Omelia del Patriarca nella S. Messa in occasione del terzo anniversario dall’inizio dell’adorazione eucaristica perpetua nella cappella di San Silvestro (Venezia, 8 aprile 2018)
08-04-2018

S. Messa in occasione del terzo anniversario dall’inizio dell’adorazione eucaristica perpetua nella cappella di San Silvestro (Venezia, 8 aprile 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Cari fratelli e sorelle,

quando qualcuno di voi arriverà dall’altra parte e busserà alla porta del Paradiso forse, come a tanti altri, sarà chiesto: ma tu che cosa hai fatto nella tua vita?

Poter dire: per un certo periodo – breve o lungo – mi sono impegnato con alcuni fratelli ad inginocchiarmi di fronte alla Santissima Eucaristia, sono stato lì in silenzio anche se qualche volta mi sono distratto, qualche altra volta ho provato qualcosa che non riuscivo ad esprimere umanamente… Ebbene, anche se non potessimo aggiungere altre cose da noi fatte, il Signore ci abbraccerebbe!

Nella Chiesa ci sono realtà diverse ma tutte convergono in un’unica realtà che è il centro, che è il fine, che è il fondamento della Chiesa. Questo fine, questo centro, questo fondamento è il Signore Gesù, è Lui. E la Chiesa è il suo segno efficace nel mondo e noi siamo suoi, segnati dal battesimo che è il suo segno, il segno che ci rende figli nel Figlio.

Il modo in cui Gesù ha scelto di rendersi presente è la Sua Parola, quella che abbiamo ascoltato nella celebrazione eucaristica di oggi; lì Lo incontriamo e scopriamo quello che ci ha voluto e ci vuole dire. Il Signore poi lo incontriamo anche nel fratello, soprattutto nel fratello povero e bisognoso ma c’è una realtà nella quale il Signore si è reso presente – come dice il Concilio Vaticano II nella costituzione sulla liturgia – in un modo massimo: l’Eucaristia.

L’Eucaristia non è una cosa, un pezzo di pane, una reliquia, non è solo un simbolo: è una realtà. È Lui che si rende presente in un modo misterioso ma realissimo e l’accesso a questa Sua presenza si ha attraverso la fede.

Il Vangelo di oggi sottolinea come l’incontro con il Signore non è un incontro diretto con Lui ma un incontro che avviene attraverso la Chiesa.

Tommaso, «perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20,29). Beati coloro che crederanno senza avere la pretesa di mettere le mani nelle ferite dei miei chiodi, nelle piaghe del mio costato e delle mie mani.

I due discepoli di Emmaus – è una catechesi importante e da tenere sempre presente – incontrano il Signore nella Sacra Scrittura ma, soprattutto, nel segno eucaristico.

Oggi è la domenica della Divina Misericordia, la misericordia di Dio che si traduce in quel gesto che Gesù ha voluto spiegare attraverso la lavanda dei piedi alla vigilia della sua passione.

Gesù, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, si è messo a tavola ed ha detto quelle parole: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo… Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati…» (Mt 26, 26-28).

Il dono di avere fede in Gesù Eucaristia, il frequentare Gesù Eucaristia, il vivere a partire da Gesù che si dona agli altri, la contemplazione del mistero della Divina Misericordia portava suor Faustina Kowalska a voler fare in modo che questa caratteristica di Dio plasmasse il suo sguardo, la sua parola, il suo modo di ascoltare e di stare in mezzo alla gente. E l’adorazione è quel momento in cui noi ci lasciamo illuminare, plasmare, formare da quell’ostia, cioè dal Signore Gesù.

L’Eucaristia è veramente adorata e incontrata nella fede quando richiede in noi un atteggiamento di conversione. Lo ricordava all’inizio (e lo ringrazio per questo) il parroco don Antonio; nelle sue parole mi è sembrato di cogliere che, dopo tre anni di adorazione eucaristica, si sente il bisogno di praticare di più il sacramento della riconciliazione, della confessione. E questo vuol dire che si è innestato – attraverso il meccanismo della fede – quella realtà e quel circolo virtuoso per cui si diventa esigenti nei propri confronti.

Quanto è bello vedere il popolo che, al momento dell’Eucaristia, si alza e va a ricevere il suo Signore! Ma sorge una domanda: questa comunione frequente – che è una benedizione, una grazia del Signore – è accompagnata da una preparazione, da una conversione, da un cammino di confidenza e, nello stesso tempo, di rispetto? Al Signore possiamo – e forse anche dobbiamo – dare del “tu”, ma sempre un “tu” rispettoso.

