti, in modo particolare ai più poveri ed emarginati…

Riprendo, di seguito, altre testimonianze di chi l’ha conosciuto e ha collaborato con lui: don Silvano è stato un uomo “umile e che lasciava la gloria [gli onori umani] agli altri”, un uomo “dalla solida vita interiore”, un sacerdote “nato tale”, “con un buon carattere e sempre disposto a tutti per essere di aiuto a tutti, che sapeva lavorare pastoralmente e far lavorare, dovunque è stato mandato”, al punto da lasciare sempre un bel ricordo di sé. Queste le voci di alcuni confratelli che ringrazio della testimonianza.

Era un sacerdote obbediente, non solo esteriormente ma anche interiormente, che voleva bene alla Chiesa, attento alle sue necessità e quindi accoglieva e accettava con disponibilità anche incarichi che altri non avevano accettato.

Era, inoltre, uomo di pace, che cercava di mitigare i temperamenti di coloro con i quali, di volta in volta, veniva in contatto, cercando di dire una parola buona, sdrammatizzando ed esortando a compatire.

Insomma, come ancora lo ricorda un giovane confratello, don Silvano è stato “un uomo buono, un fratello, un amico, un padre. Segno del sorriso e della pazienza di Dio”. Negli ultimi anni aveva mostrato di vivere con serenità – cosa mai facile o scontata – anche il tempo della vecchiaia o, come si preferisce dire, della preparazione immediata all’incontro con Dio.

Chi ha lavorato con lui al Lido, come diacono, ricorda che “ha sempre avuto una particolare attenzione per i poveri; li accoglieva, dava loro un tetto per dormire, faceva fare loro piccoli lavoretti al fine di guadagnarsi qualche soldino… Da parroco i poveri li ha sempre amati e aiutati”.

Era legato a don Silvio Zardon; con lui condivideva una grande passione per la pastorale familiare e aveva raccolto anche l’eredità di don Silvio nel curare la formazione dei fidanzati, degli sposi e delle famiglie che nascevano. Sono convinto che don Silvano gioirà d’essere associato al confratello con cui aveva collaborato e da cui aveva tanto appreso.

Alcuni anni fa proprio don Silvano aveva scritto queste parole su don Silvio; da esse emergono ricordi personali e momenti significativi per la vita di entrambi. In un passaggio evoca il momento in cui «don Silvio mi invitò ad andare a casa sua perché mi doveva parlare. Mi disse che il Patriarca Luciani l’aveva incaricato di trovare un Assistente diocesano per l’Azione Cattolica Ragazzi e lui aveva pensato a me. La mia risposta immediata è stata, subito, un rifiuto deciso, perché mi sentivo impreparato e troppo giovane per un ruolo così grande. Discutemmo per circa un’ora e, quando ero convinto di aver fatto valere le mie idee, mi disse: “Pensa che questa potrebbe essere la volontà di Dio”.  È così che ho capito come lui viaggiasse con una logica diversa dalla mia e allora ho detto il mio “sì”».

E, sempre in quello scritto, don Silvano ricordava come da don Silvio avesse imparato “il primato della celebrazione eucaristica fonte della comunione e della condivisione” e che il “pane spezzato” nell’Eucaristia doveva diventare “pane condiviso” al punto che “il suo tempo non era mai solo suo, ma tempo per tutti, specialmente per chi era in difficoltà”.

Questo pensiero – il primato della celebrazione eucaristica – desidero lasciarlo a tutti, presbiteri, diaconi, religiosi e laici; si tratta, infatti, della stessa sorgente, limpida e dissetante, della Chiesa che è “fatta” dall’Eucaristia prima che da ogni altra scelta teologica e pastorale.

Carissimo don Silvano, con le tante persone che hai guidato e aiutato, ti affidiamo alla misericordia di Dio mentre tu assapori l’eterno “banchetto” che il Signore ti ha preparato e che tu, come prete, hai celebrato in questa terra.

Le parole della prima lettura, tratte dal profeta Isaia, ci aiutano e per questo le richiamo: “Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza” (Is 25,9).

Ancora una volta e, con affetto, esprimiamo al fratello, ai familiari, ai confratelli, alle comunità che hanno beneficiato del servizio sacerdotale di don Silvano la più cordiale vicinanza, assicurando la nostra preghiera.

 

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