S. Messa durante il pellegrinaggio mariano diocesano dalla chiesa parrocchiale
di S. Barbara alla chiesa parrocchiale di S. Maria Ausiliatrice / Gazzera
(Mestre, 4 febbraio 2017)
Omelia del Patriarca Francesco Moraglia
Ringrazio i confratelli presenti e i parroci delle due comunità. Ringrazio anche per le parole che sono state dette all’inizio di questo pellegrinaggio che vuole segnare anche una comunione tra le parrocchie perché oggi non si costruiscano più muri ma si costruiscano sempre più dei ponti, anche all’interno della Chiesa.
Molte volte, infatti, pensiamo che solo la società civile debba costruire ponti e non muri. E questo è vero e deve essere così. Ma anche tra le nostre comunità parrocchiali si deve essere capaci di costruire delle finestre, delle porte e dei ponti affinché la nostra Chiesa oggi possa esprimersi, secondo le sue forze e secondo le sue debolezze, ma in modo ecclesiale e facendo delle necessità anche una grazia per crescere.
Oggi vorrei che questo pellegrinaggio fosse soprattutto nel segno di Maria “Regina della pace”. Ad ascoltare e vedere certi giornali radio e certi telegiornali, infatti, non si rimane tranquilli. Dobbiamo, allora, esaminarci e chiederci: noi cosa possiamo fare non tanto “per la pace” ma per diventare noi uomini e donne di pace?
La comunità cristiana si deve interpellare su come si diventa uomini e donne di pace. E Maria ci indica che cos’è la pace, ce lo dice nella sua vita. Dobbiamo, insomma, chiederci se siamo una Chiesa mondanizzata e riduciamo la nostra “ecclesialità” unicamente a gesti sociali oppure se siamo uditori della Parola. Maria, con la sua vita, ci dice che cos’è la pace e non possiamo dimenticare che, prima di tutto, Maria è l’Immacolata. La pace inizia qui; la conversione personale, la guerra, le lotte, le ripicche, le vendette nascono dal cuore dell’uomo.
Come inizia la vita di Maria? Con un dono grande: è l’Immacolata! Ma questo, appunto, è un dono. La vita di Maria, però, inizia anche con una risposta, con Lei che risponde alla chiamata di Dio. La pace nasce proprio da questo dono che La rende immacolata e da Lei che accoglie, con un sì, questo dono.
“Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te…”. Piena di grazia, diventerai madre… Ecco la serva del Signore. Qui c’è il nucleo evangelico – e quindi divino e umano – della pace, perché se noi riduciamo il cristianesimo ad uno spiritualismo stiamo fuori del Vangelo. Il Vangelo è il Verbo che si è fatto carne! Ma non è sempre facile tenere insieme i due elementi: Dio e l’uomo, la preghiera e il lavoro, la grazia e la libertà.
Il cristianesimo – dicevo – non è uno spiritualismo, non è un gesto sociale. Certo, dal cristianesimo nasce la spiritualità e dal cristianesimo nasce l’insegnamento sociale ma il cristianesimo è il Verbo che si fa carne. C’è una frase che appartiene alla spiritualità cristiana ed è una frase “rubata” alla mariologia: “Nella tua volontà la mia pace”.
Noi rimaniamo spesso prigionieri dei criteri del mondo e allora diciamo che la pace è assenza di guerra; guai a noi se avessimo questo concetto di pace… La pax romana: quando Roma aveva vinto e ridotto tutti in schiavitù, non c’era più la guerra ma non è la pace questa… La pace non è solo l’assenza della guerra anche perché, a furia di individuare la pace così, ci ritroveremo nella guerra.
La pace è il risultato di persone e di comunità che hanno il coraggio di dire la verità, che hanno il coraggio di compiere opere di giustizia, che hanno il coraggio di amare e, quindi, di saper perdonare. Ogni mancanza di verità, ogni verità negata, ogni verità ritardata, ogni ingiustizia produce la ribellione di chi si sente negare una verità di cui aveva bisogno, di chi si sente negare quella giustizia che gli apparteneva.
