Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia in occasione della S. Messa per l'ordinazione diaconale di Davide Carraro (Venezia, 16 settembre 2012)
16-09-2012

S. Messa per l’ordinazione diaconale di Davide Carraro

 

 

(Venezia / Basilica di S. Marco, 16 settembre 2012)

 

 

Omelia del Patriarca mons. Francesco Moraglia

 

 

 

 

Carissimo Davide,

in questo momento condividiamo la tua gioia, trepidazione e riconoscenza al Signore che ti ha chiamato a una sequela particolare: il sacerdozio ministeriale.

Oggi compi un passo importante in vista di tale meta; infatti, ricevendo l’ordinazione diaconale, assumi l’impegno del celibato/castità e dell’obbedienza al Vescovo che nella Chiesa particolare, in forza della pienezza del sacerdozio, è il vero garante della comunione ecclesiale.

Impegnandoti personalmente col Signore, nella sua Chiesa, non subisci nella tua persona alcuna restrizione perché sei tu che, liberamente, hai voluto donarti.

E’ essenziale – caro Davide – che tutto ciò rimanga ben presente nel tuo cuore. Nessuno, infatti, ti ha obbligato. Sei tu che ti doni e sei chiamato a donarti con gioia.

San Paolo, nella seconda lettera ai Corinti, ci ricorda: ‘Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia. Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene‘ (2 Cor. 9,7-9).

Sì, don Davide, ti domando che di questa giornata, per te indimenticabile, rimanga indelebile la modalità del dono: sei chiamato a donarti nella gioia e, insieme, a mantenere la consapevolezza che puoi dare  perché il tuo dono, se non ti opponi, è continuamente, sempre, reso possibile dalla Sua grazia.

Compiere questo passo richiede consapevolezza: si tratta di un servizio esigente, non facile, che lega strettamente al Signore e alla sua Chiesa. Ma colui che lo compie non si troverà solo e, se con fedeltà saprà tener desto e rinnovare in sé – giorno dopo giorno – il dono che gli è stato riversato in grembo con l’ordinazione, potrà sempre più comprenderne il senso.   

È mio desiderio che tutti, ma in particolar modo tu, carissimo don Davide, comprendiate il senso del vangelo di Marco appena proclamato, proprio alla luce delle parole dell’apostolo Paolo: ‘Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuol salvare la sua vita , la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia del vangelo salverà la propria vita‘ (Mc 8,34).  

Nella Chiesa si dà la linea petrina e la linea mariana; tra di esse c’è distinzione ma non separazione. Ora, nel Vangelo di Giovanni – ai piedi della croce – troviamo sia Maria, la madre di Gesù, sia Giovanni, l’apostolo che Gesù prediligeva.

Le ultime parole di Gesù chiamano in causa, esattamente, Maria e Giovanni; Gesù, infatti, si rivolge alla madre e le affida l’apostolo come un figlio: ‘Ecco tuo figlio‘. Poi, rivolto all’apostolo gli indica in Maria la sua  nuova madre, dicendogli: ‘Ecco tua madre’.

 

La croce è – per l’evangelista Giovanni – l”ora’ di Gesù, verso la quale è orientato tutto il quarto vangelo; non è, quindi, possibile, data la solennità del momento, leggere tale episodio solo a partire da un significato familiare.

Infatti, Maria è la nuova Eva, la madre di tutti i discepoli; non è quindi un caso che il discepolo, affidato a Maria che è la prima discepola, sia anche un apostolo.

Il messaggio che qui il Vangelo vuole dare è chiarissimo: prima d’essere apostolo – poiché solo nel capitolo successivo Gesù confermerà definitivamente il mandato a Pietro e, con lui, all’intera Chiesa – Giovanni deve imparare a diventare discepolo.

Come dire che per diventare apostolo – il sacerdozio ministeriale appartiene alla linea petrina della Chiesa – si deve innanzitutto diventare figli della Madre, ossia entrare a far parte della linea mariana della Chiesa, diventare discepoli andando alla sua scuola, imparando da Lei, la prima discepola, saper pronunciare, come Lei, quel ‘sì’ che, in modo unico, Ella ha saputo dire al Signore in e con tutta la sua vita, senza ripensamenti o ritrattazioni.

