Omelia del Patriarca nella S. Messa durante il pellegrinaggio mariano dalla chiesa parrocchiale dei Gesuati alla basilica della Salute (Venezia, 5 ottobre 2019)
05-10-2019

S. Messa durante il pellegrinaggio mariano dalla chiesa parrocchiale dei Gesuati alla basilica della Salute

(Venezia, 5 ottobre 2019)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

È bello dare inizio ai pellegrinaggi mariani incominciando da quello che è il santuario mariano per eccellenza – la Madonna della Salute – e da quello che è il cuore della nostra diocesi, cioè il Seminario.

Come ci ha ricordato il rettore, è una tradizione quella di iniziare partendo dalla chiesa dei Gesuati – intitolata a S. Maria del Rosario – per arrivare quindi al santuario della Salute che è la chiesa del Seminario.

Consegniamo alla Madonna quello che ci sta più a cuore: che nella nostra Chiesa di Venezia non manchino mai dei buoni pastori. E, perché questi non manchino, prima di tutto bisogna che i pastori ci siano. Se è vero infatti che la qualità è l’ingrediente necessario, sappiamo però che molti zeri sommati danno zero mentre un milione da solo, sommato a nulla, rimane un milione… E pensiamo che questo “milione” sia il santo curato d’Ars, che ha fatto quello che tanti parroci che l’avevano preceduto, non avevano hanno fatto.

Il suo predecessore nella parrocchia di Ars, anzi, scriveva: non c’è più niente da fare, i bambini sono tristi, gli uomini bestemmiano e si giocano lo stipendio di un mese in una serata nella bettola (e c’erano 5 bettole per 232 abitanti)… Ma arriva Giovanni Maria Vianney e le cose cambiano: ecco l’importanza del pastore, del buon pastore, ed ecco l’importanza del Vangelo che abbiamo ascoltato oggi (Lc 10,17-24) e che sarebbe bene tenere presente come cammino spirituale dell’anno.

I settantadue ritornano pieni di gioia parlando al Signore dei loro successi. E dicono: “Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome” (Lc 10,17). Il Signore è più forte del demonio e il demonio, piaccia o no, esiste; a me piacerebbe che non esistesse, ma sono credente e devo accettare ciò che la Chiesa mi insegna in modo certo ed infallibile. Se incomincio ad interpretare il Vangelo come voglio, ognuno di noi fa dire al Vangelo quello che vuole.

Max Thurian, in un piccolo libro “La parola viva nel Concilio” (è il commento della Dei Verbum), dice ad un certo punto: tra Calvino e san Francesco di Sales c’è il Vangelo; Calvino lo interpreta in un modo, san Francesco di Sales in un altro… meno male che c’è la Chiesa!

Il Vangelo di oggi ci dice una cosa consolante: che il demonio è uno sconfitto: è un perdente anche se ci sono degli uomini che si votano al demonio. Il primo esorcismo che noi dobbiamo fare è vivere in grazia di Dio, è praticare il sacramento della confessione, è pregare, è celebrare l’eucaristia, è fare la carità.

Gesù – che certamente non dice: il demonio non esiste – ai suoi dice: va bene, ma voi rallegratevi nel Padre vostro, voi siete destinati al cielo e i vostri nomi sono scritti in cielo (cfr. Lc 10,20). La libertà del cristiano è appartenere a chi lo rende libero, il Signore e meno male che sopra gli uomini c’è Dio che lascia fare ma non lascia sfatare.

Se avete notato, la meditazione del rosario di stamattina è iniziata citando un versetto di Luca che a me, da sempre, piace considerare come un po’ l’inizio del Nuovo Testamento e in realtà lo è : “Non temere, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco concepirai un figlio…” (Lc 1,30-31). E il Verbo si fece carne. Il Nuovo Testamento inizia alla pienezza dei tempi: “…quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge” (Gal 4,4).

Noi siamo oggi ai piedi della Madre per chiederLe di fare in modo che i nostri nomi siano scritti in cielo, per dire a Lei che dobbiamo riscoprire una pastorale che non è tanto fatta di avvenimenti ed eventi anche umani – belli intendiamoci, ma molto umani! – ma c’è qualcosa di più: tener desta la virtù della speranza.

La virtù della speranza ha bisogno di un dono per essere vissuta. La virtù è un ambito operativo, è un nostro modo di agire; il vizio, invece, è agire negativamente. La virtù per il cristiano non è mai semplicemente uno sforzo umano ma è risposta alla grazia di Dio, ma la grazia suppone la natura: chi ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te (Agostino).

