Omelia del Patriarca nella S. Messa durante il pellegrinaggio mariano dalla chiesa parrocchiale dei Gesuati alla basilica della Salute (Venezia, 7 ottobre 2017)
07-10-2017

S. Messa durante il pellegrinaggio mariano dalla chiesa parrocchiale dei Gesuati

alla basilica della Salute

(Venezia, 7 ottobre 2017)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari fratelli e sorelle,

una felice coincidenza ci consente di celebrare il primo sabato del mese nella memoria della Beata Vergine Maria del Santo Rosario; il primo sabato del mese è legato a Fatima e, proprio a Fatima, la Madonna si presenta come Nostra Signora del Rosario. Non possiamo dimenticare che stiamo vivendo il centenario di Fatima e il 13 ottobre 1917 avvenne l’ultima, ufficiale e pubblica, apparizione della Vergine ai tre pastorelli.

Riflettiamo su alcune cose e la prima è questa: Fatima sembra come Nazareth, che cosa può venire di buono da Nazareth? Sono le parole – che ricordiamo – dell’apostolo Bartolomeo quando viene chiamato… Fatima è un piccolo borgo del Portogallo, una nazione ai margini delle grandi nazioni che allora dominavano (l’Inghilterra, la Francia la Germania, gli Stati Uniti d’America che stavano crescendo…). Fatima era un piccolo villaggio, un sobborgo del comune di Ourém, ben lontano dalla capitale Lisbona.

Ma a Fatima succede qualcosa – nello stesso tempo – di differente e di identico rispetto a quello che era successo duemila anni prima a Nazareth. A Fatima Maria sceglie – secondo la scelta che aveva fatto Dio – tre bambini. Noi ci prepariamo al Sinodo dei giovani ed anche l’apparizione di Fatima – come, per altri versi, quella di Lourdes, altra apparizione riconosciuta dalla Chiesa –  ci dice che il Signore – attraverso sua madre – sceglie i bambini, sceglie i piccoli. E soprattutto mette sulle loro spalle dei pesi, pone loro delle domande, fa loro delle richieste che noi non oseremmo mai fare.

Vorrei indicarvi quella che è la novità costante del messaggio di Fatima, attraverso questi tre bambini. Noi sappiamo che il Signore, nei mesi precedenti alle visite della Madonna, aveva come  preparato e guidato questi bambini e quello che colpisce di loro è quando dicono il loro sì alla richiesta della Madonna: volete offrirvi per la salvezza del mondo? Ebbene, questa fortissima domanda è rivolta a tre bambini di 10, 9 e 7 anni. La logica di Dio è davvero molto diversa dalla nostra logica; noi pensiamo che i nostri ragazzi siano bambini anche fino a 28/30 anni ed è la società e la vita che ci portano a questo…

La Madonna dice qualcosa che ci interpella. E, soprattutto, ci interpella la risposta di questi bambini che  ci colpiscono per la radicalità della loro adesione. Pensate cosa doveva essere portare al pascolo le greggi in un territorio assolato e pietroso – specialmente nei mesi di luglio e agosto – e dare la loro merenda – qualche sardina, qualche oliva, un po’ di pane nero – a dei bambini poveri che incontravano o addirittura, certe volte, alle loro pecore… Cosa poteva voler dire rimanere tutto il giorno digiuni, sotto il caldo, e talvolta addirittura astenendosi dal bere! Noi sperimentiamo che, quando facciamo qualche penitenza ci cominciano a far male la testa e lo stomaco e ci sentiamo più deboli…

Leggendo le memorie di Lucia – il suo diario scritto per obbedienza al Vescovo a distanza di tempo ma con fedeltà – rimaniamo colpiti dalla radicalità di quelle penitenze. E, soprattutto, non c’era mai un motivo sufficiente per smettere; rinunciavano quotidianamente, sempre, trovando in ogni momento della giornata l’occasione nuova per pazientare, ossia per ascoltare con pazienza coloro che li infastidivano interrogandoli continuamente, come l’autorità ecclesiastica o i visitatori.

Quando noi non percepiamo la preghiera e la penitenza così radicale di questi bambini noi perdiamo qualcosa del messaggio di Fatima e magari andiamo dritti a vedere qualche elemento di curiosità, che è pure legittimo; abbiamo il diritto di sapere la verità piena di tutte le cose che sono state dette e sono successe a Fatima ma se ci fermiamo solo a questa curiosità perdiamo di vista il messaggio di Fatima che è permanente e continuo, che rimane ed è una preghiera per il mondo.

La spiritualità di Giacinta era rivolta soprattutto a pregare per i peccatori e per il Papa, la spiritualità di Francesco (parlo dei due veggenti ai quali la Madonna ha detto: “Vi porterò presto in Paradiso) era, invece, tutta rivolta all’Eucarestia e alla preghiera. Prendendo atto che ormai aveva poco da vivere non andava più a scuola e, mentre Lucia invece andava a scuola, lui rimaneva per lunghe ore in chiesa, da solo, di fronte al tabernacolo. Poi, quando Lucia ritornava, anche lui tornava a casa.

