Omelia del Patriarca nella S. Messa durante il pellegrinaggio mariano a Caorle (Santuario Madonna dell’Angelo / Duomo S. Stefano, 2 marzo 2019)
02-03-2019

S. Messa durante il pellegrinaggio mariano a Caorle

(Santuario Madonna dell’Angelo / Duomo S. Stefano, 2 marzo 2019)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Cari fratelli, consentitemi innanzitutto di ringraziare i confratelli sacerdoti presenti e alcuni vengono anche da lontano; è una presenza importante, soprattutto in vista di una comunità che cerca collaborazioni.

Il sacerdote rimane insostituibile e necessario ed allora il nostro pellegrinaggio è soprattutto per chiedere al Signore delle guide sagge che siano la “forma” del gregge, come dice la prima lettera di Pietro. Essere in mezzo al popolo a cui si è mandati come guide per il popolo, servire guidando, è il servizio più difficile, il servizio che ci mette di fronte al giudizio di tutti, il servizio che ci chiede di prendere delle decisioni e decidere vuol dire ineluttabilmente scontentare qualcuno; l’alternativa è quella di non decidere e… scontentare tutti perché quando non si decide decidono tutto gli altri.

Ringrazio, allora, i sacerdoti presenti e quelli che hanno giustificazioni valide per non essere qui.

Il pellegrinaggio che precede la Quaresima è il tempo del ritorno a Dio, della riconciliazione. Il Vangelo ci ricorda che noi uomini fatichiamo a tener presente nella nostra vita una verità fondamentale: il rapporto con Dio è legato al nostro rapporto con i fratelli.

Quel ‘rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori’, quel ‘lascia la tua offerta, riconciliati e torna all’altare’ ci ricordano che dobbiamo saper gestire evangelicamente – e sottolineo evangelicamente – il rapporto con gli altri perché – piaccia o no, lo ha detto Gesù – è la cartina di tornasole del nostro rapporto con Dio. È importante, allora, all’inizio del cammino quaresimale – che è un cammino bello, se iniziato subito, se non iniziato da soli ma comunitariamente – aver chiara questa verità: Dio e il prossimo. La mia Quaresima si gioca qui: Dio e il prossimo. E le due cose non sono alternative.

Quello della Quaresima è il tempo ideale per la riscoperta del sacramento della riconciliazione (della penitenza): quando ci siamo confessati l’ultima volta, come ci confessiamo? Che rapporto abbiamo con il sacramento della confessione?

Siamo nel pellegrinaggio del primo sabato del mese e sappiamo che il sacramento della penitenza entra a far parte della spiritualità del primo sabato del mese con la rivelazione  di Fatima. C’è una lettera del 24 luglio 1927 – dieci anni dopo le apparizioni di Fatima – che Lucia scrive alla sua mamma, quella che l’aveva picchiata, le aveva detto di smettere di dire bugie, le aveva detto che non voleva più essere sulla bocca di tutto il paese e di andare dal parroco a dire che aveva inventato tutto… Lucia, ormai suora, scrive alla mamma: “Forse ti spaventerà la meditazione dei misteri ma è cosa molto semplice, stare pochi minuti con Maria e con il Signore…”.

Anche noi dobbiamo scoprire la semplicità che ci è donata e che non richiede una competenza teologica ma semplicemente dedicare un po’ di tempo tra un mistero e l’altro per pensare il mistero annunciato con fede.

Fa parte del primo sabato del mese il rosario meditato ma anche la confessione. Nella stessa  lettera appena citata, Lucia dice che se non è possibile farla nel primo sabato del mese – come sarebbe richiesta – è possibile anticiparla o posticiparla un po’; l’importante è che questa confessione si faccia legandola al primo sabato del mese in un tempo vicino (prima o dopo).

