Omelia del Patriarca nella S. Messa esequiale per Sua Santità Giovanni Paolo II (Basilica S. Marco, 4 aprile 2005)
04-04-2005

BASILICA PATRIARCALE DI SAN MARCO EVANGELISTA

SANTA MESSA ESEQUIALE PER SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

OMELIA DEL PATRIARCA DI VENEZIA, CARD. ANGELO SCOLA

VENEZIA, 4 APRILE 2005
SOLENNITÀ DELL’ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE

1. «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato (‘) Ecco io vengo per fare, o Dio, la Tua volontà» (Eb 10, 5-7). Il corpo preparato, di cui parla la Lettera agli Ebrei, indica l’offerta di Sé che Gesù ha fatto per ciascun uomo. Egli ci ha liberato dal peccato, strappandoci all’angoscia della morte di cui eravamo schiavi.
«L’offerta del corpo di Gesù Cristo [fu] fatta una volta per sempre» (Eb 10, 10). Il nostro amato Redentore infatti ‘ insiste la Lettera agli Ebrei – ha unito in sé in maniera unica, irripetibile e definitiva, sacerdozio, vittima ed altare. Gesù diventa allora la chiave di lettura per comprendere la vita e la morte di Sua Santità Giovanni Paolo II.
Da quand’era bambino e lungo tutto il percorso della sua esistenza fino ad arrivare all’ultima sofferta tappa, «nel dolore, lieto» (cfr. 2Cor 6, 10), la straordinaria personalità di Karol Wojtyla si rivela quella di un uomo che ha cercato, in tutto, soltanto di immedesimarsi al Crocifisso Risorto: così spesso provato da dolori fisici e morali e nello stesso tempo attivo propugnatore del destino di felicità e di compimento dell’uomo; in più occasioni vittima dell’umana ingiustizia e nello stesso tempo strenuo paladino di giustizia e di pace; non di rado incompreso testimone di fede, nello stesso tempo in cui di questa fede, ha svelato il fascino singolare.
Sacrificio ed offerta di sé sono termini che hanno trovato nel Magistero di Giovanni Paolo II un’espressione incisiva, ripetuta in tutte le Encicliche e in tutti i suoi principali pronunciamenti: la vita umana ha senso solo nel dono totale di sé: «Ecco io vengo a fare la Tua volontà» (Eb 10, 7). A tal scopo – ci insegna il Papa – non basta dare qualcosa di noi stessi, perché al Padre non basta ‘il sacrificio o l’offerta’ di qualche nostro bene, ma alla Sua sovrabbondanza d’amore chiede una risposta integrale di amore. Inoltre, il nostro impegno a corrispondere alla volontà del Padre non dipende anzitutto dai nostri sforzi volonterosi e dai nostri ragionamenti tesi a discernere cosa ci chiedano questa o quest’altra circostanza, questo o quest’altro rapporto. La fede domanda prima di ogni cosa che al dono inesauribile del Crocifisso Risorto la nostra libertà risponda con l’abban-dono, con il dono totale di sé.
Nella dolcezza con cui ha trattato i bimbi, nell’appassionato, lieto incessante interloquire con i giovani, nell’impegno profuso a promozione della famiglia e della vita, nella proclamazione e nella difesa dei diritti degli ultimi, dei diseredati del sud del pianeta, degli uomini del lavoro, nella solidarietà tenace che da anziano ha voluto portare agli anziani, nell’umile testimonianza della sua così esposta, eppure mai ostentata, sofferenza dedicata ai sofferenti e agli ammalati’ in tutto questo, il Papa ha mostrato, in concreto, cosa sia fare la Sua volontà. A noi, uomini smarriti ed assetati di amore, ha indicato, nella sua corporale umanità, come l’amore autentico, cioè Gesù Cristo vivo, sia, per grazia, alla portata dell’uomo. L’amore vero, l’amore che libera e che non lega, è alla nostra portata e oggi più che mai incontra il desiderio di infinito e di autentica libertà dei nostri fratelli uomini.

2. Poteva essere diverso per il Papa del Totus tuus? Non è forse questa l’imitazione che, sorretto dallo Spirito Santo, Egli ha compiuto del fiat di Maria?
La Solennità dell’Annunciazione ci ha fatto poc’anzi entrare nel mistero della vita di quella giovane ragazza di Nazareth. La stringente sequenza del Santo Vangelo ci ha documentato con vivezza le due punte culminanti della libertà della Madonna. Per ben tre volte, per nulla succube ma del tutto vigile e critica, interloquisce col divino annunziatore. Ella «si domandava che senso avesse un tale saluto» (Lc 1, 29); «Com’è possibile? Non conosco uomo» (Lc 1, 34). Ma infine, al culmine dell’istanza critica della libertà mariana, sgorga quel fiat: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1, 38). Mirabile intreccio di criticità e obbedienza è la libertà umana. Essa brilla nell’evento dell’Annunciazione e conduce a quella straordinaria fecondità dell’amore che il profeta aveva intuito giungendo a pronunciare il santo, consolante nome dell’«Emmanuele», ‘il’ Dio con noi» (Is 7,14 ).

3. «E l’angelo partì da lei» (Lc 1, 38). Cosa sarà passato, in quel momento, nel cuore della giovane Maria? Sarebbe presuntuoso inoltrarci nell’abisso di quel Cuore Immacolato. Forse però possiamo abbandonare a quel Cuore il dolore trepido che prova ora il nostro cuore, di fronte alla dipartita di Giovanni Paolo II. Il commovente e universale riconoscimento di popolo che la sua indomita figura sta suscitando, non ci dice forse che questa sua morte è per la vita, che questa partenza non ci lascia soli? Con Maria, cui da sempre si era totalmente consegnato, lui ha ripetuto: ‘Avvenga su di me il tuo disegno o Padre’.
Viene così anche a noi indicata, in questo Dies natalis della nostra amata città, la strada per una vita buona che renda possibile la civiltà dell’amore: se rispetta il disegno di Dio l’uomo edifica, costruisce.

4. Fra poco noi pregheremo insieme: «Signore concedi l’eterna ricompensa al tuo servo e nostro papa Giovanni Paolo II e a noi tutti i benefici della tua misericordia». In cosa consistono questi benefici se non nell’invocare Cristo Signore che ci renda, a nostra volta, degni testimoni della grande testimonianza di Karol Wojtyla?
Ma questa straordinaria testimonianza ha un segreto: Egli si è lasciato prendere totalmente a servizio dalla Chiesa e per la Chiesa. Folgoranti in proposito sono i versi di Karol Wojtyla su Santo Stanislao martire:
«Voglio descrivere la Chiesa – ‘
‘ che sempre mi sovrasta ‘
Chiesa: il fondo e la vetta del mio essere’
‘ Voglio descrivere la mia Chiesa nella quale, nei secoli
parola e sangue procedono insieme
uniti dal soffio occulto dello Spirito’
‘ se la parola non ha convertito, sarà il sangue a convertire».
Ma solo chi è libero può essere testimone. E se uno è libero davvero allora è un uomo riuscito. In questo momento il comune sentire ‘dei fedeli e degli uomini di buona volontà’, il nostro personale e comune sentire, avverte con chiarezza che Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla, è un uomo riuscito.
Caro, dolce Papa a Dio.
Amen.