Omelia del Patriarca nella S. Messa con gli insegnanti di religione cattolica delle scuole secondarie (Venezia, Basilica di S. Marco – 25 settembre 2015)
25-09-2015
S. Messa con gli insegnanti di religione cattolica
delle scuole secondarie
Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia
(Venezia, Basilica di S. Marco – 25 settembre 2015)
“Ora coraggio… coraggio… coraggio… e al lavoro, perché io sono con voi…” (Ag 2,4); per tre volte, nella prima lettura,  abbiamo sentito ripetere questo invito rivolto a tutto il popolo.
Il brano del profeta Aggeo annuncia la motivazione e dà la “carica”, che non solo erano necessarie al popolo d’Israele ma che risultano urgenti e preziose anche in questo momento a tutti noi e, in particolare, a voi che avete appena iniziato il nuovo anno scolastico e quindi un cammino delicato e importante di docenza della religione cattolica ai ragazzi e ai giovani che ogni giorno incontrate sui banchi di scuola.
“Coraggio” e “al lavoro”: bisogna fare proprio questo invito e ripartire certi della presenza del Signore che accompagna costantemente la vostra opera, consapevoli delle vostre fragilità ma anche delle vostre doti maturate in anni di esperienza, di formazione, di preghiera e consapevoli del fatto che le questioni delicate del tempo presente e della nostra società sono molte.
Soprattutto il docente di religione cattolica sa d’esser in una società che è – e sempre più sarà – multiculturale; non è possibile prescindere da ciò e bisogna – come voi sapete fare – impegnarsi ed elaborare una modalità educativa che tenga conto del necessario confronto e dialogo interculturale.
L’impegno educativo, oggi, consiste nel prendere per mano i giovani, così come sono e saper dialogare con loro e con gli adulti con cui entriamo in relazione. E camminare insieme per aprirci alla totalità del reale, così come il reale si pone oggi: senza rifiuti pregiudiziali, senza sincretismi, senza relativismi. Sono tutte cose, queste, che non rendono ragione delle persone e delle comunità.
Educare, specialmente nel nostro tempo, chiede aprirsi ad altre culture senza smarrire la propria, accogliere l’altro senza rinnegare se stessi, la propria storia, la propria cultura e quella del proprio territorio. Evitare conflitti presuppone  saper “comprendere” le differenze, affinché la differenza diventi arricchimento.
L’attenzione alla dimensione interculturale non è nuova ma oggi riveste una particolarissima rilevanza; è questione primaria, considerata la crescita esponenziale del fenomeno dell’immigrazione. Bisogna, soprattutto, evitare di cadere in un atteggiamento di rifiuto pregiudiziale che esclude ma, anche, di sincretismo o  relativismo per cui tutte le religioni si equivalgono.
Il crescente carattere multiculturale della società spinge necessariamente il docente di religione cattolica ad essere “costruttore di ponti” e a promuovere relazioni interculturali profonde tra persone e gruppi. E, così facendo, rende davvero la scuola un luogo privilegiato del dialogo interculturale.
L’insegnante di religione cattolica, soprattutto, sa quanto sia fondamentale ed essenziale il rapporto tra religione e cultura: “cultura” indica una realtà più vasta di quella religiosa, ma il nucleo generatore di ogni autentica cultura è costituito dal suo approccio a Dio e, quindi, in ultima istanza, dalla religione perché la religione riprende le domande “fondamentali” che sono nel cuore di ogni uomo e offre la risposta di senso.
Eppure sperimentiamo ogni giorno come la società secolarizzata e il multiculturalismo conducono, non di rado, verso la marginalizzazione dell’esperienza religiosa che viene ammessa, al più, nella sfera privata. Inoltre si verifica, contestualmente, una rimozione della questione antropologica a partire dalla dignità sacrale della persona umana fin dal suo concepimento.
C’è il rischio  – e talora già realtà – di sradicare sempre più e progressivamente dalla cultura o dalle culture vigenti la componente religiosa. Ma, se questo avviene, tutto cade e ne patisce anche (e grandemente) lo stesso dialogo interculturale.
Il richiamo a verità fondanti e, quindi, capaci di dare senso all’uomo è fondamentale; la religione dà un decisivo contributo a costituire una società che si fonda veramente sul bene comune. Detto in altro modo: smarrire il senso di Dio porta l’uomo a sostituire Dio con qualcosa d’altro e, sempre, si tratta di un idolo, come lo è – di volta in volta – il sapere scientifico, l’economia, la politica o l’io personale.
