Omelia del Patriarca nella S. Messa durante la Giornata formativa diocesana e con il Mandato a catechisti ed evangelizzatori (Mestre - Istituto Salesiano S. Marco, 30 settembre 2018)
30-09-2018

S. Messa durante la Giornata formativa diocesana e con il Mandato a catechisti ed evangelizzatori

(Mestre – Istituto Salesiano S. Marco, 30 settembre 2018)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Desidero innanzitutto ringraziare i confratelli che, nonostante la giornata festiva, si sono resi presenti, alcuni in mattinata ed altri qui concelebrando quest’eucaristia.

Per la Chiesa è un evento importante, è il momento in cui “immaginiamo” quello che il Signore vuole da noi: riscoprire il sacramento del battesimo, riscoprire che siamo un popolo chiamato ad essere profeta, re e sacerdote. Il battezzato è tutte queste cose. La profezia è portare il pensiero di Cristo in noi, è annunciarlo e proporlo agli altri; la regalità è costruire la vita secondo le priorità di Dio.

Ho parlato questa mattina di virtù teologali: fede, speranza, carità. Il battezzato è uomo di fede, speranza e carità che rende vere nelle opere di misericordia la sua fede, la sua speranza e la sua carità.

La profezia e la regalità chiedono di portare lo sguardo misericordioso su tutto l’uomo: non di solo pane vive l’uomo. Essere profeti – cioè portare il pensiero di Cristo in noi, la Parola di Dio in noi – vuol dire essere capaci di dare una priorità alla nostra vita e ci ricorda che l’uomo non è solo quello che mangia, anche se l’uomo deve poter mangiare e ci preoccupa il fatto che non tutti possano mangiare e ci adoperiamo affinché tutti possano mangiare… Ma ci preoccupa molto anche la fame di senso e di verità.

È questo anche il giorno del Mandato a catechisti ed evangelizzatori ed anche agli insegnanti di religione (secondo lo specifico dell’insegnamento della religione cattolica a scuola). Il Mandato catechistico si inserisce, allora, insieme agli altri “mandati” che riguardano  l’evangelizzazione e la cultura.

Sì, dobbiamo essere capaci di consigliare, di insegnare e anche di ammonire con carità; dobbiamo essere capaci di perdonare e di pregare per i vivi e per i morti. Le opere di misericordia spirituale aiutano l’uomo ad essere uomo, a non essere unicamente un tubo digerente…

La profezia, l’ordinare le realtà terrene della storia secondo le priorità di Dio, l’offrire con mani libere le nostre vite al Signore è il sacerdozio universale del popolo di Dio, per cui ha senso e significato il sacerdozio ordinato o ministeriale. Perché si ordina un prete? Perché c’è un popolo che chiede di poter incontrare Dio.

Il battesimo, allora, è proprio quel pensare secondo Cristo, quell’ordinare secondo Cristo, quel lasciare che Cristo esprima al meglio la nostra mascolinità, la nostra femminilità, la nostra sponsalità, la nostra consacrazione religiosa, il nostro ministero ordinato.

È un momento importante riuscire a parlare ad una Chiesa che si sente e si comprende, in tutti i suoi livelli, “soggetto ecclesiale”. Cominciamo col riscoprire il Battesimo e non avremo più il problema delle vocazioni al sacerdozio!

Troppe volte, infatti, anche all’interno della Chiesa, si sono vissuto conflittualmente le vocazioni. Dare ai laici era togliere ai preti, dare ai preti era togliere ai laici, ma la strada è un’altra: il battesimo vissuto in pienezza apre quel bambino, quella bambina, quell’adolescente, quell’uomo o quella donna ad una vocazione ulteriore. Siamo chiamati a riconoscere quel minimo comune denominatore che abbiamo ricevuto nel battesimo e che ci è stato dato nel kerygma cristiano; siamo stati tutti battezzati nella morte e risurrezione del Signore e la celebrazione eucaristica è andare a Dio attraverso Cristo nel dono dello Spirito Santo. Nella lettera pastorale “L’amore di Cristo ci possiede” invito perciò a riscoprire nelle nostre comunità questo inno di gloria, posto al termine della preghiera più santa del prefazio del canone.

Chi oggi riceve, ai vari livelli, il Mandato entra in modo particolare nella missione della Chiesa. A tutti coloro che ricevono il Mandato nei vari segmenti dell’evangelizzazione, in primis i catechisti ma anche gli altri, ricordo: tu non porti te stesso, tu porti il Vangelo e portare il Vangelo vuol dire credere, nutrirsi, celebrare quella Parola. E a voi catechisti, operatori della pastorale ed evangelizzatori, dico: non sognate una Chiesa perfetta, la troveremo solo in Paradiso.

San Paolo ci invita poi a portare gli uni i pesi degli altri. Noi facciamo parte di quella Chiesa che sta ancora camminando nelle tribolazioni e nelle gioie, nelle sofferenze e nel successo, ma, proprio sperimentandoci piccola Chiesa ma credente, noi faremo l’incontro più gratificante della nostra vita. E può darsi che il vero incontro con il Signore non l’abbiamo ancora fatto, anche se siamo avanti negli anni…

Prepariamoci, disponiamoci, poniamo le condizioni affinché questo incontro avvenga ed avvenga presto perché la vita è breve, ma in questa brevità noi siamo chiamati a dare tutto e chi dà tutto – anche se quel poco che dà è veramente poco -, essendo tutto, compie un atto di amore perfetto. La nostra fede diventi, insomma, pienezza di amore.

Alla fine della Messa reciteremo poi – come ha chiesto il Papa per il prossimo mese di ottobre – la preghiera a San Michele Arcangelo e l’antica preghiera mariana “Sub Tuum praesidium”. L’ha chiesto esplicitamente il Santo Padre dicendo così: al termine della recita del rosario, nel mese di ottobre, chiedo che venga recitata da ogni comunità, da ogni persona, la preghiera in cui si chiede la protezione alla Vergine Santissima e la preghiera a San Michele Arcangelo. E il Papa ci offre anche una motivazione ben precisa: perché il maligno non ci divida da Dio e tra di noi.

Desidero ringraziare in questa occasione, perché hanno servito profondamente, i vicari episcopali che hanno terminato il loro quinquennio e sono divenuti parroci: don Danilo Barlese e don Dino Pistolato. Li vedo volentieri qui e li ringrazio per il cammino di servizio diocesano che hanno fatto in questi anni.

Sono contento anche della presenza di don Fabrizio Favaro e di don Daniele Memo che subentrano ora nell’ambito dei servizi diocesani e della pastorale diocesana; avremo occasione di apprezzare il loro impegno.

Aiutiamoci tutti a vicenda e chiediamo al Signore che il Mandato sia un impegno reciproco tra di noi per portarci gli uni gli altri nella preghiera.