Omelia del Patriarca nella S. Messa per i funerali di don Amedeo Trucolo (Venezia / Chiesa parrocchiale S. Maria Formosa, 18 novembre 2019)
18-11-2019

S. Messa per i funerali di don Amedeo Trucolo

(Venezia / Chiesa parrocchiale S.Maria Formosa, 18 novembre 2019)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi confratelli nel sacerdozio, diaconi, consacrate, consacrati e fedeli laici,

è questo il momento triste del distacco da chi è stato chiamato al ministero sacerdotale e lo ha esercitato con fedeltà e passione: il nostro carissimo don Amedeo Trucolo.

Sì, don Amedeo fu fedele testimone del dono del sacerdozio che ha esercitato, finché la salute glielo ha consentito, per oltre cinquantasette anni.

Il momento della morte è – per ogni cristiano e l’intera comunità – il tempo in cui si è chiamati a crescere nella fede nel Signore Gesù, il Risorto. E la morte di un membro della comunità chiede a tutti di riflettere e di chiedere il dono di una fede più forte e capace d’amare.

Innalziamo la nostra comune preghiera perché don Amedeo – ne siamo convinti – è nella gioia del Signore, ma non sappiamo se in quella piena del Paradiso o in quella ancora parziale del Purgatorio. Sentiamo, perciò, come atto di amore e amicizia il dovere di accompagnarlo con la nostra preghiera di suffragio. Gesù risorto, in ogni caso, è la sua meta ultima, o già come fruizione o come attesa dell’incontro comunque certo.

La morte – lo sappiamo – porta in sé qualcosa di unico, come unica è la persona che muore. Ecco perché abbiamo scelto il Vangelo di Giovanni in cui Gesù parla ai suoi discepoli dell’ora della sua morte (quella di Gesù). Sì, anche Gesù è morto e ha voluto delineare, per i suoi discepoli, le linee portanti di questo evento; sono linee teologiche e spirituali che dobbiamo far nostre, così come ci siamo impegnati nel battesimo che è il dono vero del cristiano, un dono di grazia che sempre interpella la libertà personale.

La morte di un prete reca poi in sé qualcosa di unico, di particolare, che si connette, in modo specifico, alla sua vocazione sacerdotale.

Abbiamo, quindi, ascoltato una breve ma significativa pericope del Vangelo secondo Giovanni (12, 23-26): “In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «(1) È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: (2) se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e (3) dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà»”.

Don Amedeo – a detta di chi lo ha conosciuto bene – fu, fino a quando le forze lo sostennero, un sacerdote che si spendeva con fede nel suo ministero. Umile, semplice, buono, seppe dedicarsi con piena disponibilità al ministero sacerdotale.

Santa Maria Formosa è stata la parrocchia che lo ha visto per trentasei anni parroco zelante, strettamente unito alle Comunità del Cammino neocatecumenale di cui era un entusiasta ammiratore. E proprio nei fratelli e nelle sorelle del Cammino trovò conforto, sostegno e, ovviamente, stimoli per il ministero pastorale nonché, negli ultimi anni, anche assistenza fraterna.

Si dedicò con passione alla formazione dei bambini e dei ragazzi, favorendo la partecipazione ai campi scuola, ai quali la sua parrocchia era sempre presente, spesso con il gruppo più numeroso. Particolare attenzione dedicò alla celebrazione eucaristica secondo lo stile proprio del Cammino e volentieri e in modo assiduo partecipava alle “convivenze”.

Quando le forze progressivamente declinarono è stato aiutato fraternamente da don Giuseppe Camilotto che gli è stato sempre amorevolmente vicino, andando a trovarlo regolarmente a San Lorenzo. Grazie, don Giuseppe.

Don Amedeo, da giovane, ebbe un carattere incline all’ottimismo per cui aveva sempre una parola buona e di fraternità; le sue parole dicevano la bontà della sua anima. E si prese cura con amore del nipote Davide.

Sempre sereno, frequentò con alcuni confratelli l’Istituto di Liturgia Pastorale a Santa Giustina a Padova e, anche in tarda età, ricordava con gioia quegli anni che per lui erano stati un’occasione di crescita ed approfondimento teologico.  Aveva dimenticato – come purtroppo talvolta capita – un po’ tutto, ma quegli anni no, erano ben vivi in lui.

Don Amedeo ci lascia davvero un bel ricordo. Negli ultimi tempi – finché le forze glielo consentirono – lo si vedeva giungere a fatica in Basilica, a San Marco, per concelebrare la Santa Messa; questo fu per lui l’ultimo modo di testimoniare una profonda e reealissima devozione eucaristica.

Di lui un confratello coetaneo – e che frequentò il Seminario con lui – ne ha dato questo ricordo:

  • un sacerdote buono;
  • non parlava mai male di nessuno;
  • accettava quanto gli veniva domandato e cercava di porre tutto l’impegno possibile per adeguarsi alle situazioni;
  • era un prete contento del suo sacerdozio.

Ai familiari, ai fratelli e sorelle del Cammino, agli amici e a tutti coloro che hanno voluto e vogliono bene al nostro carissimo don Amedeo le condoglianze del Patriarca e del presbiterio della Chiesa di Venezia, di tutti i diaconi, dei religiosi, delle religiose, dei laici.

A coloro che, in questi anni di prolungata malattia, sono stati vicini a don Amedeo e all’intera comunità di Santa Maria Formosa il più vivo ringraziamento.

Affidiamo a Santa Maria Formosa l’anima buona del nostro don Amedeo.