Omelia del Patriarca nella S. Messa per i festeggiamenti in onore di S. Giovanni di Dio e per il terzo centenario della presenza dei “Fatebenefratelli” a Venezia (6 marzo 2015)
06-03-2015

S. Messa in occasione dei festeggiamenti in onore di S. Giovanni di Dio
e per il terzo centenario della presenza dei “Fatebenefratelli” a Venezia
(Venezia – Cappella dell’Ospedale Fatebenefratelli, 6 marzo 2015)
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
Carissimi,
il nome che l’amore assume nello scorrere del tempo è fedeltà! Da ben 300 anni, qui a Venezia, noi possiamo contare sulla presenza dei Fatebenefratelli; è il segno di un amore fedele che ci riporta direttamente alla figura di san Giovanni di Dio.
Il Martirologio Romano, nella sua sobrietà ed essenzialità, così si esprime: “San Giovanni di Dio, religioso: di origine portoghese, desideroso di maggiori traguardi dopo una vita da soldato trascorsa tra i pericoli, con carità instancabile si impegnò a servizio dei bisognosi e degli infermi in un ospedale da lui stesso fatto costruire e unì a sé dei compagni, che poi costituirono l’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio. In questo giorno a Granada in Spagna passò al riposo eterno”. Il giorno a cui fa riferimento è l’8 marzo 1550, che coincideva col giorno del compleanno, in quanto san Giovanni di Dio era nato l’8 marzo 1495 a Montemoro-Novo, non lontano da Lisbona.
Ma le coincidenze – almeno apparenti – non terminano qui, se consideriamo anche che l’anno in cui san Giovanni di Dio conclude il suo cammino terreno è, pure, l’anno della nascita di colui che diventerà san Camillo de Lellis. Anche quest’ultimo, dopo una burrascosa parentesi militare e scelta liberamente e dopo un periodo di degenza nei cosiddetti “ospedali” di allora, come san Giovanni di Dio maturò l’idea e il proposito di costruire veri luoghi di accoglienza per i malati. Due vite, quelle di Giovanni di Dio e di Camillo de Lellis, che potrebbero costituire una magnifica trama per un film di successo.
Infatti, san Giovanni di Dio – allora soltanto Juan Ciudad – “all’età di otto anni scappò di casa. A Oropesa nella Nuova Castiglia, dove sostò per la prima tappa, la gente, non sapendo nulla di lui, neppure il cognome, cominciò a chiamarlo Giovanni di Dio e tale rimase il suo nome. Fino a 27 anni fece il pastore e il contadino, poi si arruolò tra i soldati di ventura. Nella celebre battaglia di Pavia tra Carlo V e Francesco I, Giovanni di Dio si trovò nello schieramento vincitore, cioè dalla parte di Carlo V. Più tardi partecipò alla difesa di Vienna stretta d’assedio dall’ottomano Solimano II. Chiusa la parentesi militaresca, finché ebbe soldi nel borsello vagò per mezza Europa e finì in Africa a fare il bracciante; per qualche tempo fece pure il venditore ambulante a Gibilterra, commerciando paccottiglia; stabilitosi infine a Granata vi aprì una piccola libreria. Fu allora che Giovanni di Dio mutò radicalmente indirizzo alla propria vita, in seguito a una predica del B. Giovanni d’Avila. Giovanni abbandonò tutto, vendette libri e negozio, si privò anche delle scarpe e del vestito, e andò a mendicare per le vie di Granata, rivolgendo ai passanti la frase che sarebbe divenuta l’emblema di una nuova benemerita istituzione: “Fate (del) bene, fratelli, a voi stessi”. La carità che la gente gli faceva veniva spartita infatti tra i più bisognosi. Ma gli abitanti di Granata credettero di fare del bene a lui rinchiudendolo in manicomio. Malinteso provvidenziale. In manicomio Giovanni si rese conto della colpevole ignoranza di quanti pretendevano curare le malattie mentali con metodi degni di un torturatore. Così, appena poté liberarsi da quell’inferno, fondò, con l’aiuto di benefattori, un suo ospedale. Pur completamente sprovvisto di studi di medicina, Giovanni si mostrò più bravo degli stessi medici, in particolar modo nel curare le malattie mentali, inaugurando, con grande anticipo nel tempo, quel metodo psicoanalitico o psicosomatico che sarà il vanto (quattro secoli dopo … ) di Freud e discepoli. La cura dello spirito era la premessa per una proficua cura del corpo. Giovanni di Dio raccolse i suoi collaboratori in una grande famiglia religiosa, l’ordine dei Fratelli Ospedalieri, meglio conosciuti col nome di Fatebenefratelli. Giovanni morì a soli cinquantacinque anni, il giorno del suo compleanno, l’8 marzo 1550. Fu canonizzato nel 1690. Leone XIII lo dichiarò patrono degli ospedali e di quanti operano per restituire la salute agli infermi” (dal Martirologio Romano).
Di lui Cesare Lombroso – il famoso medico, antropologo, giurista, criminologo positivista e fondatore dell’antropologia criminale – disse che fu “un riformatore poiché non mise che un solo malato per ciascun letto; egli fu il primo che pensò a dividere i malati in categorie; fu insomma il creatore dell’ospedale moderno; fu il primo a fondare il Workhouse aprendo nel suo ospizio una casa, dove i poveri senza tetto e i viaggiatori senza denari potevano dormire”.
Lo scrittore e religioso spagnolo Blas Ortis, contemporaneo di san Giovanni di Dio, così scriveva di lui: “Vi è in Granata un uomo che vive in semplicità e povertà cristiana. Il suo nome è Giovanni ed il cognome di Dio. Umile per nascita, ma coltiva, con incredibile zelo, la carità cristiana, occupandosi tutto nel sollevare i poveri”.
Vi propongo, infine, due frasi di san Giovanni di Dio che sono un vero esame di coscienza e, insieme, progetto spirituale. Ci spinga tutti ad una seria revisione di vita questa semplice affermazione che è chiara in se stessa e semplice da verificare nella nostra vita concreta: “Dove manca carità, qui manca Dio”.
Ed è vero programma di vita e di santità quanto san Giovanni di Dio scriveva in una lettera a Gutierre Lasso: “Tutti andiamo verso lo stesso scopo, benché ognuno cammini per la strada che Dio gli ha tracciata. È ragionevole dunque che ci aiutiamo gli uni gli altri”.
San Giovanni di Dio ci aiuti, in questa Quaresima, a riscoprire Dio attraverso i fratelli e i fratelli attraverso Dio!