Omelia del Patriarca nella S. Messa della Pasqua di Risurrezione del Signore (Venezia / Basilica Cattedrale di San Marco, 9 aprile 2023)
09-04-2023

S. Messa nella Pasqua di Risurrezione del Signore

(Venezia / Basilica Cattedrale di San Marco, 9 aprile 2023)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

auguro a tutti una santa Pasqua, nella consapevolezza del difficile tempo che stiamo vivendo a causa di una preoccupazione crescente per la guerra in Ucraina, i ricorrenti atti terroristici e la palpabile tensione internazionale.

Il Signore Risorto doni a tutti, soprattutto a chi ci governa, la saggezza di perseguire reali vie di pace!

Nel Vangelo di Matteo che è stato proclamato durante la veglia pasquale di questa notte (cfr. Mt 28,1-10) abbiamo ripercorso il cammino delle donne che, alle prime luci dell’alba, si recano al sepolcro e, dopo averlo trovato vuoto, incontrano un angelo che annuncia loro la risurrezione di Gesù. Poi, mentre, spaventate, si stanno allontanando in fretta per recare la notizia ai discepoli, hanno l’incontro con il Risorto.

Il Vangelo della Messa del giorno di Pasqua ci riporta, invece, alla corsa mattutina di Pietro e Giovanni che, insieme, vanno al sepolcro ove trovano soltanto i teli e il sudario con cui Gesù era stato avvolto; anche loro, a breve, avranno il loro incontro col Crocifisso Risorto.

Pasqua è, secondo il Nuovo Testamento, l’andare incontro al Signore rimanendo stupiti, poiché Egli offre ai discepoli qualcosa d’inatteso o, comunque, di molto più grande rispetto alle loro umane aspettative.

Il messaggio della Pasqua è proprio questo: la morte non è l’ultima parola nella vicenda umana. Tutti, infatti, rimaniamo impotenti innanzi alla morte e l’unica reazione è il silenzio, la resa, oppure parlare in verità.

Ritorniamo alla narrazione dei Vangeli: le donne e i discepoli avevano vissuto il dramma della crocifissione di Gesù, il giorno prima del sabato, e, dinanzi alla morte – come detto – l’uomo deve fermarsi.

Non può non fermarsi anche chi, nella vita, ha raggiunto traguardi importanti, chi ha accumulato ricchezze ingenti e ha raggiunto notorietà mondiale. Qui, s’intendono, anche i benefattori dell’umanità, chi ha realizzato progetti per ridurre o superare ingiustizie sociali che gridano vendetta di fronte a Dio e agli uomini.

Sì, anche gli uomini più creativi, i geni dell’umanità, di fronte alla morte non possono che alzare le mani, arrendersi e riconoscere tutta la loro impotenza.

Come comunità cristiana dobbiamo riflettere in modo più approfondito sul fatto che quando l’uomo non ha più risposte e risorse e non sa più cosa dire o fare, allora, proprio qui, per il cristiano, inizia la vera vita. L’annuncio sconvolgente è: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!” (Lc 24,34). La Chiesa è la comunità dei discepoli del Risorto.

Ed ecco, allora, l’andare delle donne verso il sepolcro; pensano di trovarvi un morto, vanno per terminare di comporre la salma di Gesù, un compito che – secondo le usanze del tempo – era affidato alle donne e, per questo, saranno proprio loro a fare la scoperta destinata a cambiare le loro vite e quelle di tutti gli uomini.

La Pasqua viene incontro a loro come una sorpresa, qualcosa di inatteso, di sconcertante e, insieme, gratificante; la comunità cristiana non ha né parole né concetti capaci d’esprimere ciò che è accaduto. E lo sforzo sarà, d’ora in poi, quello della intelligenza della fede, ossia darsi un linguaggio sensato, vero, seppure inadeguato, dinanzi al mistero.

Guardando a Gesù Risorto possiamo solo abbozzare e accennare qualcosa; siamo dinanzi ad una vita piena che, allo stesso tempo, è in continuità ma anche “totalmente nuova” rispetto alla precedente. Le piaghe, che Gesù risorto porta nel suo corpo, sono “piaghe glorificate” che ci consentono di riconoscere nel Risorto proprio il Crocifisso.

