Omelia del Patriarca nella S. Messa del Crisma (Venezia / Basilica Cattedrale di San Marco, 6 aprile 2023)
06-04-2023

        S. Messa del Crisma

  1. (Venezia / Basilica Cattedrale di San Marco, 6 aprile 2023)

    Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

     

     

     

    Carissimi, rivolgo un cordiale saluto a tutti,

    ai fedeli laici, ai consacrati, ai presbiteri, ai diaconi. Un ricordo particolare va al Santo Padre Francesco che, dopo il recente ricovero al Policlinico Gemelli, portiamo ancor più con affetto nella nostra preghiera.

    “Lo Spirito del Signore è sopra di me; (…) mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4,18).

    Come abbiamo ascoltato, Gesù nel Vangelo applica a sé le parole del profeta Isaia; è un momento culminante della rivelazione ad Israele e all’umanità. Gesù si presenta come il volto del Padre, che si dona nello Spirito, facendosi presente con la sua umanità concreta; il fine è la salvezza degli uomini. Come? Attraverso una comunità visibile che da Lui prende forma. Il sacerdozio ministeriale si radica su quello comune o battesimale.

    Cristo così è il sacramento originario dell’incontro fra Dio e l’umanità. La “sacramentalità” contraddistingue la rivelazione e la vita cristiana: noi e le nostre comunità incontriamo Dio nel “mistero” di Cristo.

    “Mistero” non significa, prima di tutto, qualcosa che non si comprende, come vorrebbe la ragione illuminista. “Mysterion” (in latino “sacramento”) significa qualcosa che va oltre la realtà visibile che chiede d’esser accolto. È Dio stesso che, in Gesù, si rivela e si fa incontrare.

    “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti – come attesta il prologo della lettera agli Ebrei -, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente” (Eb 1,1-3).

    Qui si dà l’opera visibile ed incisiva di Dio che entra nella storia, visita le nostre ferite ed interpella la nostra libertà.

    È l’incontro con Dio che genera comunione, un rapporto vivo con l’uomo e tra gli uomini i quali possono aprirsi o meno all’azione di Dio.

    «Con la sua rivelazione Dio s’impegna personalmente per l’umanità, non solo come il Creatore che guida la storia dall’alto della propria trascendenza creatrice, ma come Colui che partecipa al gioco della storia e viene a collocarsi a fianco degli uomini. Poiché la grazia è un incontro personale con Dio, essa è fattrice di storia e, precisamente anche per questa ragione, “sacramentale’. Perché è sacramentale ogni realtà soprannaturale che si compie storicamente nella nostra vita. Nella storia dell’umanità, Dio realizza il suo disegno sull’umanità. E lo fa in modo tale che il suo intervento salutare diviene visibile come azione divina. L’azione misericordiosa di Dio “fa storia” perché si rivela, e si rivela facendo storia» (E. Schillebeeckx, Cristo sacramento dell’incontro con Dio, Roma 1981, p.17).

    Questa affermazione fa parte dell’introduzione del libro “Cristo sacramento dell’incontro con Dio” di Edward Schillebeeckx e ci guiderà quando parleremo del discernimento sinodale ecclesiale.

    Cristo è, dunque, il sacramento “originario”, mentre la Chiesa è il sacramento universale.

    Il Concilio Vaticano II, all’inizio della costituzione Lumen gentium, dice: “…la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, n. 1).

    Cristo non si dà senza la sua compagnia e la Chiesa è questa compagnia, il segno visibile, il sacramento della grazia salvifica del Cristo, l’esito dell’azione dello Spirito che anima e guida tutto e sta alla base del Cammino sinodale che le Chiese, in Italia, si impegnano a vivere.

    L’icona biblica che guiderà la nuova fase del cammino sinodale è Gesù Risorto, che cammina lungo la strada con due discepoli; Gesù è riconosciuto mentre spiega le Scritture e spezza il pane (cfr. Lc 24,13-35).

    La Chiesa è innanzitutto Sua, di Gesù; poi è anche nostra, ma è nostra nella misura in cui è Sua e noi la percepiamo come tale. Allora, sì, è anche nostra; ognuno di noi fa parte della Chiesa e diventa Chiesa col dono del battesimo, che è dato gratuitamente.

    La Chiesa, quindi, non la si costruisce a proprio piacimento e secondo i criteri del tempo e della cultura in cui si è immersi o secondo le proprie convinzioni; l’omologazione al tempo, l’acriticità della fede, il Papa direbbe anche la mondanizzazione della Chiesa e, infine, il politicamente corretto che è la sintesi di tutto ciò.