Diceva a  Lucia: a te la Madonna ha detto che devi imparare a leggere perché devi rimanere qui, a noi la Madonna ha detto che ci porterà presto in Paradiso e allora preferisco pregare. Addirittura, verso la fine della malattia di Francesco, quando ormai gli resta poco da vivere, Lucia gli dice: quando sarai in Paradiso, ricordati di pregare per me, per i peccatori e per il Papa. E la risposta di Francesco è: Lucia, dì questo a Giacinta che verrà presto in Paradiso con me; io ho paura che, incontrando il Signore, che desidero tanto vedere, vorrò solo adorarlo e mi dimenticherò delle altre cose, quindi chiedi queste cose a Giacinta…

Completo il discorso sui veggenti di Fatima e il loro servizio di conversione a favore del mondo, con la loro preghiera e la loro penitenza, facendo un discorso parallelo. C’è da chiedersi, infatti, come mai la Madonna ha detto loro: vi lascerò poco su questa terra? Sappiamo che Francesco muore due anni dopo le prime apparizioni di maggio (morirà nell’aprile del 1919 e la prima apparizione è del maggio 1917)… Lucia aveva accettato di prolungare le sue penitenze fino al 20 febbraio del 1920, circa due anni dopo.

Noi avremo presto la beatificazione di Carlo Acutis, un ragazzino adolescente della diocesi di Milano che è morto a quindici anni. Proveniva da una famiglia in cui la mamma dice: io sono andata in chiesa per la Prima Comunione e la Cresima, poi per il matrimonio…

Questo bambino si prepara alla Prima Comunione e, da quel momento in poi, nasce in lui un rapporto così forte e radicale all’Eucarestia che arriva alla messa quotidiana, alla comunione quotidiana, all’adorazione eucaristica quotidiana, insieme a tutte le cose che faceva un adolescente intelligente e brillante della sua età, appassionato di computer, che viveva la vita della parrocchia, aveva amicizie e frequentava il liceo Leone XIII a Milano.

Raggiunge una fortissima percezione dell’Eucarestia, dell’adorazione, della preghiera, in profondo rapporto personale con Dio. Ed ha la certezza di essere destinato a morire presto. La madre Antonia – qualche mese dopo la morte del ragazzo – scopre un video in cui lui dice alcune cose e alla fine, in pochi secondi, guardando timidamente l’obiettivo e poi chinando lo sguardo diceva: io morirò giovane…

Tutto questo vuol dire che Dio parla agli uomini. Sì, Dio ci parla e siamo noi che spesso siamo (o siamo stati) troppo sordi. E il tempo della preghiera è il tempo in cui il Signore ci suggerisce tante cose ma con la delicatezza di chi ci lascia liberi. Le nostre preghiere sono un po’ disattente, un po’ di routine; riscopriamo il tempo della preghiera, il tempo in cui siamo di fronte al tabernacolo, il tempo dell’adorazione.

Un grande teologo, che fu anche cardinale, come il card. Newman scelse come suo motto: “Il cuore parla al cuore”. Il cuore di Dio parla al cuore degli uomini e il cuore degli uomini può parlare al cuore di Dio.

I bambini di Fatima, Carlo Acutis m anche ciascuno di noi – questo è il punto che dobbiamo scoprire – può fare questa esperienza. La mistica è fatta di cose straordinarie e inusitate, ma il cuore della mistica è il rapporto con il Signore, una rapporto che si ha con il Battesimo, con la preghiera, con la vita di grazia ordinaria: il Signore ci parla e cambia il nostro modo di vivere le nostre giornate se le abbiamo iniziate con la preghiera… Ma la preghiera ha bisogno di tempo, deve essere una scelta e deve essere programmata

Il messaggio di Fatima è proprio questo: il cuore di Dio mi cerca, il mio cuore può cercare il cuore di Dio. Il dono della sapienza è un dono dello Spirito Santo che perfeziona la virtù teologica della carità; sapere vuol dire conoscere – conoscere Dio – ma sapienza deriva anche dal verbo sàpere, gustare, e quindi la sapienza non ci dà solo la conoscenza di Dio ma ci dà anche il gusto di Dio; la preghiera ci rende sapienti perché introduce il nostro cuore in quello di Dio e ci dà il gusto delle cose di Dio.

I bambini di Fatima – che sono bambini – hanno una sapienza che portano nella loro vita di tutti i giorni; Carlo Acutis ha una coscienza, una conoscenza e una consapevolezza simile a quella dei bambini di Fatima. Gesù Eucarestia al centro: tutto nella mia vita deve essere annuncio di Gesù, deve portare  a vivere Gesù, deve far vivere Gesù agli altri. E tutto questo nasce dalla preghiera.

Carlo Acutis era un grande devoto del rosario, della Vergine Santissima,, Fatima ha questo messaggio perenne: parlare con Dio, ascoltarLo, pregarLo, portare il mondo nella nostra vita. Questo è il grande segreto del grande messaggio di Fatima affidato a quella piccola e insignificante città del Portogallo, molto simile ad una piccola insignificante città della Galilea. La logica di Fatima è la logica di Nazareth. E la vita non vale se è lunga – ci possono essere delle vite che si spengono prima dell’adolescenza -; quello che conta nella vita è la santità che è accessibile a tutti, anche ai piccoli.