Omelia del Patriarca nella S. Messa durante il pellegrinaggio mariano presso la parrocchia di S. Pietro ad Oriago (Oriago di Mira, 7 dicembre 2019)
07-12-2019

S. Messa durante il pellegrinaggio mariano presso la parrocchia di S. Pietro ad Oriago

(Oriago di Mira, 7 dicembre 2019)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari confratelli, vi ringrazio intanto della vostra presenza come ringrazio anche, in modo particolare, tutti quelli che si sono uniti in questa celebrazione eucaristica.

Come vivere il pellegrinaggio del primo sabato del mese? Non è un favore che noi facciamo alla Madonna! È un momento di grazia importante per la nostra vita, per le nostre famiglie, per la nostra comunità; è ricevere qualcosa.

Sono tante – e nella vita spirituale, direi, troppe – le cose necessarie di cui avremmo bisogno e di cui non abbiamo consapevolezza; com’è importante il rapporto con Dio in tutte le stagioni della vita!

Ringrazio oggi della presenza di tutti questi bambini perché è a quest’età che noi diciamo loro – con la parola ma anche con la testimonianza di vita – che Dio è importante, che non possiamo costruire una vita di uomini di donne di comunità a prescindere a Dio, o meglio, la possiamo anche costruire ma come? Il secolo XX è uno di quei secoli che ha pensato di costruirsi al di fuori di Dio o contro Dio. E abbiamo avuto la Prima Guerra Mondiale, che ci ha toccato da vicino (Caporetto, il Piave ecc.), mentre a Fatima la Madonna dice: se non ritornerete a Dio… Ma, guardate, ritornare a Dio vuol dire fare il nostro bene, costruire un uomo e costruire delle relazioni umane degne dell’uomo: Dio vuole questo da noi!

I dieci comandamenti Dio ce li ha dati perché sono il nostro bene. Non sono bene perché Lui ce li ha dati; Lui ce li ha dati perché sono il nostro bene. Pensate un attimo ad una vita di relazione tra persone, famiglie, società e Stati in cui non si mente, in cui non si uccide, in cui non si ruba. Questi sono i comandamenti di Dio, mentre alcuni cattivi maestri dicono ai nostri giovani: sono dei legami, tu devi essere libero…

Il XX secolo si è costruito a prescindere da Dio. Contro Dio. E la Seconda Guerra Mondiale ha provocato 55 milioni di morti. E poi potremmo prendere in esame tante altre sofferenze… Perché adesso c’è questa ondata di emigrazione incontenibile? Perché più di cinquant’anni fa l’Europa, l’Occidente, l’America hanno chiuso le orecchie alla Populorum Progressio di Paolo VI (1967). I popoli ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. Ma è stato messo il silenziatore – la sordina – a questo messaggio che avrebbe fatto bene al mondo: all’Europa, all’Africa, all’Asia, all’umanità.

Noi cattolici abbiamo, molte volte, dei sensi di inferiorità culturale e invece dovremmo capire che l’ispirazione che viene dal Vangelo – che diventa anche il pensiero sociale cristiano – è qualcosa che fa bene all’uomo, agli uomini, all’umanità, alla nostra società.

Il messaggio di Fatima ha detto semplicemente questo: chi mette Dio al centro della sua vita incontra gli uomini e ogni incontro con un uomo – soprattutto con chi ha bisogno di essere incontrato – va fatto a partire non solo dalle opere di misericordia corporali (non siamo dei tubi digerenti e basta!) ma anche da quelle spirituali: la carità di ascoltare una persona, la carità di consigliare, anche se magari ci chiediamo: ma chi me lo fa fare… devo occuparmi anche degli altri? Se incominci a occuparti degli altri, vedrai qualcosa di nuovo nella tua vita per te e per la tua famiglia. Invitare un povero alla propria tavola dice più di tante lezioni che noi possiamo dare ai nostri figli.

Abbiamo di fronte il Natale e dobbiamo decidere: vogliamo che sia un Natale cristiano? Dipende da noi. E allora se io voglio che il Natale sia cristiano io devo decidere di incontrarlo. Anche nelle nostre relazioni umane, io incontro un altro quando decido di avere tempo per lui. Ogni giorno dovremmo porci questa domanda: quanto tempo ho dedicato al Signore oggi?