    «Il Signore effonde il suo Spirito in ogni luogo e in ogni tempo sul Popolo di Dio per renderlo partecipe della sua vita, nutrendolo con l’Eucaristia e guidandolo in comunione sinodale. “L’essere veramente ‘sinodale’ quindi è l’avanzare in armonia sotto l’impulso dello Spirito”» (Commissione Teologica Internazionale, La Sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, Città del Vaticano 2018, n. 48).

    La Commissione Teologica Internazionale – organo della Santa Sede, incaricato di studiare questioni dottrinali rilevanti – ci ricorda, con queste parole, come sia lo Spirito Santo a plasmare, in ogni tempo e luogo, il popolo di Dio attraverso l’eucaristia e la comunione sinodale. Sì, è lo Spirito a plasmare la Chiesa, non i differenti tempi e luoghi tramite i potenti influencers. Tutto ciò è attuale, oggi, in cui il politicamente corretto è legge e arriva all’autocensura previa: ho timore di “dire” il Vangelo.

    La sinodalità appartiene all’essere stesso della Chiesa, ne segna il cammino. Una Chiesa pellegrina abita la storia ed è mandata ad evangelizzare, esiste per evangelizzare; in essa, tutti i battezzati sono chiamati ad essere protagonisti come “discepoli missionari”.

    Per questo la sinodalità si esprime nella celebrazione eucaristica. La liturgia, per eccellenza, è l’azione di Dio a favore del Suo popolo; un’azione che si vive nella comunione ecclesiale, ossia papa, vescovo, presbiteri, diaconi, popolo di Dio. La preghiera eucaristica esprime e sintetizza tutto ciò.

    È essenziale, quindi, che ogni liturgia sia autentica; l’efficacia del sacramento richiede che alla forza oggettiva dell’atto sacramentale (ex opere operato) si unisca la disponibilità del soggetto (ex opere operantis). La validità del sacramento non coincide con la sua efficacia.

    Nella celebrazione crismale abbiamo la gioia di incontrarci e di realizzare anche visibilmente l’unità della Chiesa e in particolare, del presbiterio, vescovo e preti, chiamati a servire il popolo di Dio seppur in modi differenti (cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, n. 28).

    Tutti “i sacerdoti, sia diocesani che religiosi, partecipano, in unione col vescovo, all’unico sacerdozio di Cristo e lo esercitano con lui; pertanto – come ricorda il decreto conciliare Christus Dominusessi sono costituiti provvidenziali cooperatori dell’ordine episcopale” (Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus, n. 28).

    Tutto ciò appartiene alla verità e alla bellezza della teologia del sacramento dell’ordine e deve ispirare ogni successiva scelta pastorale.

    I diaconi, poi, si pongono secondo il loro ministero, a servizio della Chiesa e del popolo, attestando che, nella Chiesa, il servizio non è solo una virtù personale ma un ministero ordinato e, quindi, espressione di tale ministero.

    Il Cammino sinodale, dopo l’ascolto, prevede il tempo “sapienziale” in cui si dà il discernimento ecclesiale. Siamo, così, al cuore di tale cammino.

    Il Cammino sinodale non consiste nell’esprimere gusti, pensieri o giudizi personali ma mira a far emergere il discernimento comunitario di tutta la Chiesa che consiste nell’ “individuare e percorrere come Chiesa, mediante l’interpretazione teologale dei segni dei tempi sotto la guida dello Spirito Santo, il cammino da seguire a servizio del disegno di Dio escatologicamente realizzato in Cristo che vuole realizzarsi in ogni kairós della storia” (Commissione Teologica Internazionale, La Sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, Città del Vaticano 2018, n. 113).

    Questo è il Cammino sinodale ai diversi livelli: comunità, Chiese particolari, Conferenze episcopali, Chiesa universale. Staccarsi da ciò significherebbe, anche se involontariamente, avvalorare una parte sulle altre, riducendo il tutto ad indagine statistica o a confronto/ scontro fra maggioranze e minoranze.

    Come si esercita, allora, il discernimento ecclesiale a partire dall’ascolto dei “gemiti dello Spirito” (cfr. Rm 8,26) presenti nella storia?

