Omelia del Patriarca nella S. Messa durante il pellegrinaggio mariano alla chiesa parrocchiale dei Santi Apostoli (Venezia, 11 gennaio 2020)
11-01-2020

Pellegrinaggio mariano alla chiesa parrocchiale dei Santi Apostoli

(Venezia, 11 gennaio 2020)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

 

Stiamo vivendo il pellegrinaggio dell’inizio dell’anno e non possiamo dimenticare che, per la Chiesa, il Capodanno è semplicemente l’ottava del Natale ed è la festa solenne della Santa Madre di Dio.

All’inizio dell’anno, infatti, la Chiesa ci chiede di guardare a Maria e il nostro pellegrinaggio – posticipato per motivi legati alle feste natalizie – riprende in mano questa indicazione della Chiesa. Sì, all’inizio del nuovo anno vogliamo guardare alla prima discepola per essere discepoli degni di questo nome.

Nel Vangelo abbiamo ascoltato il discorso con cui Giovanni Battista risponde ai suoi discepoli che gli dicono: “Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui” (Gv 3,26). E Giovanni qui dice una cosa importante: “Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo” (Gv 3,27).

Dovremmo prendere questo pensiero e metterlo all’inizio del nuovo anno perché vogliamo essere discepoli del Signore, vogliamo essere liberi di seguirlo, vogliamo essere cambiati, vogliamo essere come Colei che, dipendendo dal Signore, era libera da se stessa.

Il problema fondamentale della vita spirituale è quindi liberarci da noi stessi, rimuovere – attraverso la grazia del bttesimo – l’uomo vecchio che è invadente e si rigenera con molte astuzie, con molte furbizie. E allora possiamo mettere al centro della nostra vita noi e pensare anche di essere servi umili degli altri ma, in realtà, serviamo noi stessi. La libertà vera è quella che indica il Battista nel prosieguo del suo discorso: “Lui deve crescere; io, invece, diminuire” (Gv 3,30).

Il programma spirituale del cristiano, condotto soprattutto attraverso l’anno liturgico, è quello di fare in modo che il Signore cresca in noi. Nel tempo di Natale, in pochi giorni, abbiamo vissuto la nascita di Gesù e i contrasti che Gesù ha avuto subito. Laddove c’è la presenza di Dio, se ci fate caso, il demonio si rende presente. E infatti all’inizio della vita pubblica di Gesùi troviamo la figura inquietante ma, purtroppo, vera e reale di Satana; la fine della vita di Gesù diverrà l’ora delle tenebre.

La vita cristiana è certamente vita di gioia e di speranza ma non dobbiamo dimenticare che nel Vangelo ci sono tratti – non insignificanti ma centrali – che ci presentano il discepolato come una conquista: “Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto. Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione” (Lc 12,50-51). O ancora: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione (letteralmente: rese dura la sua faccia) di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (Lc 9,51).

Molte volte succede che noi ci costruiamo dei Vangeli a nostro uso e consumo. Ma il Vangelo, per essere genuino, deve essere letto dalla prima all’ultima parola. E i Vangeli devono essere letti tenendo presente che in quattro libri ci viene data la testimonianza completa su Gesù.

Se leggiamo il Vangelo con questa libertà da noi stessi, in modo mariano – uno dei misteri che abbiamo meditato ce lo ricordava – e non cadendo nella rete del nostro uomo vecchio, noi ci scopriamo liberi. Leggere il Vangelo con libertà vuol dire incominciare a leggerlo tutto, non isolare una parte, una frase o un versetto, non dimenticare certe pagine del Vangelo. La parola “cattolico” ha – come sapete – un suo significato: vuol dire “secondo la totalità”, “secondo il tutto”. Bisogna abbracciare tutto il Vangelo.

Maria è Colei che recita il Magnificat ma è anche Colei che, dopo aver magnificato il Signore, si sentirà dire dal vecchio Simeone: “…anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2,35). Ha la gioia di diventare la madre del Signore, ma poi la vediamo ai piedi della croce e la troviamo circondata da quei discepoli che, più o meno, in modi diversi, avevano tradito e rinnegato suo figlio e nei loro confronti si esprimerà come madre.

Il Vangelo è un piccolo libro, in certe edizioni costa pochissimo e può essere anche di dimensioni molto ridotte. Non leggiamolo lasciando crescere il nostro uomo vecchio che lo interpreta mettendo il proprio io al centro di tutto. Leggiamolo nel silenzio, perché la parola di Dio ha bisogno di un po’ di silenzio e di essere riletta due o tre volte chiedendo al Signore umilmente nella preghiera, ma anche con forza e costanza, che quel versetto, quella parabola, quell’episodio che abbiamo letto dieci, cento o mille volte ci parli in quel momento come la parola viva di Dio.

Non si tratta di aprire di corsa il Vangelo per avere la risposta immediata a quello che devo fare ma di dire: “Signore, Tu puoi farmi iniziare una strada”. E allora crediamo che il Signore in quella Parola ci comunichi qualcosa; questo è il senso della parola di Dio annunciata nella Chiesa,

I Vangeli non sono delle biografie e neppure dei libri scritti con i canoni moderni della scienza storica. Sono molto di più, sono l’annuncio di persone che hanno incontrato la salvezza e alle quali è stato detto: non tenetela per voi, annunciatela agli altri.

Anche i misteri del santo rosario devono diventare un progetto spirituale e allora concludo invitandovi a cercare di prendere questo impegno: meditare i cinque misteri che abbiamo recitato stamattina – l’annunciazione, la visita, la nascita, la presentazione al tempio, il ritrovamento di Gesù –  “traducendoli”, ossia portandoli dentro la vostra vita.

Cosa vuol dire il vivere il mistero dell’annunciazione? Cosa vuol dire vivere il mistero della visita, della nascita e della presentazione al tempio? Come vivere il mistero di ritrovare Gesù?

La Chiesa nella sua preghiera – che non è una preghiera inventata, ma è la preghiera della sposa del Signore – ci apre una strada che ci conduce al di là di noi stessi, dei nostri idoli, delle nostre immagini. Leggiamo il Vangelo non pretendendo di saperne più del Vangelo.