Omelia del Patriarca nella S. Messa per i funerali di mons. Luigi Stecca (Gazzera / Chiesa parrocchiale S. Maria Ausiliatrice, 7 novembre 2022)
07-11-2022

S. Messa per i funerali di mons. Luigi Stecca

(Gazzera / Chiesa parrocchiale S. Maria Ausiliatrice, 7 novembre 2022)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

Carissimi,

mi rivolgo alla comunità parrocchiale della Gazzera e in particolare a don Valentino Cagnin, don Ottavio Trevisanato, don Francesco Barbiero, don Marco De Rossi, don Massimiliano Causin, ai religiosi, alle religiose, alla comunità dei Salesiani e a quanti hanno accompagnato don Luigi: ringrazio tutti per quanto hanno fatto.

“Nessuno di noi (…) vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché – ce lo attesta l’apostolo Paolo – se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore” (Rm 14,7-8).

Don Luigi era del Signore, apparteneva al Signore, e la prima lettura (Rm 8,14-17.28-30) ci ricorda che gioiva del suo battesimo; era un prete conscio della vocazione e del compito pastorale ricevuto da Dio ma non dimenticava di rimanere, sempre, una pecorella del gregge e, quindi, un fratello che cammina con gli altri fratelli e sorelle anche se è chiamato a servire il gregge come pastore.

Mi ha colpito vedere la cartella personale di don Luigi: è la cartella che ogni sacerdote ha e raccoglie la sua vita. Per ventiquattro volte don Luigi ha detto “sì” e così è andato a compiere il suo servizio sacerdotale in tutta la Diocesi – da Venezia a Jesolo, da Campalto a Mestre – laddove era chiamato.

Molte volte i superiori chiedono a quanti sanno che diranno “sì” e don Luigi per ventiquattro volte – e poi chissà quante altre volte nel quotidiano – ha detto il suo “sì” raccogliendo le sue cose e, di volta in volta, andando dove era mandato.

Non mi ha colpito, quindi, il fatto che nei dialoghi – anche telefonici (e negli ultimi non erano facili) – ho sempre trovato una persona disposta, quando il Signore l’avrebbe chiamata, a fare anche il passo dell’ultima obbedienza, l’obbedienza più radicale: separarsi addirittura dal proprio corpo.

Don Luigi – me lo ha confermato qualche confratello suo coetaneo – era un uomo di preghiera, fin dal tempo del Seminario, ma era anche un uomo che amava prepararsi; non improvvisava.

La sua presenza nel mondo del lavoro, ad esempio, era responsabile, qualificata e competente, da uomo di studio e da uomo di impegno pastorale. Un confratello mi ha anche detto: “Laddove percepiva di non essere all’altezza si faceva aiutare”.

La vera umiltà è non dire che si è umili, ma esserlo. Laddove percepiva che qualcuno – è lo stesso compagno di Seminario che lo riferisce – potesse far meglio di lui, gli dava spazio.

Gli ultimi anni di don Luigi ripropongono gli ultimi versetti del Vangelo che abbiamo ascoltato (Gv 21, 15-19) mentre i primi anni, e per tanto tempo, corrispondono esattamente alla prima pericope del Vangelo: ”Pasci le mie pecorelle”. Veramente, quando era mandato, don Luigi diceva “sì” con disponibilità.

“Nessuno di noi (…) vive per se stesso e nessuno muore per se stesso… Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore” (Rm 14,7-8).

La vostra presenza numerosa e partecipe dice come don Luigi abbia seminato largamente e sia stato capace di toccare il cuore di molti. E ha toccato il cuore di una comunità non con facili personalismi ma col servizio quotidiano e con l’amore silenzioso che poi, per volere di Dio, deflagra ed allora la più bella testimonianza su don Luigi oggi la date voi, sua comunità.

Possiamo dire, davvero, che don Luigi ha visto crescere e trasformare questo territorio, ha contribuito a farlo crescere e trasformare; è sempre stato uno di voi ed è sempre stato anche uno sul quale voi avete potuto trovare paternità, fratellanza, fede.

Fra poco, nel prefazio, diremo: ”Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta ma trasformata”. Rivolgiamoci allora, ancora una volta, a don Luigi. Sentiamone la presenza; è un modo di dirgli, in una fede che va oltre il tempo: “Hai fatto di noi una comunità di credenti”.

Il tempo passa ma gli uomini che hanno seminato rimangono nel cuore della comunità.