                                                                                                                                                                                                                                                                   

La logica dell’annunciazione (cfr. Lc 1, 26-38) – carissimo Davide –  è quella che, fin da oggi, ti invito ad apprendere. E’ la logica del ‘sì’ di Maria.

  Al momento dell’annunciazione ci troviamo dinanzi a un ‘sì’ con cui la Madre del Signore si è donata per sempre e totalmente a Dio. Totalmente e per sempre!

Questi due avverbi sono gli unici degni di Dio che è – da sempre – amore. Attraverso di essi, nella Chiesa, trovano posto quanti Dio sceglie affinché – nella loro persona – siano testimoni vivi della linea mariana e pietrina.

Il ‘sì’ di Maria a Dio assume il suo significato pieno e reale a partire da questi due avverbi: totalmente e sempre.

Carissimo Davide, tu oggi, attraverso l’ordinazione diaconale, sei chiamato a ‘far salire’ dalla tua vita a Dio lo stesso ‘sì’ di Maria, quel sì che Ella pronunciò il momento dell’annunciazione.

L’incarnazione, ossia l’evento che ha cambiato il corso della storia, è stato possibile anche attraverso un ‘sì’ umano, il ‘sì’ di Maria che, in quanto immacolata – senza ombra di peccato -, appartiene a Dio, è di Dio e solamente sua e, quindi, è l’aurora della vita.

Anche il tuo ‘sì’, don Davide, deve essere  come quello di Maria, un sì mariano; un ‘sì’, come il Suo, pieno, totale’ per sempre.

A Dio non si possono riservare le cose di seconda mano, le realtà che, poiché sfiorite, non interessano più a nessuno. Neppure possono essere riservate a Dio le realtà che, nella propria vita, vengono ritenute di poco conto, poco interessanti e, alla fine, insignificanti.

A Dio, invece, si offre il meglio e, possibilmente, le primizie, vale a dire i primi frutti, quelli – per intenderci – che preannunziano il raccolto e che, in un senso vero e reale, già lo contengono. Fuor di metafora: i primi anni della vita.

E’ bello offrire a Dio non solo qualcosa ma tutto, non solo qualcosa ma il meglio, le cose più preziose della nostra vita, poiché l’unica misura degna di Dio – che è amore infinito ed eterno – è, per noi uomini – creature finite e mortali -, donarsi senza misura. Infatti se noi, creature limitate e fragili, doniamo tutto ciò che abbiamo e che siamo, allora quel tutto, anche se obiettivamente è poca cosa, è però ‘il tutto’ e di più non è in nostro potere.

Donare tutto e nulla trattenere per sé è l’unico modo con cui la creatura finita può entrare in un degno rapporto con Dio infinito.                                                                                                                                                                                                               

Con la tua stessa vita, carissimo Davide, d’ora in poi annuncia a tutti coloro che il Signore affiderà al tuo ministero diaconale che donarsi interamente a Dio non è solo possibile ma è bello, non è solo auspicabile ma rende felici. E questa felicità assume i lineamenti concreti del tuo volto, il tono della tua voce, delle tue sembianze fisiche.

Il tuo ‘sì’ – come diacono – si realizza, concretamente, nel dono che fai di te a Dio, alla Chiesa e ai fratelli proprio nel celibato e nell’obbedienza.

Proprio per questo, fra poco, ti verrà domandato di fronte a Dio e alla Chiesa se, come segno di totale dedizione a Cristo Signore e ai fratelli, vorrai custodire, per sempre, l’impegno della castità/celibato per il Regno dei cieli nel servizio di Dio e degli uomini.

E, subito dopo, ancora, ti sarà chiesto se vorrai promettere al tuo Vescovo e a quanti saranno, dopo di lui, patriarchi di questa Chiesa, l’obbedienza non come si fa in un collegio o in una caserma ma l’obbedienza del figlio al padre.  

Così, dopo aver pronunciato il tuo ‘sì’, attraverso l’imposizione delle mani, sarai diacono in attesa del futuro presbiterato.

Sì, per sempre! Carissimo don Davide, ricordati queste due parole: per sempre. Queste brevissime e semplici parole dicono tutto, ad iniziare dalla grandezza della persona umana in grado, attraverso la grazia di Dio, di scelte definitive.

