Omelia del Patriarca nella S. Messa al termine della Marcia della Pace 2024 “Algoritmi di pace” (Dolo / Palestra del Liceo Galileo Galilei, 28 gennaio 2024)
28-01-2024

S. Messa al termine della Marcia della Pace 2024 “Algoritmi di pace”

(Dolo / Palestra del Liceo Galileo Galilei, 28 gennaio 2024)

Omelia del Patriarca Francesco Moraglia

 

 

Carissimi,

dopo aver attraversato luoghi significativi della città di Dolo, ora questa Eucaristia ci riunisce attorno all’altare. A Lui, il Signore risorto, affidiamo la pace del mondo; una pace giusta, per tutti i popoli, fondata sul reciproco rispetto. Rimane vivo in noi il ricordo delle due guerre mondiali che hanno segnato il secolo scorso e che hanno avuto come culmine il dramma della Shoah.

Questa celebrazione è il momento culminante della giornata; è preghiera a Dio per i feriti, i morti, gli orfani, le vedove di tutti i Paesi ove si combattono guerre note e sconosciute.

Marciare insieme è significativo e lo è ancora di più attraverso i luoghi “simbolo” di una città. Siamo partiti da una piazza, dove si tiene il grande mercato settimanale, incontro di persone e merci, per passare accanto all’ospedale che richiama le sofferenze e le fragilità dell’uomo. Altra tappa è stato lo squero, luogo di lavoro che ricorda un mestiere artigianale antico; il fiume, ancora una volta, richiama le relazioni tra le persone e le comunità. Ci siamo fermati anche presso il monumento ai caduti delle guerre, riflettendo sul loro prezzo assurdo: ferite nei corpi e negli spiriti, morte fisica e odio che si perpetua per generazioni.

Abbiamo concluso questa nostra marcia in un luogo dove si formano le persone e dove si propone la cultura della pace, al di là delle appartenenze politiche e delle differenti idealità; la pace non può e non può aver nulla a che fare con le ideologie.

Siamo grati al Santo Padre per aver voluto unire la preghiera e la riflessione sulla pace al tema dell’intelligenza artificiale. Come sappiamo, le nuove frontiere della tecnoscienza, e in particolare quelle dell’intelligenza artificiale, oltre ad opportunità – finora impensabili – ci mettono dinanzi ad un rischio epocale: passare ad un sistema di relazioni impersonali – “a distanza” – annullando del tutto quell’empatia che, anche negli eventi più drammatici come la guerra, permette un contatto personale e, quindi, un possibile appello all’umano.

Invece gli algoritmi, i sistemi di intelligenza artificiale, gli strumenti bellici e le armi affidate a tali sistemi col controllo “da remoto” aprono sempre più ad azioni devastanti, senza aver più la percezione di ciò che riguarda le sofferenze umane, soprattutto dei civili coinvolti.

È sempre più necessario un fondamento etico che entri a far parte della stessa ricerca scientifica che elabora le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale affinché, in un’ottica positiva, tutto ciò dia un apporto rispettoso della dignità della persona umana.

Come osserva il Papa, al n. 6 del messaggio per la Giornata della pace di quest’anno, c’è bisogno di uno “sguardo umano” e, in particolare di un “dialogo interdisciplinare finalizzato a uno sviluppo etico degli algoritmi” – si parla qui di algor-etica – in modo che i valori possano orientare le nuove tecnologie e le questioni etiche non siano messe da parte, ma tenute in considerazioni in ogni fase, dall’inizio della ricerca alla sperimentazione e progettazione, dalla produzione alla distribuzione e commercializzazione. Su questo punto, poi, è decisivo il ruolo e l’apporto che sapranno dare sia le istituzioni educative sia i responsabili di ogni processo decisionale (cfr. Papa Francesco, Messaggio per la LVII Giornata mondiale della Pace – 1° gennaio 2024, n. 6).

La domanda decisiva è: ma è l’uomo a guidare l’intelligenza artificiale? Se non sarà così, alla fine, sarà lui ad essere guidato. Per usare le parole del Vangelo di Marco, tutto dipende dal cuore dell’uomo (cfr. Mc 7,21); da lì nascono le cose buone e cattive ed è unicamente il Signore che può sanare il cuore dell’uomo.

Ad André Malraux – scrittore e politico francese di formazione laica – si attribuisce questa frase che sarebbe stata proferita a metà del secolo scorso: “Il XXI secolo sarà religioso o non sarà”. Tale frase, come credenti, ci fa riflettere.

L’uomo è chiamato a recuperare la sua dimensione religiosa e – con essa – i valori fondamentali, ponendosi innanzi alla vita delle persone e al creato non come se ne fosse il padrone ma come colui che considera gli altri e il creato come realtà “indisponibili”. Al di fuori di tale logica, per l’uomo del XXI secolo, si apre un futuro che conduce all’autodistruzione, attraverso la legge del più forte; legge che viene applicata non solo dagli Stati di ieri e di oggi ma anche in ambito familiare, sociale, culturale, economico.

Invito a riflettere ancora sul Messaggio del Papa là dove evidenzia la vastità dei temi etici legati all’affidamento all’intelligenza artificiale e a “processi automatici che categorizzano gli individui”. Scrive, infatti, il Santo Padre: “Il rispetto fondamentale per la dignità umana postula di rifiutare che l’unicità della persona venga identificata con un insieme di dati. Non si deve permettere agli algoritmi di determinare il modo in cui intendiamo i diritti umani, di mettere da parte i valori essenziali della compassione, della misericordia e del perdono o di eliminare la possibilità che un individuo cambi e si lasci alle spalle il passato” (Papa Francesco, Messaggio per la LVII Giornata mondiale della Pace – 1° gennaio 2024, n. 5). E, subito dopo, applica la stessa attenzione al mondo del lavoro, alla dignità della persona che lavora.

La celebrazione eucaristica, al termine della marcia della Pace, vuole essere un impegno forte affinché ognuno possa “collaborare in armonia per cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla rivoluzione digitale, e consegnare alle generazioni future un mondo più solidale, giusto e pacifico” (Papa Francesco, Messaggio per la LVII Giornata mondiale della Pace – 1° gennaio 2024, n. 7).

Quando Madre Teresa di Calcutta ricevette il Premio Nobel per la Pace  – era l’anno 1979 -, tenne un discorso che oggi diremmo politicamente “scorretto”. Ad un certo punto, infatti, fece riferimento alla preghiera dell’adorazione eucaristica invitando tutti a riscoprire questa forza nell’impegno quotidiano per la pace.

“Anche voi – disse in quell’occasione – provate a portare questa presenza di Dio nella vostra famiglia, perché la famiglia che prega insieme sta insieme. E io penso che noi nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e armi, di distruggere per portare pace – semplicemente stiamo insieme, amiamoci reciprocamente, portiamo quella pace, quella gioia, quella forza della presenza di ciascuno in casa. E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo. C’è tanta sofferenza, tanto odio, tanta miseria, e noi con la nostra preghiera, con il nostro sacrificio iniziamo da casa… Voglio che voi troviate il povero qui, innanzitutto proprio a casa vostra. E cominciate ad amare qui. Siate questa buona notizia per la vostra gente” (Madre Teresa di Calcutta, Discorso alla consegna del Premio Nobel per la Pace, Oslo 11 dicembre 1979).