S. Messa per i funerali del diacono Gianni Ferraresi
(Lido di Venezia / Parrocchia di Sant’Antonio, 20 gennaio 2018)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Gentile e cara signora Virginia,
innanzitutto mi rivolgo a Lei, a Giovanna, Orsola, Carlo, Arrigo, ai numerosi e amati nipoti – se non ricordo male, quindici – e infine, a tutti coloro che vogliono bene e stimano il nostro carissimo diacono Gianni.
Ho volutamente usato il tempo al presente – “amano” e “stimano” – perché crediamo nella risurrezione, nella vita eterna, nella vita che continua dopo la morte, in pienezza col Signore e nel Signore.
Nel Vangelo pasquale di Luca le donne, che si recano al sepolcro per sistemare e onorare il corpo di Gesù, si sentono dire dall’angelo: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto” (Lc 24,6).
Abbiamo appena ascoltato il Vangelo delle Beatitudini, un Vangelo impegnativo; in esso ritroviamo alcuni tratti della figura del nostro carissimo Gianni che fu sempre desideroso di vivere al meglio il Vangelo di Gesù e di annunciarlo con la parola e la vita. Egli si sforzò d’esser uomo mite, giusto misericordioso, puro di cuore, operatore di pace e di giustizia (cfr. Mt 5, 1-12).
Il carissimo diacono Gianni – in questa parrocchia di sant’Antonio al Lido – si è dedicato con impegno e passione alla catechesi, anche formando i catechisti. Il suo amore per la Sacra Scrittura rendeva il suo servizio di catechista ancor più apprezzato. Scriveva anche racconti e poesie che prendevano spunto dal Vangelo, soprattutto narrazioni natalizie, inizialmente pensate per gli adorati nipotini e che, in seguito, furono anche pubblicati.
Col passare del tempo – mi hanno detto coloro che sono stati suoi parroci negli ultimi anni (don Luigi, don Fabrizio e don Renato) -, la sua paternità crebbe e il suo carattere forte progressivamente si modulò verso una tenerezza sempre più viva e marcata.
Nel diacono Gianni era da sempre forte la sintonia con Virginia, sua sposa, ed era questa una bella testimonianza del grande dono che è la vita coniugale quando – nel sacramento del matrimonio – è veramente vissuta nel Signore.
Gianni e Virginia si sono sempre sostenuti nelle prove della vita e dell’età e qui desidero ricordare come la signora Virginia volle, con tutte le sue forze, donare al marito un rene nel momento in cui, per l’aggravamento delle sue condizioni di salute, Gianni ebbe assoluto bisogno del trapianto per poter vivere. Anche questa è stata una testimonianza di ordinario e straordinario amore tra coniugi; un modo speciale di annunciare e vivere il Vangelo del matrimonio.
Il diacono Gianni fu uomo coerente nelle scelte di vita – la rettitudine era il suo stile – e, giunto al culmine del suo impegno professionale, quando era un alto dirigente nel settore delle assicurazioni, decise – d’accordo con la sua amata sposa – d’intraprendere il cammino verso il diaconato che, sempre in modo fedele, portò avanti, con la sua sposa, come un dono a servizio della Chiesa. Iniziò così, da uomo maturo, a mettersi a servizio della Diocesi laddove fosse stato necessario e per molti anni è stato incaricato diocesano del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa.
Con l’ordinazione diaconale, avvenuta all’età di cinquant’anni, giungeva a compimento – come ricorda il suo antico parroco don Carlo – un cammino spirituale che lo aveva portato, progressivamente, ad una vita spirituale sempre più intensa e generosa.
L’humus salesiano si aprì, così, all’esperienza di Carlo Carretto; fu toccato anche dal movimento del Rinnovamento nello Spirito e, pur senza legarvisi in modo particolare, ne fece propria l’ispirazione di fondo.
Questo cammino – che ne rispecchiava la vitalità e la dedizione – lo condusse insieme ad alcuni compagni di strada – Matteo Bognolo e Bruno Brunelli – a maturare, come detto, la scelta diaconale a servizio della Chiesa che sempre amò e alla quale sempre si senti legato come ad una famiglia.