Non ti viene chiesto un impegno per un po’ di tempo e, neppure, per molto tempo; sarebbe ancora troppo umano, anzi qualcosa di solo umano. Anche un mercenario, infatti, acconsente a legarsi per un po’ di tempo’ A te, invece, il Signore Gesù chiede oggi qualcosa di diverso: il dono della tua persona, per sempre.

L’uomo onora realmente e fino in fondo la sua umanità quando pronunzia questo ‘sì’ e gli rimane fedele per tutta la vita.

Tu, carissimo Davide, per l’età e la formazione che hai ricevuto in questi anni in seminario, sai cosa significhi questo ‘sì’ e questo ‘per sempre’ e sai pure che cosa, entrambi, comportino.

Lo sai bene, come lo sanno quanti, prima di te – diaconi e presbiteri -, rispondendo a una precisa chiamata del Signore, hanno fatto questo passo e, ora, ti sono accanto con amicizia ma, anche, con profondo e realissimo affetto sacramentale. D’ora innanzi condividerai con loro la realtà sacramentale del ministero ordinato nel suo primo grado, quello del diaconato.

Infatti, il sacramento dell’ordine che tu stai ricevendo, appunto, nel suo primo grado – il diaconato – si dispiega poi nel secondo, il sacerdozio di secondo grado – il presbiterato -, e infine nel terzo – l’episcopato -, il grado del sommo sacerdozio.

Chi sono i diaconi? E’, questa, una domanda a cui tutti i fedeli sono interessati e dovrebbero saper rispondere poiché i diaconi sono costituiti nella Chiesa, a suo servizio, per il bene dell’intera Chiesa, di ogni uomo.

Il Concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica Lumen gentium, li inserisce nel ‘grado inferiore della gerarchia’ ai quali sono imposte le mani ‘non per il sacerdozio, ma per il servizio” sostenuti dalla grazia sacramentale’ servono il popolo di Dio, in comunione col vescovo e con il suo presbiterio‘ (Lumen gentium, 29).

Così, don Davide, sarai mandato ad amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere il rito funebre e la sepoltura (cfr. LG 29).

Il diacono è costituito in aiuto al sacerdozio ministeriale per il servizio delle mense e gli Atti degli Apostoli narrano del costituirsi di un gruppo di uomini deputato ad aiutare proprio gli Apostoli (cfr. At 6,1-6).

La Chiesa, in seguito, ha colto sempre meglio – in un tempo determinato – la specificità dell’ufficio diaconale proprio a partire dalla prassi apostolica e guardando alla sua funzione specifica.

Carissimo Davide, da oggi sarai mandato a servire e compirai tale missione in forza della realtà sacramentale in cui oggi sei costituito.

Il tuo ministero riguarda gli ambiti specifici per i quali la Chiesa è stata inviata ed è tutt’ora inviata da Cristo agli uomini, come madre e maestra, per vivificare le opere di carità spirituali e materiali. Queste sono le funzioni diaconali che eserciterai a partire dalla realtà sacramentale che oggi ti viene donata per l’imposizione della mani del Vescovo.

Noi tutti domandiamo nella preghiera al Signore che tu possa esercitare le funzioni diaconali come la Chiesa espressamente lo richiede rivolgendosi a Dio attraverso la preghiera dell’ordinazione, ossia tu possa essere ‘pieno di ogni virtù, sincero nella carità, premuroso verso i poveri e i deboli, umile nel suo servizio, retto e puro di cuore, vigilante e fedele nello spirito‘ (Pontificale Romano, p. 165).

La Vergine Madre – venerata sotto i titoli di Nicopeia e Madonna della Salute – sorregga i tuoi primi passi di diaconato, affinché in te la Chiesa e ogni uomo possano scorgere i lineamenti, la voce, il volto di Gesù servo di tutti.

E noi tutti fedeli ordinati – vescovi, presbiteri e diaconi – deponiamo nel Cuore di Maria la promessa oggi rinnovata del nostro per ‘sempre’, perché l’amore, nel tempo, prende il nome di fedeltà all’offerta di sé.

E così Dio ci aiuti e aiuti te, carissimo don Davide, diacono novello!