Omelia del Patriarca nella S. Messa al Cimitero S. Michele di Venezia (2 novembre 2012)
02-11-2012

Commemorazione fedeli defunti – S. Messa al Cimitero S. Michele di Venezia

 

(2 novembre 2012)

 

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

Questa giornata del 2 novembre mostra come la secolarizzazione, nella sua versione secolarista, sia in contrasto con la natura intima dell’uomo. Anche chi non è credente, anche chi crede poco, anche chi crede qualche volta e anche chi crede solo nei momenti di paura, in questa giornata attinge al ricordo.

 

La vita, la vita che vuole rimanere, è qualcosa di insito profondamente nella natura di ogni uomo. Certo, il ricordo cristiano dei fedeli defunti non consegna la persona cara – che ricordiamo – solamente alla dimensione soggettiva del ricordo; il ricordo cristiano, fondato sulla speranza che è certezza, è un momento di attesa per un incontro certo.

 

La morte ferisce, impaurisce, scombina i piani anche degli uomini più avveduti ed attrezzati nei confronti dell’aldilà. E io ricordo a me stesso, e a chi ascolta, che il cristianesimo inizia proprio nel momento in cui i sapienti del mondo non hanno più niente da dire. Il cristianesimo nasce quando la tomba viene scoperta vuota: lì ha origine il cristianesimo.

 

Il cristianesimo è fede nella risurrezione e san Paolo scriverà ai Corinzi, circa 25 anni dopo l’evento della risurrezione di Cristo, dicendo: ‘Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede’ (1 Cor 15,17). E’ inutile essere cristiani se crediamo in Cristo solo prima della sua morte e della sua resurrezione; saremmo i più tristi degli uomini’

 

E, allora, in quest’Anno della Fede in cui il cristiano deve riscoprire la sua fede e deve riscoprirla come atto umano, non come creduloneria, non come atteggiamento fideistico, ma come atto libero, responsabile, conscio, consapevole e degno dell’uomo. Noi dobbiamo riscoprire i fondamenti della nostra fede.

 

Noi, molte volte, identifichiamo la materia con il reale ma io vorrei chiedere: qual è il fondamento ultimo della materia? E poi chiederei: di che tipo è questo fondamento?

 

Il cristiano è colui che sa dare le ragioni della propria fede e della propria speranza. E allora il nostro ricordo non è un consegnarci alla soggettività di un sentimento; il ricordo cristiano è attesa di una realtà, il Risorto è entrato in una dimensione a noi adesso ignota.

 

I vangeli – che appartengono ad un contesto culturale prescientifico – hanno una preoccupazione ‘realistica’ di sottolineare la realtà del Signore risorto. L’avverbio che gli Undici usano nei confronti dei due di Emmaus al capitolo 24 di Luca è chiaro: è davvero risorto.

 

Le cene del Risorto con i suoi discepoli hanno questa preoccupazione, se vogliamo dire, ‘apologetica’. Non è un fantasma. La risurrezione consegna il Risorto ad una dimensione nuova della materia, dove la materia non è più gravata dalle condizioni in cui noi adesso la conosciamo.

 

Vedete: la molecola dell’acqua noi la possiamo conoscere in una determinata temperatura ed allora abbiamo il liquido, ad una temperatura diversa ed abbiamo il ghiaccio, ad una temperatura diversa ed abbiamo il vapore’ Noi uomini sappiamo troppo poco della realtà e dei fondamenti della realtà umana.

 

La risurrezione ci spalanca un mondo: è come guardare da un buco della serratura e pretendere di descrivere perfettamente cosa c’è nell’altra stanza’ A parte il fatto che vi auguro di non essere delle persone che guardano dal buco della serratura, noi molte volte sappiamo poco della realtà e pretendiamo di saperne di più della Parola di Dio!

 

L’Anno della Fede ci aiuti a recuperare la gioia del credere. La fede non è solo vera. È anche bella!