Omelia del Patriarca nella Messa della solennità dell'Epifania (Basilica S. Marco, 6 gennaio 2006)
06-01-2006

BASILICA PATRIARCALE DI SAN MARCO
SOLENNITÀ DELL’EPIFANIA DEL SIGNORE
Is 60, 1-6; Sal 71; Ef 3, 2-3.5-6; Mt 2, 1-12

OMELIA DEL PATRIARCA ANGELO CARD. SCOLA

Venezia, 6 gennaio 2006

1. «E prostratisi lo adorarono» (Vangelo). Questi due verbi suonano estranei alle nostre orecchie di uomini emancipati che vivono nella cosiddetta società post-secolare. Sembrano evocare l’idea di sottomissione, di servitù di un suddito al cospetto di un Sovrano assoluto, un Onnipotente separato, un Altissimo irraggiungibile. Eppure la liturgia di oggi ci ripropone con insistenza la parola adorazione. All’evangelista Matteo fa eco il Salmista che lo aveva proclamato: «A lui tutti i re si prostreranno’» e noi lo abbiamo ribadito nel ritornello: «Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra» (Salmo responsoriale).
I Magi «sono pieni di stupore davanti a ciò che vedono; il cielo sulla terra e la terra nel cielo; l’uomo in Dio e Dio nell’uomo; vedono racchiuso in un piccolissimo corpo chi non può essere contenuto da tutto il mondo» (San Pietro Crisologo, Sermone 160, n. 2).

2. L’adorazione dei Magi, dei cristiani, non è verso un Dio che tiene le distanze! Noi sappiamo che niente è più lontano da questa idea del Mistero della fede cristiana che in questi giorni la Chiesa ci fa rivivere! «Un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2,13). Quale Onnipotente separato, quale Altissimo irraggiungibile? In tutto quello che questo bambino è e diventerà: artigiano, maestro e operatore di miracoli, uomo del silenzio davanti al giudice, flagellato, deriso, rigettato, crocifisso, sprofondato nell’abisso dell’abbandono del Padre, sepolto, disceso agli inferi, risorto dai morti, di nuovo ed eternamente vivente: in tutto questo Dio rivela la vera natura della propria onnipotenza. E si vede bene come in questo Bambino Dio si coinvolge fino in fondo con noi per coinvolgerci con Lui. Non tiene affatto le distanze, ci chiama «a partecipare della sua eredità» (Seconda Lettura), si fa nostro partner e, in questo modo, ci redime. Il Dio di Gesù Cristo non è un Onnipotente incapace di salvarti, ma l’Impotente capace di sciogliere l’enigma che tu come uomo porti in te. È il Dio con noi, Emanuele, il Salvatore.
Allora possiamo fare nostra l’adorazione dei Magi: «prostratisi lo adorarono». L’adorazione cristiana è profondamente conveniente alla nostra natura di uomini. Anche di noi uomini postmoderni. Ci inginocchiamo giustamente davanti a Dio perché è Dio, il Santo, il Diverso, ma, come ha ricordato lo scorso agosto Benedetto XVI ai giovani a Colonia, «la parola latina ad-oratio indica il contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi amore. La sottomissione diventa unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Così sottomissione acquista un senso, perché non ci impone cose estranee, ma ci libera in funzione della più intima verità del nostro essere» (dall’Omelia della Messa sulla Spianata di Marienfeld, 21 agosto 2005).
In fondo sia pur in modo frammentario e contraddittorio non sperimentiamo un poco questa logica di un positivo sottometterci, cioè di un dipendere costruttivo e liberante l’uno dall’altro, nell’amore autentico tra uomo e donna, tra padri-madri e figli?

3. Così la grande Festa di oggi, manifestazione universale del Dio salvatore, che celebra il Bambino nato per morire in croce e risorgere a favore di ogni uomo, ci conduce ancora una volta alla questione cruciale, universale, decisiva per l’ humanum: l’amore. Tutti ne parliamo, ma quanta confusione in proposito: in noi, nei nostri rapporti primari ed in quelli di solidale amicizia con tutta la famiglia umana.
Immedesimiamoci allora con i Magi adoranti per imparare almeno a balbettare qualcosa del vero e bell’amore di cui abbiamo tanta sete. Scopriremo anzitutto che l’amore non sopporta nessuna costrizione. Gesù Cristo, il Dio-bambino ci ha testimoniato che la verità si coniuga sempre con la libertà. Il nostro è un Dio che si dona all’uomo accettandone totalmente la risposta, fino alla negazione e al rifiuto. Lo si vede nel Vangelo di oggi. Il comportamento dei sommi sacerdoti e degli scribi del popolo interrogati da Erode per avere notizie da comunicare ai Magi «sul luogo in cui doveva nascere il Messia» (Vangelo) è rivelativo del nesso indistruttibile tra verità e libertà. Attingendo alla Sacra Scrittura che avevano sulle labbra ma non nel cuore, dicono il vero: «Il Messia nascerà a Betlemme di Giudea»; ma poi, invece di cedere all’evidenza della Verità accettando la forma con cui essa si fa a loro incontro, le resistono. Usano male la loro libertà di fronte alla verità. Così – annota genialmente Agostino – «mentre hanno indicato ad altri la fonte della vita, essi ora sono morti di sete» (Agostino, Sermo 199, 1.1-2). L’insoddisfazione che spesso corrode in noi l’amore non dipende proprio da questa falsa opposizione tra verità e libertà? Chiediamo al Bambino Gesù di evitare il rischio dei sommi sacerdoti e degli scribi nel nostro modo di amare.