Tenere desta la virtù cristiana della speranza richiede il dono dello Spirito Santo che è la scienza. Noi ci perdiamo in mille cose; incominciamo, magari, con le migliori intenzioni del mondo però poi siamo presi dalle tante cose che dobbiamo fare ed agiamo come se Dio non esistesse, come se tutto dipendesse da noi…

La virtù cristiana della speranza ha bisogno della scienza, quel dono che fa sì che noi non smarriamo il legame della cosa contingente (scienza dice qualcosa che riguarda il vedere, il conoscere) con il suo significato ultimo. Ogni cosa che noi facciamo non è mai neutra; ha sempre una ricaduta e un rimbalzo nell’eternità. Abbiamo celebrato da poco la festa di santa Teresina del Bambin Gesù, con la sua via delle piccole cose e dell’infanzia spirituale. Quanto ci dovrebbero preoccupare una teologia e un’esegesi unicamente “tecniche” e orizzontali!

Meditiamo la parola di Dio che ci consegna questo primo pellegrinaggio: ci dà una grande serenità, una grande sicurezza. Dire il nostro sì a Gesù significa dire sì a colui al quale il Padre ha dato tutto.

Gesù quando incontra i primi discepoli, li invita ad abitare con Lui e l’abitare con il Signore vuol dire scoprire la preghiera. Un vescovo, un prete, una mamma di famiglia, un papà, un giovane che non inizia la giornata pregando non ha capito che cosa è il battesimo e non ha capito che cosa vuol dire essere figlio di Dio.

La nostra società ci mette degli orari e delle scadenze, ci dà un’agenda per cui diventa difficilissimo essere cristiani. C’è gente che dice: io prego lavorando, non c’è bisogno di pregare… Provate a vedere come non è semplice vivere pregando; può pregare vivendo (e lavorando) solamente chi ha pregato a lungo, solamente chi è stato un periodo di tempo o all’inizio della giornata in preghiera.

Dio è eterno, ma che cos’è l’eternità? A sant’Agostino avevano chiesto che cos’è il tempo. E lui rispose: non lo so dire, me lo chiedono e non so rispondere. E poi disse: sì, il tempo è presente in me come memoria del passato, come speranza il futuro, il presente è qualcosa che mi sfugge… Dio è eterno sempre, Dio non può essere arricchito da un futuro che invece può arricchire noi, Dio non può essere impoverito da un passato, dalle cose che sapevo e non ricordo più.

La storicità dell’uomo è la povertà dell’uomo e la ricchezza dell’uomo: Dio è tutta la perfezione, l’onnipotenza, l’onniscienza, in un istante, tutta insieme. Equindi per Dio pregare al mattino, a mezzogiorno o alla sera è uguale ma per noi no; per noi pregare prima di iniziare la giornata, pregare per illuminare la nostra giornata, pregare al termine della giornata ha senso, è una necessità… Quante volte si archivia un passato perché noi siamo moderni; pensiamo alla bellezza della preghiera dell’Angelus all’inizio, alla metà e al termine della giornata.

Preghiamo per l’ottobre missionario appena iniziato; il Papa ha detto di dedicare questo mese in modo particolare al tema della missione. Preghiamo per il prossimo Sinodo perché veramente parli lo Spirito; lo Spirito non è quello che dice qualche persona, è quello che dice lo Spirito!

Riscopriamo la recita del rosario. La Chiesa nella sua maternità semplice non ha bisogno di intellettuali colti (quanto sono pesanti e noiosi coloro che si credono persone di cultura!). La Chiesa nella sua semplicità ci dice: guarda che ottobre è il mese del rosario e il rosario è una preghiera che possono dire tutti e, piaccia o no, è una preghiera cristologica perché medita i misteri della luce, i misteri della gioia, del dolore, i misteri gloriosi.

Piaccia o no (a chi sa di teologia), il rosario è costituito dal Padre Nostro che troviamo in due versioni diverse nel Vangelo di Matteo e di Luca. Piaccia o no, l’Ave Maria – in tutta la sua prima parte è il Vangelo di Luca – è preghiera biblica, è preghiera cristologica, è preghiera comunitaria, tutti valori di cui molti parlano, ed è preghiera meditativa perché a Fatima la Madonna ha chiesto di meditare.

Penitenza, sacramento della confessione, preghiera (soprattutto il rosario) e le giaculatorie di cui noi sappiamo solo: “Gesù mio perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della tua misericordia”. Ma ce ne sono altre ed una è questa: “Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo… vi adoro, vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra in riparazione di tutti coloro che peccano e vi offendono”. Anche questa è una preghiera teologica perché parla della Trinità, della cristologia, dell’eucaristia e della redenzione.

Quanto abbiamo bisogno di rileggere il Vangelo, soprattutto in questa parte se crediamo di essere colti ed acculturati: “Ti rendo lode o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti ed ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25).