Omelia del Patriarca nella S. Messa per i funerali del diacono Gaetano Talamo (Mestre / Duomo di S. Lorenzo, 28 novembre 2022)
28-11-2022

S. Messa per i funerali del diacono Gaetano Talamo

(Mestre / Duomo di S. Lorenzo, 28 novembre 2022)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Mi rivolgo innanzitutto alla moglie Liana, al figlio Stefano, alla nuora Valentina e alla nipote Irene per esprimere loro la vicinanza e le condoglianze mie e della Chiesa che è in Venezia per la morte improvvisa del caro diacono Gaetano. E mi rivolgo ai diaconi, qui presenti numerosi: la nostra Chiesa è grata per il loro servizio.

Abbiamo appena ascoltato le parole di Gesù proclamate nel Vangelo: “Anche voi tenetevi pronti” (Lc 12,40). Sì, l’anagrafe conta poco e bisogna essere sempre “pronti” e “svegli” perché il Signore – raffigurato come un padrone che torna dalle nozze – può arrivare nell’ora più inattesa, nel cuore della notte o all’alba.

Così è stato per Gaetano che, nelle prime ore mattutine di alcuni giorni fa, è entrato nella casa del Padre all’età di 80 anni, a pochi mesi dal compiere i suoi 25 anni come diacono nella Chiesa che è in Venezia. Era stato, infatti, ordinato il 21 marzo 1998 proprio in questo Duomo dove Gaetano ha servito fedelmente all’altare, ha proclamato il Vangelo e dove oggi celebriamo il suo cristiano congedo.

“Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli – sono ancora parole di Gesù –; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,37): così, nella fede e nella speranza cristiana, confidiamo avvenga in questo momento per Gaetano e siamo convinti che ad attenderlo e ad introdurlo nella casa del Padre saranno anche le molte persone che lui stesso ha accompagnato per l’ultima volta – qui in chiesa e poi in cimitero – in occasione dei funerali a cui ha partecipato come diacono a servizio della comunità di S. Lorenzo.

In questa pagina del Vangelo risuonano, più volte, il vocabolo “servo” e il verbo “servire”: sono parole fondamentali che caratterizzano sacramentalmente la vita, la vocazione e il ministero del diacono che Gaetano aveva abbracciato, ordinato dal Patriarca card. Marco Cè, sotto la guida di mons. Giuseppe Visentin e dell’allora parroco mons. Angelo Centenaro.

Il diacono è, nella Chiesa e nel mondo, segno sacramentale di Cristo “servo”, espansione del battesimo. È, infatti, di ogni battezzato servire Dio e i fratelli; col sacramento del battesimo si passa dalla schiavitù del peccato alla libertà dei figli di Dio e, come Gesù, si è chiamati ad essere “servitori”, ad imitazione di Colui che “non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,15).

Se è vero che per ogni cristiano il servizio si lega al battesimo e fiorisce a partire dal battesimo, ancor più ciò è vero per chi – come Gaetano – ha ricevuto l’ordinazione diaconale, attraverso la quale si diventa conformi a Cristo “servo”. Così il diacono, ricevendo il sacramento dell’ordine nel primo grado, è nella Chiesa come segno di Cristo “servo” del Padre e dei fratelli per ricordare che il servizio – per il diacono divenuto ministero – non è solo virtù ma appartiene alla struttura stessa della Chiesa. Il diacono poi è unito in modo particolare e personale al Vescovo in quel servizio in cui anche l’episcopato deve contraddistinguersi.

Il momento del commiato è soprattutto un momento di preghiera, ma è importante ricordare, di volta in volta, le vocazioni di chi viene consegnato dalla Chiesa al Padre. Se è vero che esistono tante vocazioni ed ognuno ha la sua, è altrettanto vero che tutte le vocazioni – “altre” e diverse dalla mia – interpellano sempre la mia vocazione. E allora come vescovo, come presbiteri, come religiosi e religiose, come laici, dobbiamo oggi lasciarci interpellare dalla vocazione, dal ministero e dal servizio del diacono, soprattutto quando ci troviamo di fronte a chi ha vissuto con fedeltà questa sua missione nella Chiesa.

Per tanti anni, in questa comunità parrocchiale, il diacono Gaetano è stato fedele e assiduo animatore dei Gruppi d’ascolto della Parola che seguiva con zelo, coordinando l’attività dei vari animatori e curandone anche la formazione spirituale. La prima lettura di oggi (1Cor 15,51-57) ci ha restituito il cuore stesso della Parola di Dio che è Gesù Cristo, crocifisso e risorto, Colui che ci dona la vittoria e la salvezza.

È Lui, infatti, il compimento pieno di quelle Scritture a cui Gaetano si è dedicato a lungo: “La morte è stata inghiottita nella vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione? (…) Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!” (1Cor 15,54-55.57).

Mi è stato poi detto che Gaetano era assiduo, con gli altri diaconi e i sacerdoti, a guidare l’adorazione eucaristica nella chiesa di S. Girolamo. Se vogliamo arrivare a comunità che celebrano bene, dobbiamo riscoprire l’adorazione e quando si celebra bene emerge la necessità di continuare nell’adorazione il momento celebrativo.

La Parola di Dio da ascoltare e proclamare e che diventa sacramento, l’Eucaristia da distribuire (è uno dei compiti del diacono), adorare e “vivere” sono fonti e riferimenti irrinunciabili per ogni cristiano e per il diacono in modo del tutto particolare, insieme alla fedeltà all’adorazione che aiuta a rendere il Signore l’Unico Necessario nella nostra vita, Colui che guida per “il giusto cammino”.

Nutriamo, quindi, fiducia in Lui sempre, secondo le parole del salmo 22 che oggi abbiamo ascoltato: “…non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza… Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni“ (vv. 4-6).

Mi piace ricordare infine che Gaetano, originario della provincia di Salerno, era devotissimo alla Madonna di Pompei e molto fedele alla periodica recita della Supplica.

Mentre rinnovo le condoglianze ai familiari, ai diaconi e a coloro che l’hanno conosciuto, assicuro la mia preghiera e, come Chiesa, affidiamo il diacono Gaetano all’intercessione di Colei che è “Madre nostra, nostra Avvocata, nostra speranza. E noi, gementi, stendiamo a te le mani supplichevoli, gridando: Misericordia! Misericordia per tutti, o Madre di Misericordia! (…) E noi confidiamo – continua la Supplica – pienamente in te, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, e, oggi stesso, da te aspettiamo le sospirate grazie (…) Concedi a tutti noi l’amore tuo costante e in modo speciale la materna benedizione (…) Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia, a te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo”.

Che questa invocazione, così cara al nostro diacono Gaetano, possa avere riscontro e realizzarsi oggi per lui!