Omelia del Patriarca nella S. Messa durante l’Incontro diocesano delle famiglie “L’ABC degli sposi e della famiglia” (Domenica 15 novembre 2015, Istituto San Marco dei Salesiani - Gazzera/Mestre)
15-11-2015

Patriarcato di Venezia – Pastorale degli sposi e della famiglia

S. Messa durante l’Incontro diocesano delle famiglie “L’ABC degli sposi e della famiglia”

(Domenica 15 novembre 2015, Istituto San Marco dei Salesiani – Gazzera/Mestre)

 Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

Soffermiamoci un momento sul Vangelo, su quella parte in cui Gesù dice: “Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi…” (M 13, 28-29).  Ci dice: imparate dalla parabola dell’albero del fico. Riuscite a capire quando ormai è la stagione dei frutti, da piccoli segni: il ramo diventa tenero, spuntano le foglie e capite che il momento sta per arrivare.

Gesù non ci fa mancare i segni che guidano la nostra vita. Una vita di coppia, una vita che ha generato vite, ha bisogno di questa presenza e di questa indicazione del Signore.

La prima cosa che vorrei dire – e che, in parte, ho già detto – è che dobbiamo dedicare più tempo a comprendere quello che il Signore vuole da noi nel silenzio della preghiera. Il Signore sa che dei genitori, degli sposi, sono gravati da mille impegni in una giornata. Il Signore lo sa. C’è il lavoro, si lavora tutti e due, c’è da portare i bambini all’asilo o a scuola, ci sono tante incombenze che gravitano intorno ai genitori, ai suoceri… Però la famiglia ha bisogno di un momento di discernimento!

Un papà e una mamma che pregano si devono inventare il quando e il come. Un genitore, uno sposo e una sposa che fanno la fatica di chiedere al Signore all’inizio di una giornata – “Cos’è bene per me? Cos’è bene per la mia famiglia?” – riescono a discernere, a capire, a leggere i segni dei tempi, a vedere quello che il Signore vuole da loro e dalla loro famiglia oggi. E allora veramente il matrimonio diventa cristiano, un’alleanza nel Signore. Affidati a Lui.

Nella prima lettura di oggi (Dn 12, 1-3) si parla di Michele, il “gran principe che vigila sui figli del tuo popolo”. Ma il vero Michele (il cui nome significa “Chi è come Dio?”) è Gesù.

Vi ricordate l’episodio di Gesù sulla barca? La barca sta affondando. Gli apostoli – che pure sono esperti pescatori e conoscono bene le insidie del lago di Genesaret – sanno come affrontare le correnti e le onde ma a un certo punto non ce la fanno più… Implorano Gesù e lui li rimprovera per la poca fede… Ecco, lo sposo e la sposa cristiani, i genitori cristiani, sanno che il Signore al momento opportuno non lascia soli.

Un episodio analogo racconta di Pietro che vede Gesù camminare sulle acque e dice: “«Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»”.

L’impossibile! Come si può camminare sulle acque? Un uomo di mare lo sa bene, sull’acqua non si cammina. Ma fintanto che Pietro guarda Gesù, cammina sulle acque… L’impossibile. Quando in una famiglia ci sono problemi, ci sono difficoltà e si fa tutto il possibile che è nelle nostre mani umane, Dio farà l’impossibile. Fintantoché Pietro obbedisce al Signore e lo guarda, cammina sulle acque ma poi si lascia prendere dalla paura.

Vorrei che ci fermassimo proprio su questo, sia nell’episodio della barca che sta per affondare, sia nell’episodio di Pietro che cammina sulle acque. Gesù dice a noi oggi: “Sono io! Perché avete paura? Non credete ancora?”.

Immergiamo il nostro matrimonio in una visione di fede, dove la fede recupera l’umano. Non parliamo di una fede che chiude in chiesa, ma parliamo di una fede che coglie tutto a partire dalla realtà ultima; tutto viene da Dio, tutto nelle mani di Dio, tutto è guidato da Dio. Molte volte le nostre paure – quante paure hanno, i genitori, giustamente – nei confronti del futuro dei figli e nei confronti della precarietà della vita, a volte, dicono anche la nostra poca fede. Chiediamo al Signore non di non avere paura ma di avere una fede più forte. Più forte per noi, per la nostra sposa, per il nostro sposo, per i nostri figli.

Un’altra piccola cosa che vorrei dire – e concludo – riguarda questi “signori” che abbiamo seduti in prima fila [i bambini]: la celebrazione domenicale li educa attraverso non delle parole ma attraverso la testimonianza. Quanto è importante che una famiglia la domenica si vesta non come gli altri giorni, si vada in chiesa insieme e si preghi insieme!

Quanto è importante, quanto serve di più che il papà si vada a confessare, piuttosto che dire al bambino: “Vatti a confessare”. Perché se va egli stesso a confessarsi dice la cosa più importante: “Guarda che anche papà, che per te è importante, si confessa”. Io li vedevo mentre cantavano all’inizio e vedevo alcuni che guardavano gli altri e facevano quello che gli altri facevano… Noi trasmettiamo la fede non attraverso le lauree in teologia ma attraverso la nostra fede vissuta.

La domenica non dobbiamo dire ai nostri bambini: “Abbiamo l’obbligo di andare a messa”. L’obbligo c’è, ma… dobbiamo dire alla nostra parrocchia, al parroco, ai vostri amici, alle persone che incontriamo per strada che Gesù è risorto! Questo è il senso della domenica.

Incominciamo a riscoprire la bellezza del Vangelo cristiano e della testimonianza cristiana. Usciamo fuori da schemi che ci hanno un po’ logorato, riscopriamo la freschezza del battesimo e la bellezza di dire con la nostra vita: “Io credo”. Per me la domenica non può essere priva del gesto di Gesù. Riscopriamo questa semplicità. Annunciamo agli altri, anche alla nostra comunità, questa freschezza del Vangelo che può venire soprattutto dalle giovani famiglie.