L’enciclica Caritas in veritate, nel passo seguente, riesce ad esprimere in modo sintetico un pensiero che tiene insieme, al meglio, la complessità degli elementi che caratterizzano le società multietniche e multiculturali e che voglia essere accogliente e capace di vera integrazione nel rispetto di tutto l’uomo e di tutti gli uomini superando ogni forma di laicismo, fondamentalismo e confessionalismo.
La libertà religiosa non significa indifferentismo religioso e non comporta che tutte le religioni siano uguali. Il discernimento circa il contributo delle culture e delle religioni si rende necessario per la costruzione della comunità sociale nel rispetto del bene comune soprattutto per chi esercita il potere politico. Tale discernimento dovrà basarsi sul criterio della carità e della verità. Siccome è in gioco lo sviluppo delle persone e dei popoli, esso terrà conto della possibilità di emancipazione e di inclusione nell ottica di una comunità umana veramente universale. « Tutto l uomo e tutti gli uomini» è criterio per valutare anche le culture e le religioni. Il Cristianesimo, religione del «Dio dal volto umano», porta in se stesso un simile criterio” (Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 55).
 “Coraggio” e “al lavoro”, dunque! per un insegnante di religione è importante contribuire a costruire  una comunità educativa, intesa come primo spazio di convivialità delle differenze.
L’insegnante, così, è chiamato ad essere persona d’incontro, a promuovere la partecipazione, a dialogare con la famiglia – prima comunità d’appartenenza dell’alunno – e a rispettarne la cultura, ponendosi in reale ascolto dei bisogni e delle attese che percepisce. L’insegnante di religione cattolica è (deve essere), quindi, persona capace di dialogare, concretamente.
Papa Francesco, in questi giorni, ha ricordato anche ai Vescovi americani l’importanza della “cultura dell’incontro”. “Il dialogo è il nostro metodo”, ha detto loro, invitandoli perciò a “dialogare senza paura. Tanto più è ricco il patrimonio, che con parresia avete da condividere, tanto più sia eloquente l’umiltà con la quale lo dovete offrire” (Papa Francesco, Incontro a Washington con i Vescovi degli Stati Uniti, 23 settembre 2015).
Esser capaci di dialogo non significa esser privi di valori di riferimento o averli e non proporli, né esser pregiudizialmente chiusi verso l’altro.
Esser capaci di dialogo vuol dire, piuttosto, comunicare e proporre – sempre nel rispetto della libertà altrui – le visioni, i valori, il bene, il bello, il vero e, insomma, tutto ciò che fonda le buone relazioni personali e sociali come – ad esempio – il valore della politica come strumento per raggiungere il bene comune.
Fa parte di un dialogo compiuto nel rispetto di tutti che non si rimanga nell’astratto e nel generico ma si giunga alla costruzione di un contesto di vita favorevole in cui l’altro si senta interpellato, chiamato in causa e incoraggiato ad intervenire.
Fiducia reciproca, ascolto, interscambio devono caratterizzare, alla radice, ogni rapporto formativo. La lezione stessa sia momento di incontro tra il docente e l’allievo e l’intera classe e nella capacità dialogica l’insegnante di religione deve esser in grado di suscitare ed incontrare anche le voci degli altri insegnanti.
Ogni insegnante – e quello di religione in modo tutto particolare – deve far comprendere che, oltre alle questioni riguardanti la stretta formazione, ha a cuore il ragazzo e la ragazza che gli stanno dinanzi come, anche, la classe, i colleghi e la realizzazione di un vero progetto educativo.
Non dimentichiamo, allora, la singolare parola di Dio che abbiamo sentito risuonare oggi, che è stata ripetuta per voi e che sempre ritorna nei momenti decisivi della storia della salvezza: “Io sono con voi” (Ag 2,4).
La religione che insegnate ogni giorno, nelle scuole secondarie, ha al centro una Persona, Gesù Cristo, di cui ci ha parlato il Vangelo odierno. La duplice domanda – or ora riecheggiata – non è estranea alla nostra/vostra vita quotidiana e nemmeno alle vostre lezioni:  «Le folle, chi dicono che io sia?»… «Ma voi, chi dite che io sia?» (cfr. Lc 9, 18-20). Una domanda importante, declinata secondo lo specifico dell’insegnamento della religione cattolica, a cui nessuno può sfuggire e che suscita e richiede risposta.
Il livello culturale – non dimenticatelo – è l’ambito proprio dell’insegnante di religione. Preparatevi a questo compito  e a questa missione con intelligenza, amore e coraggio, perché la vostra voce potrebbe anche risultare isolata ma, proprio per questo, particolarmente attesa e necessaria.