Non dimentichiamo che, la mattina di Pasqua, alla Maddalena che voleva abbracciarlo Gesù dice: «Non mi trattenere» (Gv 20,17). Bisogna interrogarsi su come viviamo l’Eucaristia, su come la celebriamo, su come riceviamo la Santa Comunione.

Dobbiamo anche essere capaci di riscoprire il tempo del silenzio. Il canto è importante, l’ascolto della Parola è importante, seguire l’azione liturgica attraverso la gestualità del corpo è importante ma è importante anche il segno del silenzio, perché Dio parla nel silenzio. E la liturgia deve avere anche momenti di silenzio in cui il cuore ascolta, il silenzio diventa fragoroso e si impone. È bello vedere una comunità che, dopo aver ricevuto il Signore, sta in silenzio adorante. E qui c’è anche il legame importante tra una buona celebrazione e l’adorazione eucaristica, tra una vera adorazione e il bisogno di tornare a celebrare l’Eucaristia.

Noi possiamo allora – all’inizio di questo quarto anno di cammino di adorazione perpetua – verificare la nostra adorazione personale e comunitaria a partire proprio da qui: verificare se c’è il desiderio di riscoprire personalmente e comunitariamente il sacramento della riconciliazione e se c’è questo richiamo – questo circolo virtuoso – tra il momento dell’adorazione e quello della celebrazione e viceversa.

Questa domenica particolare della Divina Misericordia – che segna, per questa comunità, un “compleanno” importante con la fede eucaristica – ci richiama alla mente la figura di questa suora a cui dobbiamo – per delle vicende umane che Dio conduce misteriosamente – l’istituzione della festa odierna nella seconda domenica di Pasqua detta appunto “della Divina Misericordia”.

Tutto nasce dalla vicenda singolare di una suora polacca, di Cracovia, nata agli inizi del secolo e che muore non ancora quarantenne, prima della seconda guerra mondiale. Lascia un vivo ricordo nella sua diocesi, in quella Chiesa di Cracovia dove vive e muove i primi passi un giovane che si chiama Karol Wojtyla e che viene a conoscenza di questo cammino spirituale e di questa rivelazione.

Lui diventa sacerdote, vescovo, arcivescovo della città di Cracovia e porta avanti la causa di beatificazione di questa suora. Diventa Papa e una delle prime encicliche che scrive – ”Dives in misericordia” – parla di Dio che è ricco di misericordia. Qui, praticamente, riversa tutta la spiritualità di suor Faustina Kowalska, quest’umile suora che aveva sempre occupato gli ultimi posti nella comunità ma che era molto preziosa agli occhi di Dio.

E lei, quasi analfabeta, ha lasciato degli scritti spirituali che poi, catalogati e messi in scrittura idonea, hanno rappresentato una crescita della fede della Chiesa circa la Divina Misericordia. Suor Faustina – come sappiamo – è stata beatificata e canonizzata da Giovanni Paolo II il quale, poi, ha istituito per tutta la Chiesa la festa della Divina Misericordia.

Qualcosa di simile era avvenuto nel ’300 quando, attraverso un movimento simile a questo e ad una suora belga, la Chiesa è cresciuta nella fede eucaristica ed è stata istituita la festa del Corpus Domini.

La Chiesa si serve di tutti per crescere nella fede. Anche i più umili, anche le persone quasi illetterate, ma che si lasciano possedere dallo Spirito Santo, possono diventare capaci – attraverso quelle strade che solo Dio sa percorrere – di far crescere la fede della Chiesa.

L’Eucaristia, la misericordia, la fede: riscopriamo questo trinomio, questa grandezza, questa realtà che può cambiare la nostra vita. L’Eucaristia attinta attraverso una fede sempre più grande, l’Eucaristia che diventa una vita capace di misericordia. E quando entriamo in una conversazione con un udito misericordioso e con una lingua misericordiosa o quando incontriamo una persona con uno sguardo misericordioso allora vuol dire che la nostra adorazione eucaristica è vera, è bella, è gradita al Signore e porta beneficio a tutte le persone che incontriamo.

 

 

Al termine della S. Messa e della processione eucaristica, il Patriarca ha infine aggiunto:

Vi incoraggio ad andare avanti. Avere un luogo dove si adora il Signore 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno, è una grazia per chi adora ma soprattutto per la Chiesa di Venezia che vi affido in modo particolarissimo.