Omelia del Patriarca nella S. Messa, in occasione della festa del patrono S. Sebastiano, con i rappresentanti delle Polizie locali della Città Metropolitana di Venezia (Mestre - Duomo di S. Lorenzo, 30 gennaio 2018)
30-01-2018

S. Messa, in occasione della festa del patrono S. Sebastiano, con i rappresentanti delle Polizie locali della Città Metropolitana di Venezia

(Mestre – Duomo di S. Lorenzo, 30 gennaio 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari fratelli e sorelle,

desidero salutare il signor Prefetto, il Sindaco della Città Metropolitana di Venezia e gli altri Sindaci presenti, e in modo particolare gli uomini e le donne delle Polizie locali della Città Metropolitana di Venezia.

È bello vedersi insieme. È bello poter celebrare il ricordo del patrono. È anche un modo per dirvi grazie.

La città è fatta dalla gente – uomini, donne, bambini – ma anche dalle istituzioni. Molto importanti sono i rappresentanti pro tempore delle istituzioni e, soprattutto, quegli uomini e quelle donne che vestono una divisa perché diventano un messaggio per le nostre città e diventano un punto di riferimento.

Vorrei qui richiamare alcune caratteristiche del vostro patrono. Intanto, la Chiesa lo celebra come martire. Non a caso la prima lettura e il Vangelo ci hanno parlato della testimonianza cristiana.

San Sebastiano era nato nella Francia del Sud, pare intorno al 263 d.C. Muore giovane, a 41 anni, e muore per la fedeltà a quella Parola che lui aveva dato a sé, al Signore e alla comunità nel Battesimo. Viene educato a Milano – abbiamo, infatti, parecchie notizie di Sebastiano attraverso sant’Ambrogio – e poi arriva a Roma; entra in contatto e poi a far parte degli ambienti militari e diventando il Comandante della prestigiosa coorte che garantiva la sicurezza dell’imperatore.

Perché sottolineo questo? Perché Sebastiano è fedele all’imperatore, è fedele alle leggi di Roma, ma è uomo che sa distinguere e sa tenere presente quello che Gesù aveva detto nel Vangelo – e sarebbe molto significativo che ciascuno di noi lo sapesse vivere in pienezza! – : «Rendete dunque quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio» (Lc 20,25). Si può essere “servi”, servitori delle leggi della patria, ma allo stesso tempo si può essere uomini e donne di fede.

Cari amici, non possiamo tralasciare il fatto che oggi stiamo ricordando una tappa triste: ottant’anni fa venivano emanate le leggi razziali, leggi di uno Stato che hanno creato sofferenze inaudite nei bambini, nei papà, nelle mamme… Dare a Dio quello che è di Dio, dare a Cesare quello che è di Cesare: ci sono delle leggi inique, ci sono delle leggi che vanno contro l’uomo.

Non a caso ho ricordato l’epoca in cui è nato san Sebastiano: siamo prima del 313 e dell’editto di Milano con il quale si sancirà che è lecito essere cristiani, siamo in quegli ultimi decenni in cui il potere politico di Roma pretendeva anche di entrare nella coscienza dei cittadini, i quali dovevano adorare l’imperatore. Il dramma e il martirio del vostro patrono, di san Sebastiano, sono legati proprio a questo punto.

C’è un dialogo molto significativo tra il crudele imperatore Diocleziano (le ultime grandi persecuzioni sono sue, all’inizio del IV secolo, una decina di anni prima dell’editto di Costantino) e Sebastiano, il comandante della sua guardia personale. “Io ho avuto fiducia – dice l’imperatore al comandante – e tu mi hai tradito!”. “Non ti ho tradito – è la risposta – . Sono stato osservante alle leggi. Non ho mai fatto nulla contro l’imperatore. Ma io non compio segni di adorazione di fronte  alla statua di un uomo”.

Il vostro patrono era un uomo osservante delle leggi ma era un uomo libero, un uomo che sapeva distinguere il bene dal male. Io ho citato prima le leggi razziali: ci possono essere tante leggi ingiuste che, pure, sono leggi. E allora entra in gioco la coscienza della persona.

La grandezza del vostro patrono era proprio quella di essere un fedele servitore dello Stato che però non rinunciava alla sua fede e alla sua carità. E si adoperava anche per salvare i poveri, coloro che erano in difficoltà o erano ingiustamente gettati in carcere. È una figura molto attuale e molto bella, una figura che dovremmo conoscere di più.

Nel ringraziarvi nuovamente, desidero ribadire l’importanza del vostro compito nelle nostre città. Anche sul piano più strettamente umano, anche per le caratteristiche vostre (personali), anche quando dovete sanzionare giustamente un comportamento sbagliato…

Anche la sanzione appartiene al vostro dovere perché anche l’azione di “contrasto” fa parte dei vostri compiti e guai se non fosse così! Ma, allo stesso tempo, c’è anche tutta una parte propositiva e credo sia una ricchezza tutta vostra, una ricchezza del corpo di Polizia locale della Città Metropolitana. E credo che possa essere anche una ricchezza educativa, soprattutto nei confronti dei nostri giovani.

Ricordo quando avevo la moto a quattordici anni… Quante volte sono stato fermato,  giustamente, dalla Polizia municipale (o dai Carabinieri) e molte volte ho incontrato delle persone che mi hanno anche fatto riflettere poiché a quattordici anni si è un po’ “sbadati”…  E poi, dopo la giusta sanzione, a casa arrivava il resto!

Questo per dire anche che noi abbiamo bisogno, oggi più che mai, di un’alleanza educativa. Guardando l’altro giorno un programma in televisione sul bullismo riflettevo sulla cosa, anche di fronte a certi comportamenti di genitori e a come rispondevano ad un comportamento sbagliato del figlio o della figlia. Mi interrogavo e mi dicevo: il bullismo non nasce solo in un ragazzo di 12/13 anni, ma nasce in un brodo di cultura.

Grazie ancora per tutto quello che fate. Guardate sempre al vostro patrono come ad un uomo libero, ossequiente e rigoroso nell’obbedienza alla legge – alle giuste leggi dello Stato – ma soprattutto, e sempre, uomo libero.