Vorrei, allora, soffermarmi su questo sacramento che è il sacramento della Quaresima. Il tempo di Quaresima è un tempo penitenziale; nella Chiesa antica c’era la preparazione al battesimo che veniva ricevuto nella notte di Pasqua e poi, quando i cristiani avevano ricevuto il battesimo, la Quaresima era il tempo penitenziale prima di ricevere l’assoluzione sacramentale che, in genere, veniva data al giovedì santo o al venerdì santo dal vescovo dopo che i penitenti avevano percorso alcune settimane in rigoroso cammino di penitenza.

Il sacramento della penitenza non è l’unica forma di ritorno a Dio; la Chiesa, fin dai primi tempi, conosce anche altre forme penitenziali che non sono pensate come alternative al sacramento della riconciliazione. Pensiamo, per esempio, all’atto penitenziale che facciamo all’inizio della Messa che non sostituisce il sacramento della penitenza ma, certamente, abbiamo bisogno di purificarci anche di quelle venialità e quelle imperfezioni che non richiedono il sacramento della confessione.

Oltre all’atto penitenziale dell’inizio della Messa ci sono poi anche altri momenti, altri gesti che appartengono alla tradizione della Chiesa e aiutano a crescere in un cammino di conversione. La Quaresima è tempo di digiuno e ricordo che sussiste ancora, il venerdì, l’astinenza dalle carni; mentre negli altri venerdì dell’anno si può sostituire con un’altra penitenza, in Quaresima essa rimane legata all’astinenza dalle carni.

Ci sono anche altre forme di penitenza, una disciplina, un’austerità (molte volte per chi mangia carne tutti i giorni della settimana è una liberazione non mangiarla al venerdì perché finalmente si cambia…), ci sono anche altre astinenze: parlare un po’ meno, guardare un po’ meno di televisione, astenerci da quella mondanità che entra ferialmente nelle nostre case, valorizzare quella sobrietà che ci fa dire che siamo in digiuno, siamo in penitenza, siamo in Quaresima…

In tutte queste forme penitenziali, tuttavia, rimane fermamente e in modo chiaro il sacramento della riconciliazione che non è stato inventato da qualche prete o qualche facoltà di teologia; l’ha istituito Gesù e, quindi stiamo bene attenti prima di dire che fino ad una certa età e dopo una certa età non si pecca e nell’età in cui si peccherebbe si hanno altre cose da fare… Così abbiamo abolito quel gesto di misericordia fondamentale che, se vissuto bene, ci dà il senso di Dio.

La persona in pace con se stessa può esserlo per due motivi: innanzitutto perché è santa ma, se leggete le biografie dei santi, vedrete che solamente al termine della vita i santi erano tranquilli, rappacificati, calmi, sereni. Cè poi un’altra tranquillità: quella di chi non ha il senso di Dio e quindi non ha neanche il senso del peccato. Ad una persona calma, tranquilla, in pace con se stessa non si rimprovera niente e non ha nulla da rimproverarsi perché ha perso il senso di Dio e se uno nella vita ha perso il senso di Dio ha perso tutto, è in pace con se stesso e… sono gli altri che devono convertirsi!

So che nelle nostre comunità viene talora offerta la possibilità di celebrazioni penitenziali comunitarie ma bisogna riscoprire i momenti di riconciliazione sacramentale vissuti anche individualmente.

La qualità della vita spirituale di una persona si misura da tante cose: una è se si confessa regolarmente. Qui ho misurato le parole: non ho detto frequentemente, ho detto regolarmente. Ci sono dei periodi in cui una persona può anche confessarsi molto spesso perché ne ha necessità, ne ha bisogno; in altri periodi una confessione regolare – ad esempio ogni venti giorni – è sufficiente.