Gesù è il Re della pace: si presenta così nel Vangelo e Gesù per questo ha dovuto sempre combattere. La pace non è il pacifismo. La pace è il risultato spontaneo delle cose che si mettono intorno a noi in modo pacifico. La pace c’è quando ci sono i costruttori di pace, di verità, di giustizia, di un amore che sa perdonare, di un amore che è misericordia e dove la misericordia non è la tolleranza, perché la tolleranza molte volte si limita a non vedere la colpa mentre la misericordia guarisce la colpa.
Essere cristiani vuol dire andare fino in fondo. Quante volte si è sentito parlare del peccato in termini esclusivamente sociali: il peccato è frutto di strutture di peccato, di una politica e di un’umanità peccatrice… Ma bisogna avere il coraggio di dire che dietro quell’umanità, dietro quella politica e dietro quelle strutture ci sono degli uomini, ci sono delle donne, ci sono delle comunità.
La storia del secolo scorso ci dice che intere nazioni, interi continenti, non sapevano quello che succedeva e allora è potuto venire fuori Hitler ed è potuto venire fuori Stalin; sono potuti venire fuori i vari dittatori. La pace è rischiare.
Mi ha colpito leggere recentemente la biografia di un contadino austriaco che è stato beatificato: Franz Jägerstätter. Era padre di famiglia, aveva condotto inizialmente una vita molto libertina – tutte le donne erano sue – ma poi, ad un certo punto, si converte, si sposa, ha due figlie e si scontra con la stella sorgente del nazismo. Vi invito a leggere la vita di quest’uomo. Vi dico solo la conclusione: Jägerstätter muore e muore perché non si voleva arruolare nella Wehrmacht in quanto riteneva che un cristiano non poteva combattere una guerra palesemente ingiusta. La moglie lo sostenne in questa lotta che voleva dire andare a morire e lasciare la famiglia con le due figlie ancora bambine.
Il cappellano delle carceri, negli ultimi giorni, cercava di “convincerlo” ma usciva fuori da quei colloqui dicendo: ha ragione lui, ho cercato di convincerlo a cedere ma lui, pacatamente, ha detto che non può farlo… E gli lasciarono, fino al giorno dell’esecuzione, sulla scrivania della cella dove era tenuto prigioniero, uno specimen: bastava che mettesse la sua firma e si sarebbe potuto arruolare e così tornare, probabilmente, dalla sua moglie e dalle sue due figlie.
La pace è frutto di una comunità e di persone che amano la verità, la giustizia e che sanno anche perdonare, che non confondono la tolleranza – che canonizza il reato e il peccatore, lasciandolo nel reato e nel peccato – con la misericordia che è invece guarire e sanare chi ha compiuto un reato o un peccato.
Il Vangelo ci dice poi una cosa importante: quando Gesù parla della verità, indica anche un nemico della verità che si chiama Satana, padre della menzogna. Educhiamoci ed educhiamo le nostre comunità – e soprattutto i nostri giovani – al valore della verità, perché la verità ci mette in questione e ci fa capire che non siamo padroni di nulla ma che siamo servitori.
E la guerra inizia, in genere, proprio con delle menzogne. Andate a rivedere gli accordi che hanno preceduto l’inizio della seconda guerra mondiale… Quando non si dice la verità, quando non si vedono le ingiustizie, quando non si è disposti ad amare e perdonare gli altri, quando non si vede la tratta degli esseri umani, quando non si lasciano venire al mondo i bambini, quando non si ha il coraggio di aiutare i nostri giovani a capire che certi stili di vita fanno loro male… tutti questi sono segni efficaci della presenza di Satana nel mondo.
La pace non è unicamente questione della politica; è questione dell’uomo; è come si vive nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità; è il coraggio di educare chiamando le cose con il loro nome.
Chiediamo a Maria Ausiliatrice di aiutarci ad essere persone di pace che iniziano a vivere la verità, la giustizia, il perdono e la riconciliazione perché la pace inizia dal mio condominio e, anzi, da come io saluto i miei familiari ogni mattina. Inizia da come mi dispongo ad incontrare, anche chi non conosco, lungo la giornata.