    Alcune piste ci sono indicate con chiarezza: “Il discernimento si deve svolgere in uno spazio di preghiera, di meditazione, di riflessione e dello studio necessario per ascoltare la voce dello Spirito; attraverso un dialogo sincero, sereno e obiettivo con i fratelli e le sorelle; con attenzione alle esperienze e ai problemi reali di ogni comunità e di ogni situazione; nello scambio dei doni e nella convergenza di tutte le energie in vista dell’edificazione del Corpo di Cristo e dell’annuncio del Vangelo; nel crogiuolo della purificazione degli affetti e dei pensieri che rende possibile l’intelligenza della volontà del Signore; nella ricerca della libertà evangelica da qualsiasi ostacolo che possa affievolire l’apertura allo Spirito” (Commissione Teologica Internazionale, La Sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, Città del Vaticano 2018, n. 114).

    Bisogna far emergere un “sentire comune” della Chiesa che si confronta con i segni dei tempi e la realtà storica che stiamo vivendo, con le sue novità, e che domanda di discernere in profondità l’azione dello Spirito nel contesto e nella continuità della fede ecclesiale che si dispiega in modo sincronico (la fede oggi) e diacronico (la fede apostolica), con uno sguardo aperto ad un futuro da preparare e da costruire in modo ecclesiale. Il rischio è la nostalgia del passato o la fuga in un futuro che coincide con le proprie opinioni.

    «Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è contenuto nella parola “Sinodo”. Camminare insieme – fedeli Laici, Pastori, Vescovo di Roma – è un concetto facile da esprimere a parole, ma non altrettanto facile da mettere in pratica»; l’ha ribadito – sette anni fa – Papa Francesco in occasione del cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, sottolineando che si tratta di un «dinamismo di ascolto condotto a tutti i livelli della vita della Chiesa. Il cammino sinodale – spiegava – inizia ascoltando il Popolo, che “pure partecipa alla funzione profetica di Cristo”, secondo un principio caro alla Chiesa del primo millennio: “Quod omnes tangit ab omnibus tractari debet (ciò che riguarda tutti da tutti deve essere trattato)”. Il cammino del Sinodo prosegue ascoltando i Pastori (…) autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa, che devono saper attentamente distinguere dai flussi spesso mutevoli dell’opinione pubblica. (…) Infine, il cammino sinodale culmina nell’ascolto del Vescovo di Roma, chiamato a pronunciarsi come “Pastore e Dottore di tutti i cristiani”: non a partire dalle sue personali convinzioni, ma come supremo testimone della fides totius Ecclesiae, “garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa» (Papa Francesco, Discorso alla commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015).

    In questa dinamica ecclesiale il Papa è testimone e garante della fede della Chiesa, intesa – come detto – in senso sincronico e diacronico, e il Vescovo di Roma rimane l’istanza ultima, anche dinanzi a possibili prese di posizione di alcune Chiese particolari o comunità nazionali di vario tipo. La stessa costituzione della Chiesa – con la presenza dei “ministri”, ossia “servi” – è costituita per il servizio dell’unità e per la missione della Chiesa.

    Chiesa e Sinodo sono termini equivalenti, come afferma san Giovanni Crisostomo. Lo Spirito Santo, allora, guidi e susciti il nostro pensare ed agire in questa nuova tappa del cammino, passando dalla dimensione dell’ascolto a quella sapienziale, affinché si percepisca sempre più – dentro e attorno a noi – il camminare insieme di tutto il Popolo di Dio per i sentieri, a volta faticosi, che portano a Gesù e non ad altro o ad altri!

    Ringrazio di cuore tutti voi che partecipate alla Messa del Crisma: i sacerdoti, fra loro la comunità sacerdotale della casa Nicopeia di Zelarino, i diaconi, le consacrate e i consacrati, i fedeli laici. Un saluto particolarmente affettuoso va a don Bogumil (Bogus) Wasiewicz – che per la prima volta, da presbitero, vive questa celebrazione – mentre rivolgiamo una speciale preghiera per i confratelli che sono entrati nella casa del Padre negli ultimi 12 mesi: don Alico Giorgio Siciliotto, don Liviano Polato, don Pasquale Rossato, mons. Rino Vianello, mons. Luigi Stecca, don Giuseppe Rizzieri Bacci. Un ricordo ai confratelli malati ed “affaticati”.

    A tutti l’augurio di vivere bene e in spirito di vera sinodalità, insieme alle vostre comunità ecclesiali, il triduo pasquale che sta per iniziare.

    A Maria, madre di tutti i fedeli e i pastori, affidiamo l’amata Chiesa che è in Venezia, le nostre comunità, il nostro Seminario e i futuri presbiteri, i diaconi Lorenzo Manzoni e Matteo Gabrieli, ritornati da alcuni mesi di servizio e formazione presso la parrocchia di San Marco di Ol Moran e seguiti in questa bella e proficua esperienza dal nostro carissimo don Giacomo Basso.