Abbiamo bisogno della confessione regolare; non c’è arma più efficace, contro il peccato, del sacramento della penitenza vissuto bene, preparato bene e uscendo dal sacramento della confessione con un proposito o due (già tre sono troppi). Il problema è che noi usciamo dal sacramento della confessione con un proposito generico: farò il bravo, mi convertirò… Fermati: su che cosa farai il bravo? Su che cosa ti convertirai? Prendi un impegno che riguarda la tua casa, il tuo lavoro, le tue relazioni umane, che riguarda una persona e allora incomincerai a renderti conto che il sacramento della penitenza diventa essenziale nella tua vita perché ti accorgerai che sei fragile, più fragile di quello che pensavi prima.

Troppe volte il cristiano dipende dal senso comune e non ragioniamo più secondo il Vangelo; veniamo in chiesa sì, ma ragioniamo secondo la televisione, secondo i consigli pubblicitari, secondo i talk show televisivi o secondo i titoli dei giornali… Rispetto a tutto questo, allora, il cristiano non può rimanere fermo, soprattutto all’inizio del tempo di Quaresima; deve affermare, innanzitutto, che il Vangelo non è un problema, perché fintanto che noi pensiamo che il Vangelo è un problema noi i problemi li evitiamo, fintanto che pensiamo che il Vangelo è un problema, noi evitiamo il Vangelo. Se, invece, incominciamo a pensare che il Vangelo risolve i problemi della nostra vita, allora incominciamo a dire: leggo il Vangelo e ascolto diversamente il Vangelo.

Nel sacramento della riconciliazione noi facciamo un’esperienza unica: è l’esperienza di Dio che mi perdona veramente. Il Signore mi chiede un’unica cosa: non venirmi a dire quello che so già, io ti amo così tanto che ti vedo in ogni momento, di giorno, di notte, quando sei in piazza, quando sei da solo nella tua camera… Nella confessione non devi venirmi a dire quello che io so, devi venire a dirmi un’altra cosa: Signore, ti chiedo perdono per questo, questo e questo…

Ecco, allora, l’accusa sincera dei peccati, perché quando io consegno questo atto di fede e di umiltà a Dio, il mio peccato, io chiedo a Lui di aiutarmi lì dove fallisco, dove non ce la faccio e glielo chiedo con fede ed umiltà. E se non basta una volta, torno a chiederglielo, se non basta di nuovo, lo chiedo ancora… Bussate e vi sarà aperto!

Noi tante volte leggiamo il Vangelo in un modo molto sociale, molto economico, molto finanziario, molto materiale… Bussate e vi sarà aperto, chiedete e otterrete!

Nel sacramento della riconciliazione chiediamo a Dio la cosa più importante: Signore, convertimi, ho bisogno del tuo aiuto. L’accusa sincera dei peccati è il sacramento: ti consegno un po’ della mia storia, quella storia meno affascinante, meno bella, più tribolata, più faticosa e ti chiedo di aiutarmi.

Ricordiamo tutti la frase del Vangelo di san Giovanni: “…la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Ecco, la confessione è un atto di verità: Signore ti chiedo perdono e mi accuso. La luce impietosa della verità.

Ricordate cosa dice Gesù quando deve parlare di Satana e del demonio? Ne parla come di un nemico di morte e che viene di notte quando non si vede bene… E, invece, la confessione è la luce della verità, la verità che fa liberi.

Impostare bene la propria Quaresima vuol dire fare tante cose: la Via Crucis, i canti penitenziali, momenti comunitari ecc. E tutti questi siano finalizzati ad una saggia, vera, reale, obiettiva, convinta preparazione al sacramento della riconciliazione.

Abbiamo celebrato questa mattina la Messa di Maria madre e maestra: quante madri non sono forse in grado di essere maestre spirituali per i propri figli, quante maestre spirituali non hanno la capacità di essere materne nei confronti delle persone che si rivolgono a loro… Ebbene, Maria è madre e maestra e noi abbiamo bisogno di maestre, di madri.

La Vergine Santissima ci guidi nel cammino di Quaresima con quella che può essere la scelta più impegnativa: riscoprire il sacramento della riconciliazione.