4. «Oggi in Cristo luce del mondo tu, o Padre, hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza»: così pregheremo tra poco nel Prefazio. Il tema di ‘tutti i popoli’ apre un’altra dimensione decisiva dell’amore. Qui l’amore si fa amicizia solidale che lega gli uomini in vista dell’edificazione di una vita buona nella società civile: in città, nelle nazioni, nel rapporto fra i popoli. È la celebre ‘filia’ cemento della polis. I Magi con il loro indomito e periglioso viaggio diventano oggi l’emblema del processo di mescolamento di popoli in cui volenti o nolenti siamo tutti coinvolti. Questo processo impone la necessità dell’amore-amicizia (filia) come condizione di una feconda vita civile che giunga a generare un nuovo ordine mondiale.
Da battezzati chiediamoci: Come potremmo credere in Gesù ed esprimere nell’Eucaristia, nella carità, nella comunicazione delle nostre convinzioni, la nostra fede, senza assumere questa domanda di amicizia solidale (‘filia’) con tutti gli uomini di tutti i popoli, a qualunque razza, religione, cultura appartengano? Più si conosce Gesù e si approfondisce nella comunione con i fratelli il rapporto con Lui, più si diventa universali amici e solidali di tutti. Non è forse questo ciò di cui ha bisogno oggi il mondo?
Ebbene, di questa implicazione dell’epifania (manifestazione) di Cristo, che affratella attraverso il dono totale di sé e non per generosa filantropia, i cristiani sono testimoni e responsabili, ovunque siano chiamati a vivere: in famiglia come negli ambienti di lavoro, in parrocchia e nelle diverse aggregazioni ecclesiali come in tutti gli ambiti della società civile.
L’orizzonte del nostro Patriarcato è il mondo: non dimentichiamolo! Ed il mondo che viene a visitarci. Non cerca solo monumenti, ma una viva comunità cristiana ed una società civile capace di un nuovo umanesimo. Se i Veneziani di terra e di mare sapranno rinnovare la loro polis mediante un sapiente ed articolato connubio di fede e di impegno civile, uomini e donne di popoli, civiltà, razze, religioni diverse potranno incontrare in Venezia un paradigma concreto di quell’amicizia solidale (‘filia’) che genera l’unità della famiglia umana.

5. La Solennità dell’Epifania di Nostro Signore mostra con la sua portata universale come il disegno di Dio guida oggi la storia.
La Visita Pastorale ha come uno dei suoi scopi primari l’educazione a vivere le dimensioni del mondo. Per questa ragione oggi festeggiamo tutti i missionari veneziani sparsi in tutti i continenti e consegneremo il crocifisso a quanti partiranno per testimoniare la forza rinnovatrice della fede in paesi bisognosi.
Oggi guardiamo inoltre con particolare gratitudine ai giovani che hanno iniziato il percorso di formazione missionaria. Alla preziosissima opera di amore di tutti i missionari, avamposto della comunità ecclesiale, vogliamo contribuire con la preghiera e con le mille forme inventate dall’inesauribile fantasia della carità.
«Guarda, o Padre, i doni della tua Chiesa, che ti offre non oro, incenso e mirra, ma colui che in questi santi doni è significato, immolato e ricevuto: Gesù Cristo nostro Signore». In queste profonde parole dell’Orazione sulle offerte sta il segreto della Festa di oggi. L’amore interpersonale ed universale è possibile perché questo Bambino l’ha concretamente introdotto nelle nostre vite, nella storia degli uomini. Per questo, con l’intercessione della Vergine Nicopeja e dei Santi Magi, «ci prostriamo ed adoriamo» Gesù Bambino, l’autore dell’amore. Amen.