A Pasqua la vita della comunità ecclesiale si dischiude attraverso l’andare delle donne e dei discepoli incontro a ciò che neppure immaginano. È l’andare incontro all’amore onnipotente di Dio che ci raggiunge e ci sostiene anche quando ogni altro amore umano, per quanto forte, risulta impotente; è l’amore onnipotente di Dio che sostiene e non lascia l’uomo al suo destino, è un amore più forte della morte. In altre parole, è la Pasqua!

Le donne – e il ruolo che esse ebbero nei primi momenti della risurrezione – dicono che la Pasqua ribalta ogni criterio umano e storico, non solo perché la morte è sconfitta dalla vita ma perché scardina le consuetudini socio-culturali del tempo. Il primo annuncio della Pasqua è dato infatti alle donne, ossia a coloro che erano considerate insignificanti sia culturalmente sia socialmente, eppure l’annuncio della Pasqua sarà recato alla Chiesa proprio da loro; si tratta di una vera rivoluzione.

La Chiesa non è stata costituita da Gesù attraverso un solo atto.  Come sappiamo, la Chiesa è già realmente presente nel grembo verginale e fecondo di Maria (l’incarnazione); è costituita poi nel momento in cui Gesù chiama i Dodici affinché stiano sempre con Lui e per mandarli in missione; la Chiesa vive, ancora, un altro momento fondante quando Gesù istituisce l’Eucaristia “consegnandole” il suo corpo e il suo sangue per la salvezza del mondo; infine, nel giorno di Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo è il momento in cui si compie il disegno istitutivo della Chiesa.

Ma, a proposito della nascita della Chiesa, vanno sottolineati proprio gli incontri pasquali con Gesù risorto. Sì, gli incontri pasquali delle donne e dei discepoli col Signore Risorto dicono che dobbiamo pensare non contro la ragione ma considerando che la ragione è la facoltà di un essere creato e che, quindi, ritrova se stesso quando riconosce il suo essere creaturale ed accogliendo il mistero come “dono eccedente” le possibilità umane.

La Pasqua risalta, inoltre, come annuncio “al femminile”; le donne sono “le apostole degli apostoli”.

La Chiesa si rivela così come realtà inserita nel mondo ma che non appartiene al mondo, come Gesù stesso aveva detto ai suoi discepoli. Ed è sintomatico come il primo destinatario dell’annuncio – le donne – sia chiamato, nella Chiesa, ad esercitare il carisma della profezia e della testimonianza mistica.

Non si può, allora, non ricordare le grandi mistiche che hanno attraversato la vita della Chiesa, in numero proporzionalmente maggiore rispetto agli uomini: Teresa d’Avila, Teresina di Lisieux, Caterina da Siena, Caterina da Genova, Chiara d’Assisi, Ildegarda di Bingen, Faustina Kowalska, per fare solo alcuni nomi.

Tale aspetto ci ricorda, ancora una volta, come nella Chiesa vi sia distinzione di carismi. La grande ricchezza è e rimane l’incontro con il Signore Risorto, l’appartenere a Lui che queste sante hanno testimoniato in modo unico e mirabile.

Un’accentuazione del maschile all’interno della Chiesa rischia, invece, di incentrare tutto su ciò che, in realtà, viene dopo l’incontro col Signore, dopo il sì detto nella fede, il sì battesimale. Da qui viene la necessità di riscoprire di più il valore dell’elemento mariano (elemento femminile) rispetto ad una teologia e ad una prassi ecclesiali che hanno dato e continuano a dare spazio preponderante al fare, all’attivismo ecclesiale.

Pasqua è, infine, la sintesi matura delle tre virtù teologali. Si vive, infatti, la Pasqua come mistero di fede per cui ci si apre all’improbabile, a ciò che sul piano umano è l’impossibile e che potremmo definire “improbabile ma vero”.

Nello stesso tempo Pasqua è la speranza dell’umanità. Non si tratta, così, solo di rivestire di soprannaturale le nostre attese e i nostri desideri umani. La Pasqua è l’evento accaduto, è la certezza, ossia la persona vivente di Gesù crocifisso.

Per i discepoli del Risorto si tratta quindi di vivere la fede, la speranza e la carità, le tre virtù teologali che a Pasqua risaltano in pienezza. La fede è fondamento delle cose che si sperano; la speranza sostiene ed indica alla fede la sua meta; la carità è il fiorire della fede e fa sì che essa non sia una presa di distanza dall’oggi che stiamo vivendo.

Buona Pasqua a tutti!