S. Messa nella festa della Beata Vergine Maria del Santo Rosario
(Cattedrale di Adria, 7 ottobre 2018)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Stimate autorità, cari confratelli nel sacerdozio e cari fedeli,
ringrazio il Vescovo Pierantonio per l’invito a presiedere questa celebrazione nella festa della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Insieme contempleremo la bella figura della Madre del Signore qui particolarmente venerata. La storia ci ricorda, infatti, che tre secoli fa -. nell’anno 1717 e proprio ad Adria – imperversava un’epidemia di vaiolo e il popolo si impegnò con ufficiale promessa a celebrare solennemente, ogni cinque anni, la festa della Madonna del Rosario.
La città di Adria, da tempo, era già nota in tutto il Polesine come “Antica città di Maria”. Quella tragica epidemia non fece altro che manifestare la profonda devozione mariana dei suoi abitanti.
Bisogna anche ricordare che nel 1573, presso la Cattedrale di Adria, era stata istituita la “Scuola del Santo Rosario” composta da quindici confratelli, come quindici erano i misteri del santo Rosario.
E tali rimasero fino a quando san Giovanni Paolo II – con la Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae del 16 ottobre 2002 – aggiunse ai tradizionali misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi i cinque della vita pubblica: i misteri della luce.
Il Nuovo Testamento, come sappiamo, ci presenta la Madre del Signore come figura centrale sempre a servizio del Figlio. Mi piace ricordare come il Concilio Vaticano II si esprime circa la Madre del Signore.
Leggiamo nella Lumen gentium: “La beata Vergine, predestinata fino dall’eternità, all’interno del disegno d’incarnazione del Verbo, per essere la madre di Dio, per disposizione della divina Provvidenza fu su questa terra l’alma madre del divino Redentore, generosamente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico…” (Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, n. 61).
Maria – per il Nuovo Testamento – è quindi la madre; a Lei, nei momenti solenni, Gesù si rivolge chiamandola “donna” ma a noi la dona come “madre”. Non come una sorella o un’amica, non come una compagna, ma come la “madre”.
Il dialogo al Calvario, tra Gesù e l’apostolo Giovanni, è molto chiaro: «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19,25-27).
La festa odierna della Beata Vergine del Santo Rosario guarda alla Madre di Gesù a partire da questa preghiera.
Noi oggi ricordiamo la festa voluta dal Papa san Pio V dopo l’inattesa vittoria di Lepanto, non perché il santo Papa fosse un guerriero o un ammiraglio, ma perché tale vittoria fu attribuita all’efficacia delle sue preghiere, e in modo particolarissimo del Rosario.
Vittoria, inattesa e clamorosa, sulla carta impossibile, perché le forze cristiane erano di molto inferiori. Il santo Papa, nel momento della vittoria, interruppe una udienza in cui stava parlando di questioni amministrative e disse: ”Andiamo a ringraziare la Madonna”. E poi diede ordine che a mezzogiorno si suonassero le campane.
La preghiera del santo Rosario, diffusa ovunque nel mondo cattolico, è preghiera cristologica; tutto in essa si dispone attorno a Gesù e a partire dalla contemplazione dei suoi misteri.
Nel Rosario troviamo, all’inizio di ogni decina, la preghiera del Padre Nostro (la preghiera di Gesù); ad essa segue l’enunciazione del mistero di Cristo e, infine, si recita per dieci volte l’Ave Maria, in cui la Madre di Gesù è Colei che intercede e alla quale va la devozione filiale.
Così la preghiera del santo Rosario è preghiera cristologica e fondata nella contemplazione dei singoli misteri di Gesù Cristo che, insieme, ne danno una visione complessiva. E quando la teologia, nella sua riflessione sistematica, lasciò in ombra la trattazione dei misteri di Cristo, allora, supplirono la celebrazione dell’anno liturgico e la recita del santo Rosario.
L’apostolo Paolo – quando parla della sua missione, del ministero apostolico – chiarisce che consiste nello “svelare” la parola di Dio, ossia Gesù Cristo dato agli uomini. Ecco le sue parole: “…il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo” (Col 1,26-28).
Questa centralità del mistero di Gesù nella recita del santo Rosario, è confermata, dalla Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae; in essa si dà un’integrazione affinché la preghiera del Rosario – così cara al popolo cristiano – diventi in modo ancora più completo “compendio” di tutto il Vangelo.
San Giovanni Paolo II chiede infatti di meditare, oltre ai misteri della gioia (incarnazione e vita nascosta di Gesù), del dolore (passione e morte) e della gloria (risurrezione, pentecoste, paradiso), anche quelli della luce che riguardano la vita pubblica di Gesù (dal battesimo all’istituzione della santissima eucaristia).
Ascoltiamo, allora, lo stesso Giovanni Paolo II che, nella citata Lettera apostolica sul Rosario, così si esprime: ”Ritengo (…) che, per potenziare lo spessore cristologico del Rosario, sia opportuna un’integrazione che, pur lasciata alla libera valorizzazione dei singoli e delle comunità, gli consenta di abbracciare anche i misteri della vita pubblica di Cristo tra il Battesimo e la Passione. È infatti nell’arco di questi misteri che contempliamo aspetti importanti della persona di Cristo quale rivelatore definitivo di Dio. Egli è Colui che, dichiarato Figlio diletto del Padre nel Battesimo al Giordano, annuncia la venuta del Regno, la testimonia con le opere, ne proclama le esigenze. È negli anni della vita pubblica che il mistero di Cristo si mostra a titolo speciale quale mistero di luce: «Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo» (Gv 9,5)“ (Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, n.19).
Desidero ora richiamare brevemente, solamente in maniera allusiva, le letture della festa odierna della Beata Vergine Maria del Rosario.
La prima lettura è tratta dagli Atti degli Apostoli (At 1,12-14) e ci consegna l’icona di Maria e gli apostoli in preghiera; il salmo responsoriale è costituito da quello che è l’inno mariano, per eccellenza – il Magnificat – in cui si narra l’evento che ha cambiato la storia, l’incarnazione (Lc 1,26-38).
La prima lettura, dicevo, è l’icona viva della Chiesa: lo Spirito invocato dagli apostoli riuniti attorno alla Madre di Gesù; essi, in obbedienza alla Sua parola, che attesta il compimento della Sua promessa, sono riuniti in preghiera con Maria, la Madre.
Maria, nella sua persona, nel suo credere, amare e sperare, è l’immagine splendida, completamente riuscita e pienamente identificativa della Chiesa, considerata nel suo mistero; i discepoli, invece, sono coloro che, nella Chiesa esprimono, la ministerialità, funzione essenziale ma non esaustiva e, quindi, non identificativa della Chiesa.
Ora, come la Vergine Maria, è esempio di fede, speranza e carità, anche noi siamo chiamati a “portare” al mondo, nella fede, nella speranza e nella carità, il Signore Gesù. Ed è proprio la preghiera del santo Rosario che ci fa crescere – attraverso l’intercessione di Maria – nella comprensione del mistero di Gesù Cristo nascosto nei secoli e, oggi, a noi pienamente rivelato.
Come ha chiesto recentemente Papa Francesco, cresciamo nella comprensione del mistero di Cristo recitando – dopo la preghiera del Rosario – l’antica antifona mariana Sub tuum praesidium e la preghiera a san Michele Arcangelo per “proteggere la Chiesa dal diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi”.
Infine, in questo mese di ottobre che la Chiesa dedica alla preghiera del Rosario, riscopriamone il valore. Riprendiamone la recita personale ma, soprattutto, comunitaria e in famiglia.