Omelia del Patriarca nella S. Messa della II Domenica di Quaresima (Venezia / Basilica del Santissimo Redentore, 8 marzo 2020)
08-03-2020

S. Messa nella II Domenica di Quaresima

(Venezia / Basilica del Santissimo Redentore, 8 marzo 2020)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi fedeli,

ringraziamo – come domenica scorsa – Antenna 3, Rete Veneta e Gente Veneta Facebook che ci consentono di vivere insieme, seppure a distanza, questa seconda Domenica di Quaresima: è una Quaresima, questa, che sarà anomala probabilmente in tutto il suo svolgimento.

Il nostro pensiero va innanzitutto ai malati, ai loro parenti e familiari, ai medici e agli infermieri, per i volontari della Protezione Civile. Preghiamo per loro e siamo con loro. E preghiamo anche per chi è chiamato, in questo periodo, a scegliere per il nostro bene.

Non si tratta solo di corrispondere a quanto previsto dal decreto di queste ore; certo, c’è anche questo, perché ha un contenuto importante. Di fronte noi cristiani c’è il quinto comandamento. Non uccidere vuol dire anche: tutela la tua vita e quella degli altri, aiuta i più fragili.

Potrebbe, questo, essere un tema su cui i nostri parroci potrebbero far meditare per aiutare a pensare in queste settimane di digiuno eucaristico che fa così tanto soffrire e che ha fatto soffrire anche i Vescovi del Triveneto, del Veneto in modo particolare, quando hanno dovuto scegliere per il bene della salute della gente, della nostra popolazione, soprattutto dei nostri malati e dei più fragili, cioè gli anziani.

Che cosa ci fa comprendere questa situazione che stiamo vivendo? Che l’uomo, io e voi, nonostante tutto. siamo fragili. Anzi, lo dico in modo più forte: l’uomo è fragilità e tutte le garanzie, tutte le conquiste e le tutele della modernità – pensiamo solo al sistema pubblico sanitario o al sistema pensionistico – non riescono a vincere la fragilità dell’uomo. L’uomo rimane sempre – come dice il salmo 103 – come il fiore di campo, come l’erba; basta un soffio di vento ed ecco al mattino fiorisce e alla sera è già seccato.

Dobbiamo ripensare chi siamo e ripensare chi è l’uomo significa ripensare anche le nostre relazioni, i nostri rapporti sociali, ripensare anche la nostra società che ha tante cose da correggere. Ci siamo troppo affidati all’uomo della tecnoscienza, ci basta schiacciare un interruttore o un pulsante, ci basta avere un cellulare, uno smartphone, e ci sembra di aver superato tutti i nostri problemi… Certamente queste tecniche e la scienza ci sono di grande aiuto ma oggi noi ci riscopriamo fragili come i nostri vecchi, i nostri antenati, che andavano alla Salute quatto secoli fa o venivano qui al Redentore quasi cinque secoli fa, in situazioni nelle quali provavano la loro fragilità umana.

E la Quaresima, allora, che cos’è? Questa Quaresima – che ho definito anomala e che rimarrà tale – è scoprirci figli del Padre che sta nei cieli perché, se noi vogliamo cambiare le relazioni tra noi ed essere capaci di iniziare a vivere relazioni fraterne, dobbiamo iniziare dal Padre. Ecco perché è importante Dio al centro della vita di un uomo, di una famiglia, di una società, non in una visione confessionalistica ma in una visione laica; ecco perché è importante il posto pubblico di Dio. Chi ha Dio nel cuore è anche una persona che sa garantire i fratelli. Quaresima, dunque, è fare questa conversione fondamentale.

Nel Vangelo secondo Matteo, che abbiamo appena ascoltato, Pietro dice a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui!» (Mt 17,4). Erano sul monte e avevano provato la bellezza del rapporto con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E allora Pietro dice: rimaniamo qui… Soffermiamoci sul messaggio che viene dal Vangelo di oggi: Gesù, invece, li fa scendere, li fa scendere nel travaglio e nelle sfide della vita quotidiana.

Come cristiani dobbiamo vivere questi giorni con serietà, con carità e con solidarietà, facendoci carico gli uni degli altri, anche lavandoci le mani spesso e attraverso tanti altri piccoli accorgimenti che dicono, però, una fraternità e una vicinanza; dicono di una città e di una società che si ripensano a partire dagli altri, meditando sulla fragilità delle singole persone.

L’invito di Gesù è anche per noi a scendere con coraggio, con semplicità e con fiducia, convinti che Lui non ci lascerà soli. Gesù ci chiede di scendere nella nostra realtà di questi giorni che forse legittimamente non vorremmo dover viver, ma nel momento in cui ci è posta dinnanzi la vogliamo vivere con fede, con senso di responsabilità ed anche con la speranza cristiana.

La basilica della Madonna della Salute e la basilica del Redentore ci dicono e ricordano che, nei momenti di sofferenza, la nostra gente ha saputo alzare lo sguardo. Queste due basiliche – e la basilica del Redentore, oggi in particolare – ci dicono che i nostri vecchi hanno avuto il coraggio e la forza di vivere. Il messaggio, dunque, è quello di una speranza cristiana che non si illude, che non cerca scorciatoie e che non si lascia abbattere da niente e da nessuno.

Coraggio! Il Santissimo Redentore aiuterà ancora la nostra città, le nostre terre venete, la nostra Italia e il mondo intero!