Esercitò così il ministero per oltre trent’anni con lo stesso amore con cui viveva con totale dedizione il sacramento del matrimonio, ovvero, essere sposo e essere padre.
Così, la famiglia di Gianni e di Virginia portava l’impronta degli sposi che – toto corde – vogliono esser fedeli a quel “sì” con cui, un giorno, avevano unito per sempre le loro vite, un sì detto nel Signore e col Signore, esprimendo anche una convinta adesione e una grande fedeltà a quanto la Chiesa insegnava in modo autorevole, e senza tentennamenti, sulla morale della vita coniugale. Il nostro grazie è anche per questa loro fedeltà e amore alla Chiesa madre e maestra.
Un ringraziamento particolare sento di dover esprimere alla signora Virginia e, con lei, anche a tutte le spose dei nostri cari diaconi che, col loro consenso, hanno permesso e aiutata la scelta diaconale dei rispettivi mariti.
Secondo la testimonianza della figlia Giovanna – e non solo sua – papà Gianni mai fece pesare la condizione di salute fragile che l’accompagnò lungo tutta la vita, sin dalla fanciullezza.
La vera forza di Gianni era il riflesso di una fede forte; egli si affidò sempre con piena fiducia e serenità, fino alla fine, al Signore; nei confronti della Madonna, poi, nutriva una profondissima e concreta devozione. La malattia fu occasione per testimoniare ancora di più questa sua fede e fu per Gianni e Virginia, in quanto sposi, un momento per esprimere ancor più la reciproca, piena, totale appartenenza.
La “sua” messa domenicale era quella delle ore 10.00; era la messa delle famiglie e dei bambini a cui teneva particolarmente; questa celebrazione era un ulteriore segno del suo impegno pastorale.
Il diacono è – nella Chiesa e nel mondo – segno sacramentale di Cristo “servitore” e il diacono Gianni volle impegnarsi per riuscire a realizzare, dove era mandato, tale segno.
È proprio del battezzato servire Dio e i fratelli; col sacramento del battesimo, infatti, si passa dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio e, come Gesù, si è servitori; Lui che è venuto non per essere servito ma per servire.
Gianni, però, a un certo momento, sentì la chiamata a un ulteriore servizio nella Chiesa e nel mondo; non a tutti è richiesto lo stesso impegno e la stessa dedizione, come ci insegna la parabola dei talenti (cfr. Mt 25,14-30).
Tale parabola esprime la dimensione battesimale della vita cristiana: il padrone, prima di partire, affida gratuitamente i talenti ai suoi servi e al suo ritorno ne chiedo conto. Alcuni sono trovati fedeli, altri no; a tutti, però, il padrone si rivolge con l’appellativo di servi.
Ora, se per il cristiano il servizio si lega al battesimo, quale senso ha l’ordinazione diaconale con cui si diventa conformi a Cristo servo? Il diacono, ricevendo il sacramento dell’ordine nel primo grado, entra a far parte della Chiesa diventando segno di Cristo servo del Padre e dei fratelli, esprimendo il suo servizio sul piano del ministero. Il nostro carissimo Gianni ha saputo esprimere bene tale realtà e impegno e, per questo, con lui diciamo oggi il nostro grazie a Dio.
Da quell’ormai lontano 1986 – anno della sua ordinazione – sono passati oltre trent’anni, e da allora, il nostro carissimo Gianni ha offerto un servizio fedele per la nostra Chiesa; desideriamo dirgli, quindi, tutta la nostra gratitudine.
Il diacono poi è unito in modo particolare al Vescovo e sono grato a Gianni per la vicinanza e l’amore che ha saputo esprimere a tutti i Patriarchi che – con fede e amore – ha servito nella Chiesa che è in Venezia.
Gentile e cara signora Virginia, a Lei e ai figli Giovanna, Orsola, Carlo e Arrigo, agli amati nipoti – grandi e piccoli – e a tutti gli amici del diacono Gianni l’affetto, la vicinanza del Patriarca e della amata Chiesa diocesana che innalza per lui la sua preghiera di suffragio.