Quando io voglio entrare in rapporto di amicizia e di relazione con una persona, con delle persone, o far parte di una comunità devo decidere di aver tempo per quella persona, per quelle persone, per quella comunità. Io ho tempo per Dio? La risposta più sbagliata sarebbe dire: ho tante cose da fare. Ma – vedete . chi in genere ha più tempo per Dio è chi ha più cose da fare degli altri; chi non ha niente da fare non ha tempo per Dio, per gli altri e per sé.

Avere tempo per Dio per una mamma che ha quattro figli, che devono andare all’asilo o a scuola, che ha un papà che collabora, ma ha il suo lavoro come magari la mamma, forse vuol dire pochi minuti in un giorno. Ma di fronte a Dio quello che conta è l’intensità, è l’amore, è la qualità dell’incontro.

Un monaco o una suora di clausura hanno nell’ordine, nel regolamento, un’ora di meditazione al mattino e un’ora di meditazione alla sera. San Francesco di Sales – che è stato un grande direttore spirituale – diceva: anche il soldato deve farsi santo, ma non chiederò al soldato quello che chiedo al cappuccino o che chiedo alla suora carmelitana.

Io dico che anche un ragazzo, un adolescente, un papà, una mamma, un anziano, un malato debbono farsi santi. Farsi santi non è un optional della vita; l’alternativa è fare da sé, chiudersi in se stessi. E quando noi vediamo una persona, soprattutto un adolescente o un bambino, che si chiude in se stesso, si salvi chi può perché può mancare di nulla ma sarà sempre alla ricerca di qualcosa.

È il primo Sabato del mese. Ringrazio per due cose. Intanto per i bambini. A Fatima la Madonna si è riferita a tre bambini, non a tre cardinali o a tre vescovi, non al patriarca di Lisbona o a tre professori universitari, ma a tre bambini, di cui la più grande aveva poco più di dieci anni e la più piccola aveva sette anni.

Perché si è riferita a loro? O mettiamo in dubbio che la Madonna sia intelligente e ci voglia bene oppure dobbiamo cercare – come credenti – di capire perché la Madonna si è riferita ai bambini. Dobbiamo ricominciare da loro, sono l’inizio di un cammino della nostra comunità. Ecco l’importanza di testimoniare la propria fede.E quando noi prepariamo i genitori al matrimonio parliamo delle fragilità e delle infedeltà, certo, ma non deve mancare il tema dell’educazione e della trasmissione della fede ai propri figli.

Secondo ringraziamento: abbiamo cominciato dalla piazza del mercato e abbiamo finito in chiesa; le due cose per il cristiano stanno insieme. Noi non siamo, voi non siete, nessuno di noi vuole essere cristiano della domenica, perché essere cristiano della domenica vuol dire non essere cristiano. Io devo essere cristiano il lunedì, il giovedì, il venerdì, la domenica… Io devo essere cristiano in chiesa e nella piazza del mercato che vuol dire un po’ la nostra vita civile.

Ribadisco a tutti la necessità di una buona confessione in vista del Natale: riscopriamo la gioia di sentirci perdonati. A volte diciamo: ma il Signore sa già quello che ho fatto, me la intendo direttamente con lui. Ma allora ne sai o credi di saperne più di Gesù Cristo? Perché Gesù Cristo ha istituito il sacramento della riconciliazione e lì – come succede anche nella preghiera – noi non andiamo a dire a Dio quello che Dio sa meglio di noi ma facciamo un cammino personale per prendere coscienza di chi siamo, di cosa chiediamo a Dio e intraprendere un cammino vero di conversione.

San Benedetto diceva che il monaco può guidare gli altri monaci e diventare abate quando fa tre cose. Ve ne dico solo due. La prima: essere capace di perdonare e di non vendicarsi (pensiamo a quelle piccole vendette che iniziano nell’età dell’asilo…).  Seconda cosa: un monaco può guidare gli altri monaci quando non è più una persona autoreferenziale, che mette se stesso al centro, che parla solo di se stesso e quando inizia a parlare gli altri lo devono ascoltare mentre lui non ascolta mai nessuno…

Iniziamo questo cammino guardando alla bella figura del vescovo Ambrogio, il santo di oggi, e ritorniamo a chiedere al Signore la grazia di santi pastori, di seminaristi docili, sereni, umani semplici, generosi e capaci di guardare al Signore Gesù.