Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia nella solennità di Ognissanti durante la S. Messa al Cimitero di Mestre (1 novembre 2012)
01-11-2012

Solennità di Ognissanti – S. Messa al Cimitero di Mestre (1 novembre 2012)

 

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

Solennità di tutti i fedeli Santi, non solennità della santità: la santità è concreta o non è tale e, quindi, la santità deve camminare sui piedi di qualcuno. E questi ‘qualcuno’ sono gli uomini e le donne riusciti agli occhi di Dio.

 

La fede senza le opere – dice nell’omelia n. 10 sant’Agostino – non ci salva e allora la nostra preoccupazione deve essere quella di arrivare all’ultimo giorno – di cui faremo memoria domani – non con le mani vuote: portare qualcosa al termine della nostra vita, un qualcosa che rimanga.

 

Quanti capitoli abbiamo già chiusi nella nostra esistenza terrena: la fanciullezza, l’adolescenza, la giovinezza, l’età di mezzo’ La morte si preannuncia in una serie di piccole morti; indietro non si torna.

 

Il cristianesimo inizia là dove gli uomini non hanno più nulla da dire, il cristianesimo inizia con una tomba vuota. Là dove l’umana sapienza, la dove l’umana forza deve tacere, lì inizia la parola cristiana.

 

E’ importante, però, che la nostra fede abbia delle opere e fiorisca nelle opere. San Giacomo dice: dalle mie opere puoi vedere la mia fede. Una fede senza opere forse si sta mentendo e allora dobbiamo essere vigilanti su questo punto.

 

Sempre nell’omelia n.10 sant’Agostino dice: ci sono molti che corrono, ma corrono nella direzione sbagliata; corrono bene, corrono forte ma, correndo nella direzione sbagliata, più corrono e più si allontanano dalla meta.

 

Ed allora è saggio vivere la giornata di oggi ed è saggio pensare alla giornata di domani partendo da questo punto: ma io sto correndo per la strada giusta? E’ necessario che il cristiano, anche quando opera, abbia un senso di critica nei confronti di quello che sta facendo, perché potrebbe correre compiacendo se stesso e facendo le cose che piacciono.

 

La santità non è fare tante cose, non è efficientismo, non è produrre’ La santità non è neanche lasciare dopo di noi cose o realtà che prima non c’erano. La santità è inserirsi nel piano di Dio, nel progetto di Dio, e correre dentro questo progetto pensando che ciascuno di noi porta sempre in sé l’uomo vecchio.

 

E’ facile, allora, lasciarsi prendere dalle proprie passioni, dalle cose che ci piacciono, dalle cose verso le quali ci sentiamo portati e correre sulla strada della nostra volontà, confondere la santità con le tante cose che stiamo facendo, confondere la santità con l’autenticità. Non basta essere autentici: l’autenticità chiede di essere verificata.

 

L’Anno della Fede è l’anno in cui i cristiani – personalmente, singolarmente, qualunque vocazione abbiano, dal Papa, dal bambino che si sta preparando per la prima comunione – sono chiamati a mettere in questione il loro cammino di fede. Vedete, molte volte ci si confonde e si mette in questione Dio, mettiamo in questione il nostro modo di rispondere a Dio, di vivere la nostra vita cristiana e di vivere la nostra vocazione.

 

Non confondiamo la santità con l’efficientismo. Certo, sant’Agostino ci ricorda che la fede senza le opere non ci salva (e qui riecheggia la lettera di San Giacomo).

 

Dobbiamo essere molto grati alla Chiesa perché attraverso la liturgia – che è la fede pregata – la Chiesa ci chiede di ritornare all’essenziale. Il momento della preghiera è il momento in cui noi esprimiamo la nostra fede; molte volte il dimenticarci del Signore è mancanza di fede.

 

Ci sono delle dimenticanze che possono essere legate alla memoria, ma quando non ci si ricorda mai del Signore, quando ci si ricorda del Signore solo quando si ha bisogno, quando il Signore è Colui per il quale alla fine non abbiamo mai tempo’ Abbiamo tempo per tutto, per Lui no.

 

San Giovanni della Croce dice che dalla qualità della preghiera di una persona si evince il livello di santità di quella persona. E allora capite perché molte volte si diceva che chi non prega non si salva; non si vuole giudicare nessuno ma la preghiera è qualcosa di fondamentale nella vita del cristiano, ed ecco anche la preghiera per i nostri defunti. La fede cristiana – ripeto – inizia, prende vigore, illumina quella zona d’ombra di fronte al quale gli uomini, da sempre, devono rimanere silenziosi.

 

Chiediamo al Signore, in questo Anno della Fede, di saper dare una visibilità al nostro credere. Si evangelizza con dei segni concreti, con delle opere che non sono il fare tante cose, l’efficientismo umano, ma sono le opere che nascono dalla fede e sono le opere che prendono la forma dell’amore. Si può fare anche poco, si può essere anche molto silenziosi, ma si può esprimere nell’amore una fede vera.